A Roma le società sportive non sanno dove giocare
Dal calcio femminile alla pallavolo, dal basket al rugby, gli scarsi risultati delle squadre della città sono legati alle inadeguatezze degli impianti
di Alessandro Austini
Tra il 1999 e il 2001 Roma festeggiò una serie di successi negli sport di squadra più popolari in Italia. Nel corso di quei due anni i club della città vinsero due scudetti nel calcio, uno nella pallavolo, uno nel rugby e uno nella pallanuoto, mentre la Virtus Roma di basket vinse la Supercoppa Italiana. Da allora la Roma e la Lazio del calcio non sono mai più riuscite a vincere il campionato, mentre tutte le altre società diventate campioni d’Italia dal 1999 al 2001 sono nel frattempo fallite.
Negli ultimi venti anni sono state fondate delle nuove società che hanno tentato (o tentano ancora) di affermarsi al posto di quelle che non esistono più. Ma negli sport di squadra più seguiti dopo il calcio, ovvero il basket e la pallavolo, nessun club romano gioca attualmente nei campionati di Serie A.
Alla guida delle principali società sportive si sono alternati diversi imprenditori romani. Tutti, prima o dopo, si sono scontrati con un problema che sembra insormontabile: la carenza di impianti idonei a ospitare le partite. Nonostante il continuo dialogo tra le varie società e il Comune, la situazione è peggiorata negli ultimi anni e diverse squadre sono state costrette a spostarsi fuori dalla città per giocare, in attesa che a Roma le strutture diventino accessibili o ne vengano costruite di nuove. Così le società non riescono ad attirare l’interesse del pubblico e, di conseguenza, faticano a trovare le risorse economiche necessarie per competere ad alto livello.
A parte il calcio, gli unici altri appuntamenti sportivi seguiti in massa dal pubblico a Roma sono alcuni singoli grandi eventi: agli Internazionali di tennis e alle partite del Sei Nazioni di rugby dal 2018 si è aggiunto il Gran Premio di Formula E (il campionato delle auto elettriche), mentre nel 2023 la città ospiterà la Ryder Cup di golf e l’ultima tappa del Giro d’Italia di ciclismo.
I problemi degli impianti
A Roma ci sono due strutture che potrebbero ospitare le partite di basket e pallavolo di Serie A: il Palazzo dello Sport dell’Eur, nella zona sud della città, e il Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano, di fronte al vecchio stadio Flaminio e distante pochi chilometri dal centro storico. Entrambi furono costruiti in vista dei Giochi Olimpici del 1960 e attualmente presentano problemi diversi.
Il PalaEur (in città l’impianto è conosciuto con questo nome) è la struttura al coperto più grande esistente a Roma e dispone di circa 12mila posti a sedere. È di proprietà dell’Ente Eur Spa, una società per azioni pubblica controllata al 90% dal ministero delle Finanze e al 10% dal Comune di Roma. La società ForumNet, attraverso la controllata All Events, ha preso in concessione l’impianto ed è la stessa che gestisce il Mediolanum Forum e il Teatro Repower a Milano. Le squadre che vogliono giocare al PalaEur devono quindi trovare un accordo economico con All Events.
Dotato dei requisiti necessari per il basket e la pallavolo (capienza e altezza del soffitto), il PalaEur ha però dei costi di affitto difficilmente sostenibili per le società romane, che non hanno un seguito di pubblico sufficiente per coprire le spese. Il prezzo medio da pagare per organizzare una partita al PalaEur è di circa 20mila euro, ma la cifra può variare a seconda del tipo di evento e del numero complessivo delle gare in programma nella stagione. Ad esempio lo scorso anno la Roma Volley ha speso una media di circa 17mila euro a partita per giocare nel palazzetto il campionato femminile di Serie A1, ma a fine stagione la squadra è retrocessa in Serie A2 e ha dovuto abbandonare l’impianto. L’ultima squadra di basket a giocare al PalaEur fu invece la Virtus Roma, esclusa poi dal campionato nel 2020.
Oltre a concerti e spettacoli, al momento il prossimo evento sportivo programmato nell’impianto è la Final Four (semifinali e finale) della Coppa Italia di pallavolo maschile, che si giocherà al PalaEur il 25 e il 26 febbraio 2023. In questo caso l’evento è organizzato dalla Lega Pallavolo Serie A, che è in grado di coprire i costi grazie al sostegno economico degli sponsor e alla vendita dei biglietti alle quattro tifoserie delle squadre partecipanti.
Il PalaTiziano – come viene chiamato più comunemente il Palazzo dello Sport di Viale Tiziano – è un impianto più piccolo, con 3.500 posti a sedere ed è di proprietà del Comune di Roma. Come il PalaEur, presenta tutte le caratteristiche necessarie per ospitare le gare di pallavolo e basket di Serie A. Fu costruito tra il 1956 e il 1957 con la consulenza dell’ingegnere Pier Luigi Nervi, che contribuì a far realizzare una cupola di copertura in cemento, particolarmente innovativa all’epoca. Per questo ancora oggi il PalaTiziano viene considerato prezioso dal punto di vista architettonico ed è sottoposto ai vincoli della Soprintendenza. Questo significa che sono necessarie delle specifiche autorizzazioni per fare i lavori di ristrutturazione dell’impianto.
Dopo una serie di problemi riscontrati all’interno della struttura, fra cui delle infiltrazioni di acqua e la rottura del sistema di riscaldamento e raffreddamento dell’aria, nel 2018 l’impianto fu dichiarato inagibile e venne chiuso. All’epoca ospitava le partite di basket di Virtus Roma ed Eurobasket Roma e, date le precarie condizioni di sicurezza, nel palazzetto era necessaria la presenza fissa dei Vigili del Fuoco, pronti a intervenire in caso di emergenza.
Per oltre due anni il PalaTiziano è rimasto in uno stato di abbandono e ad agosto del 2019 ci fu un incendio doloso al suo interno. Nel 2021 l’amministrazione comunale, che allora era ancora guidata dall’ex sindaca Virginia Raggi, aggiudicò un appalto da 3,2 milioni di euro per lavori di manutenzione straordinaria. Le opere previste comprendevano la sostituzione dell’impianto di aerazione, la sistemazione della cupola esterna, il rifacimento del campo di gioco e degli spogliatoi.
I lavori sono stati completati lo scorso luglio, ma non sono stati sufficienti per la riapertura del palazzetto. Nei lavori previsti dall’appalto mancava ad esempio il restauro delle finestre e non era quindi stato risolto il problema delle infiltrazioni. Alcuni seggiolini sulle tribune erano danneggiati, mentre le scale interne in cemento presentavano delle crepe che potevano causare dei rischi di incolumità per il pubblico. Inoltre la sostituzione delle macchine per l’aerazione non sarebbe stata sufficiente a risolvere i problemi senza una bonifica dei canali di flusso dell’aria. Non era stata prevista nemmeno l’installazione di un sistema di video-sorveglianza, che per legge è invece necessario per rilasciare la cosiddetta “autorizzazione al pubblico spettacolo” del palazzetto.
Dopo l’insediamento del nuovo sindaco Roberto Gualtieri si è così deciso di aprire una nuova gara d’appalto per ulteriori opere da 2,1 milioni di euro. Le imprese che si sono aggiudicate l’appalto stanno tuttora lavorando e l’obiettivo iniziale era di riaprire l’impianto, con una capienza ridotta, per l’ultima fase dell’attuale stagione sportiva. Ma i tempi non sono stati rispettati e la nuova previsione aggiornata dal Comune è che il PalaTiziano tornerà disponibile a partire dal prossimo settembre, per l’avvio della stagione sportiva 2023/24. Questa data è stata confermata dall’assessore ai Grandi eventi, Sport, Turismo e Moda del Comune di Roma, Alessandro Onorato, durante un sopralluogo al palazzetto lo scorso 19 dicembre.
«Abbiamo fatto di tutto per aprire prima ma da un punto di vista tecnico era impossibile. Per non perdere altro tempo abbiamo due cantieri che vanno in parallelo, all’interno e all’esterno. Dobbiamo garantire a tutte le squadre professionistiche di giocare qui a prezzi calmierati» ha detto Onorato.
Il basket in crisi
Il problema degli impianti ha generato, o in alcuni casi acuito, la crisi economica di varie società sportive. L’esempio più eclatante è quello della Virtus Roma di basket, che a dicembre del 2020 è stata esclusa dal campionato dopo sessant’anni di storia. L’imprenditore Claudio Toti l’ha gestita dal 2000 fino allo scioglimento e per diversi anni è stato costretto a coprire le spese della società visto che gli incassi derivanti dagli sponsor e dalla vendita dei biglietti non erano sufficienti. Nella sua storia la Virtus ha vinto sei trofei complessivi, vivendo il suo momento di massima gloria all’inizio degli Anni Ottanta: nel 1983 festeggiò lo scudetto e nella stagione successiva vinse la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale. Grazie ai suoi successi la Virtus era diventata la terza squadra più importante della città dopo la Roma e la Lazio del calcio e le partite venivano seguite stabilmente da migliaia di spettatori.
Durante gli anni Duemila la Virtus fu però costretta più volte a spostarsi dal PalaEur al PalaTiziano, con la conseguente riduzione degli incassi ricavati dalla vendita dei biglietti. Per anni Toti tentò invano di ottenere i permessi per costruire un nuovo palazzetto in città, ma non raggiunse un accordo con le varie amministrazioni comunali.
Dopo aver perso due finali scudetto nel 2008 e nel 2013 contro la Montepaschi Siena, nel 2015 Toti, sempre più scoraggiato dalla crisi economica della società, decise di rinunciare all’iscrizione al campionato di Serie A1 e di far retrocedere volontariamente la squadra in Serie A2, in modo da ridurre le spese di gestione. La Virtus tornò in Serie A1 nel 2019 e nell’ultimo biennio della sua attività aveva ripreso a giocare al PalaEur. Ma durante il campionato 2020/21 la società non ha pagato la quarta rata dei contributi dovuti alla Federazione Italiana Pallacanestro e a dicembre 2020 la squadra è stata esclusa dal campionato. Nei mesi successivi la società è stata messa in liquidazione ed è stata avviata la procedura di concordato in tribunale per evitare il fallimento.
A luglio del 2021 è stata fondata la nuova Virtus Roma 1960, una società del tutto slegata dalla precedente, nata con la partecipazione dell’ex capitano della squadra Alessandro Tonolli. Costretta a ripartire dalla Serie C Gold, la nuova Virtus punta a tornare ai massimi livelli del basket nei prossimi anni.
Nell’attuale Serie A2 maschile di basket gioca invece la Stella Azzurra. Alla fine dello scorso campionato la squadra era retrocessa in Serie B, ma in seguito Biella ha rinunciato all’iscrizione alla Serie A2 e la Stella Azzurra ha preso il suo posto, acquistando il titolo sportivo lasciato libero. La Stella Azzurra è un’altra società storica fondata nel 1938, che aveva fatto parte del massimo campionato italiano solo per brevi periodi fino agli anni Settanta e fu poi rifondata, concentrando la sua attività principalmente nel settore giovanile.
La Stella Azzurra si allena all’Arena Altero Felici, un piccolo palazzetto con circa 800 posti a sedere, costruito nella zona di Tor di Quinto a nord della città. Per giocare in Serie A2 è però necessario un impianto con una capienza minima di duemila spettatori, così la Stella Azzurra si è dovuta spostare fuori da Roma, in attesa della riapertura del PalaTiziano. La squadra, tornata in Serie A2 nel 2020, ha giocato le partite casalinghe di campionato nella zona della Ciociaria, nel sud del Lazio, prima al PalaCoccia di Veroli, poi al Palazzetto dello Sport di Frosinone. In questa stagione la Stella Azzurra gioca invece al Palasport di Guidonia Montecelio, un piccolo comune a nord-est della Capitale. Anche la squadra femminile partecipa al campionato di Serie A2, ma può disputare le sue gare all’Altero Felici.
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Al campionato di Serie A2 maschile doveva prendere parte anche l’Eurobasket Roma, una società nata nel 2000, ma è stata esclusa per inadempienze finanziarie prima dell’inizio della stagione. Come la Stella Azzurra, l’Eurobasket negli ultimi anni è stata obbligata a giocare le sue partite di Serie A2 fuori da Roma (Ferentino, Cisterna di Latina, Veroli e Guidonia Montecelio) e ha potuto utilizzare il PalaTiziano solo dal 2016 al 2018. Adesso l’Eurobasket continua la sua attività esclusivamente nel settore giovanile, in attesa di proseguire davanti al Tar del Lazio la battaglia per la riammissione al campionato di Serie A2.
La situazione nella pallavolo
Il 17 maggio del 2000, nell’anno del Giubileo e tre giorni dopo la vittoria dello scudetto della Lazio del calcio, la Piaggio Roma Volley vinse il campionato di Serie A maschile. La partita decisiva contro Casa Modena fu seguita da quasi 15mila spettatori al PalaEur e quel titolo rimane ancora oggi l’unico conquistato nella storia della pallavolo da una squadra romana. Qualche settimana prima la Piaggio Roma Volley trionfò anche in Europa, vincendo la Coppa CEV. La società ebbe però una vita piuttosto breve: fondata nel 1996, fu sciolta dopo appena sei anni.
Il presidente della squadra campione d’Italia era Chicco Testa, allora presidente dell’Enel, che affidò la gestione della società all’amministratore delegato Francesco Becchetti, nipote di Manlio Cerroni, il proprietario della discussa discarica di Malagrotta. Come allenatore venne ingaggiato Gian Paolo Montali, che negli anni successivi fu nominato commissario tecnico della Nazionale italiana maschile, con la quale vinse un argento alle Olimpiadi di Atene 2004 e due ori agli Europei di volley nel 2003 e nel 2005. Montali lavorò poi nel calcio e fece parte del consiglio d’amministrazione della Juventus dal 2006 al 2009. In seguito diventò il direttore generale della Roma per due anni.
Adesso è il direttore generale del Progetto Ryder Cup, il torneo di golf più seguito al mondo in cui si sfidano i migliori giocatori americani ed europei, che verrà ospitato per la prima volta nella storia a Roma a settembre del 2023. La sua lunga esperienza, maturata nei diversi contesti, gli consente di avere uno sguardo d’insieme completo sulla situazione dello sport a Roma.
«La Roma Volley mi chiamò perché voleva vincere lo scudetto nell’anno del Giubileo» racconta Montali. «Per questo la nostra maglia aveva i colori del Vaticano, il giallo e il bianco, e facemmo la foto della squadra in Piazza San Pietro. In tanti mi diedero del pazzo, dicendomi che a Roma sarebbe stato impossibile vincere nella pallavolo. Ma decisi comunque di lasciare la Grecia, dove stavo allenando, e allestimmo insieme a Testa e Becchetti una squadra competitiva. La società fece uno sforzo economico enorme e alla fine l’obiettivo fu raggiunto».
Nessun’altra squadra romana di pallavolo è poi riuscita a vincere un campionato. Secondo Montali «occorrono dei progetti e della gente visionaria che li guidi perché ormai la parte economica è preponderante. Il problema sono le persone: non sono più motivate e non vedono le prospettive per fare le cose belle. Il progetto della Ryder Cup, ad esempio, cambierà la città: faremo delle strade nuove e lasceremo delle strutture per creare una nuova generazione di giocatori di golf in futuro. Queste cose si possono inventare in qualunque disciplina, poi la gente si convince e le segue. Se ci sono gli uomini giusti e una buona strategia si può fare tutto nel mondo dello sport».
Eppure a Roma sembra che ad alti livelli possa resistere solo il calcio. Montali ritiene che «ci vogliono squadre in tutte le discipline in grado di lottare per vincere, le cose medio-piccole non destano mai l’interesse del pubblico in questa città».
Dopo la scomparsa della Piaggio Roma Volley, un altro imprenditore romano, Massimo Mezzaroma, fondò nel 2006 la M. Roma Volley, che riuscì a competere per un periodo altrettanto breve ai vertici della pallavolo italiana. Subito iscritta al campionato di Serie A1 maschile, nella stagione 2006/07 arrivò seconda in classifica, fu eliminata in semifinale dei playoff per lo scudetto e perse la finale di Coppa Italia, battuta in entrambi i casi dalla Sisley Treviso. L’anno successivo la M. Roma vinse la Coppa CEV, poi iniziò un lento declino, con la mancata iscrizione al campionato, due stagioni giocate in Serie A2 prima della nuova promozione in Serie A1 e la definitiva rinuncia a disputare i campionati principali decisa nel 2012.
Come nel basket, nella stagione in corso nessuna squadra romana di pallavolo partecipa alla Superlega (l’attuale nome del massimo campionato nazionale maschile) né alla Serie A1 femminile. Dal 2013 esiste una nuova società, la Roma Volley Club, nata dal consorzio fra alcune piccole squadre dell’area sud della città e gestita dai dirigenti Roberto Mignemi e Pietro Mele. Dopo 23 anni di assenza, nella scorsa stagione la squadra femminile ha riportato il nome di Roma in Serie A1 e ha deciso di giocare al PalaEur, sfruttando un piccolo contributo economico stanziato dalla Regione Lazio e dall’Ente Eur. Il pubblico romano è tornato a seguire la pallavolo dal vivo, con una media di 1.200 spettatori presenti nelle partite casalinghe e un picco di 4.200 spettatori per la prima gara stagionale contro Conegliano. Ma le spese per l’impianto hanno inciso per quasi il 30% sul budget stagionale da un milione di euro messo e la società non è riuscita ad allestire una squadra in grado di evitare la retrocessione.
Quest’anno la Roma Volley femminile sta dominando il campionato in Serie A2 e punta a risalire subito in Serie A1, mentre la squadra maschile partecipa al campionato di Serie A3. Entrambe adesso giocano al Palasport di Guidonia Montecelio, come la Stella Azzurra di basket, in attesa che riapra il PalaTiziano di Roma. Le due società si dividono le spese per l’affitto dell’impianto, che ammontano a poche migliaia di euro mensili.
La Roma Volley è tra le fondatrici del consorzio Roma Sports Network, un gruppo di 12 società sportive romane, rappresentanti di 10 discipline diverse, che lo scorso giugno si sono riunite per provare a far crescere l’intero sistema e attrarre nuovi sponsor. La speranza diffusa nel consorzio è che gli impianti comunali vengano affidati in gestione alle società, in modo da consentire loro di investire per migliorare le strutture e creare delle fonti di reddito fondamentali per sostenere l’attività sportiva.
Fra gli impianti che il Comune vorrebbe mettere a disposizione delle squadre c’è anche il palazzetto Colli d’Oro, che dovrebbe essere realizzato all’interno di un parco nella periferia nord della città, a ridosso della via Flaminia. Si tratta di un vecchio progetto per una struttura da 1.500 posti adatta a basket, pallavolo e calcio a 5. La Lazio Pallavolo aveva vinto il bando ma i lavori di costruzione iniziati nel 2012 sono stati subito interrotti. Da allora il cantiere è rimasto abbandonato e la nuova amministrazione ha deciso di demolire la struttura incompleta attualmente esistente e ricostruire da capo il palazzetto. Per il progetto sono stati stanziati 14,6 milioni di euro che fanno parte del finanziamento complessivo da 22,5 milioni di euro ottenuto dal Comune grazie ai fondi messi a disposizione del PNRR per la riqualificazione degli impianti sportivi.
Gli altri sport
La storica Rugby Roma Olimpic Club, fondata nel 1930, vinse il suo quinto scudetto nel 2000 ma fallì undici anni dopo in seguito al disimpegno dell’imprenditore romano Paolo Abbondanza. Ricostituita nel 2015, adesso gioca in Serie B.
Della Top 10 di rugby, il nome attuale della massima serie maschile italiana, fa invece parte la squadra delle Fiamme Oro, la divisione sportiva della Polizia di Stato. Le Fiamme Oro di rugby hanno vinto cinque campionati italiani, quattro Coppe Italia e un Trofeo Eccellenza, il torneo sostitutivo della Coppa Italia. La squadra si formò a Padova tra i poliziotti del reparto “celere” nel 1955. Dopo un periodo di inattività dal 1978 al 1985, le Fiamme Oro di rugby ricominciarono a giocare a Milano e dal 1987 si trasferirono a Roma.
In quanto atleti assunti dalla Polizia, i giocatori delle Fiamme Oro possono dedicarsi completamente all’attività sportiva e per questo da oltre dieci anni la squadra resiste ai vertici del rugby italiano. Il campo di gioco si trova all’interno della caserma Gelsomini a Ponte Galeria, un quartiere di periferia nella zona sud-ovest della città. Ma l’interesse del pubblico per le partite è scarso, con un centinaio di spettatori presenti in media.
Alla Serie A, il secondo campionato nazionale, partecipano altre quattro squadre romane: Lazio, Capitolina, US Primavera e Villa Pamphili. Anche nel loro caso le gare sono seguite da un pubblico poco numeroso e nessuna ha i mezzi per tentare la promozione alla Top 10: il costo per gestire una squadra nel campionato maggiore si aggira infatti intorno al milione di euro a stagione.
A Roma l’interesse del pubblico per il rugby si manifesta solo in occasione delle partite giocate dalla Nazionale italiana al Sei Nazioni all’Olimpico, che in quelle occasioni si riempie sempre anche grazie all’arrivo dei tifosi da tutta Italia e dall’estero.
I romani sembrano dare una scarsa attenzione anche alla pallanuoto, nonostante una buona tradizione delle squadre cittadine. La Roma Nuoto, che vinse il campionato maschile nel 1999, fu sciolta pochi anni dopo. Quest’anno la società Distretti Ecologici, che ha base nella capitale e opera nel settore della transizione ecologica, ha acquistato i diritti sportivi della nuova Roma Nuoto e ha allestito la squadra che gioca in Serie A1 maschile. Le partite vengono disputate al Polo Acquatico di Ostia, il centro federale costruito in occasione dei Mondiali di nuoto del 2009 e ora di proprietà del Comune di Roma. L’impianto finì al centro di un’inchiesta per un presunto abuso edilizio ma tutti gli imputati furono assolti al processo.
In Serie A2 c’è la Lazio Nuoto, che fu campione d’Italia nel 1945 e nel 1956. La squadra è tornata ad allenarsi nella piscina comunale del quartiere di Garbatella dopo uno sfratto e una lunga battaglia giudiziaria con il Comune, vinta grazie all’ultimo ricorso presentato al Consiglio di Stato. Le partite di campionato si giocano nell’impianto di Acilia, un quartiere periferico che si trova sulla strada che porta verso il litorale di Ostia. Alla Serie A2 partecipano anche l’Olympic Roma e la Roma Vis Nova, mentre la Sis Roma guida la classifica del campionato femminile di Serie A1 dopo due terzi posti consecutivi nelle ultime stagioni.
E il calcio?
Fra le squadre romane costrette a “traslocare” fuori città c’è anche l’AS Roma del calcio femminile, la sezione fondata nel 2018 dall’AS Roma. La squadra si allena nel Centro di preparazione olimpica Giulio Onesti di proprietà del Coni e gioca le partite del campionato di Serie A nello stadio delle Tre Fontane all’Eur, dotato di due tribune da circa 2.800 posti complessivi. Anche grazie ai buoni risultati ottenuti dalla squadra, l’interesse del pubblico per il movimento è in crescita. Lo testimonia il tutto esaurito registrato al Tre Fontane in occasione della partita giocata contro la Juventus lo scorso 11 dicembre.
Ma l’AS Roma deve spostarsi allo stadio Domenico Francioni di Latina per le gare casalinghe della Women’s Champions League, la manifestazione organizzata dalla Uefa a cui la squadra romana partecipa per la prima volta quest’anno. Le partite europee si giocano sempre di sera e al Tre Fontane mancano i riflettori per illuminare il campo. Lo spostamento delle partite di Champions League a Latina, seguite comunque da una media di quasi tremila spettatori, ha suscitato polemiche e l’amministrazione è stata accusata di discriminare il calcio femminile. L’unico impianto in città che possiede i requisiti richiesti dalla Uefa è lo stadio Olimpico, gestito da Sport e Salute, ovvero la ex Coni Servizi Spa. L’Olimpico non è però disponibile per le gare dell’AS Roma femminile a causa dei tanti eventi sportivi in programma durante la stagione, tra le coppe europee di calcio e il Sei Nazioni di rugby.
Il Tre Fontane è invece di proprietà del Comune di Roma e la gestione dell’impianto è stata affidata in concessione alla società ATI Tre Fontane, che affitta poi a sua volta la struttura all’AS Roma. Una parte del campo occupa un terreno di proprietà dell’Ente Eur e questa particolare situazione ha bloccato per anni l’iter burocratico necessario per l’installazione dei riflettori. Nelle scorse settimane è finalmente arrivata l’autorizzazione mancante e i lavori dovrebbero iniziare la prossima estate.
Nel frattempo, il 23 dicembre l’Assemblea del Comune ha approvato una mozione per chiedere che l’As Roma femminile possa giocare le fasi finali della Women’s Champions League all’Olimpico. La società ha già contattato Sport e Salute per capire se sia possibile organizzare nello stadio romano la gara dei quarti di finale della competizione, prevista per il prossimo marzo.
La carenza di grandi impianti adatti al calcio alternativi all’Olimpico blocca inoltre la crescita di altre società romane. È il caso ad esempio del Trastevere Calcio, società fondata nel 1909, che nel corso di oltre cento anni di storia ha giocato per un anno in Serie B nel secondo dopoguerra (campionato 1946/47) con il nome di “Albalatrastevere” in seguito alla fusione con le squadre dell’Alba e dell’Italia Libera.
Rifondata per due volte nel 1968 e nel 2012, dal 2015 gioca in Serie D e, dopo due finali perse, ha vinto i playoff nel 2021 ma non è stata ammessa al campionato di Serie C. In caso di promozione non avrebbe comunque potuto giocare nel suo Trastevere Stadium, costruito nel 1957 all’interno delle mura di Villa Doria Pamphilj e ristrutturato di recente dalla società. La capienza attuale di 1.200 posti non è infatti sufficiente per la Serie C e il Trastevere aveva così ipotizzato di andare a giocare allo stadio Manlio Scopigno di Rieti, non avendo nel frattempo ottenuto la possibilità di prendere in gestione lo stadio Berra, un piccolo impianto comunale nella zona sud della città, assegnato in concessione all’università di Roma Tre.
«Da anni mi sono trasformato in un errante pellegrino proteso ad elemosinare un impianto funzionale per le esigenze della squadra, il Trastevere, che rappresenta il rione più bello del mondo» aveva scritto sui social a marzo del 2021 il presidente della società, Pier Luigi Betturri. «Ero andato a mendicare un impianto dal sindaco, non volevo credere che nella Città Metropolitana di Roma non esistesse uno stadio adatto ad ospitare partite di Serie C. Londra possiede 20 stadi per il professionismo di cui ben 7 per la Premier League e questo fa capire l’inadeguatezza della nostra città relativamente all”impiantistica sportiva».
Il caso del Flaminio
Un altro stadio a Roma ci sarebbe, ma è chiuso e abbandonato da anni. Si tratta del Flaminio, progettato dall’architetto Antonio Nervi, con la collaborazione di suo padre Pier Luigi, e costruito al posto del vecchio stadio Nazionale nel 1959, in vista delle Olimpiadi. L’impianto è di proprietà del Comune di Roma e ha una capienza di quasi 25mila posti, ridotti per motivi di sicurezza rispetto ai 40mila iniziali. Negli anni Settanta lo stadio fu utilizzato prevalentemente per il rugby, mentre negli anni Ottanta tornò a ospitare partite di calcio e divenne il campo di casa della Lodigiani, che allora era la terza squadra romana più importante.
Durante la stagione 1989/90, con l’Olimpico chiuso per i lavori di ristrutturazione in vista dei Mondiali di calcio, anche la Roma e la Lazio giocarono al Flaminio le partite in casa di Serie A. Dal 2000 lo stadio tornò a ospitare il rugby, con le partite dell’Italia al Sei Nazioni fino al 2011. La Federazione Rugby, che per anni tentò invano di ristrutturare lo stadio, decise di trasferire la sua base romana all’Olimpico e da allora il Flaminio è inutilizzato.
In seguito sono stati presentati vari progetti per riqualificare e riaprire lo stadio, ma nessuno è andato in porto. Come il PalaTiziano, il Flaminio è considerato un patrimonio di particolare prestigio e rilevanza storica ed è quindi sottoposto ai vincoli della Soprintendenza. La proprietà intellettuale dello stadio è degli eredi diretti di Nervi, che hanno il diritto di esprimere un parere vincolante su ogni proposta di ristrutturazione. Per poter avviare un progetto, qualsiasi soggetto interessato deve prima accordarsi con il Comune e poi ottenere l’autorizzazione dalla Soprintendenza e dalla famiglia Nervi.
Dopo i tentativi andati a vuoto della Federazione Rugby, nel 2021 l’AS Roma Nuoto, insieme a un gruppo di imprenditori privati, ha presentato un’altra proposta. L’idea era quella di ristrutturare l’impianto, metterlo a disposizione del calcio giovanile e dotarlo di nuove piscine e palestre. Era inoltre previsto l’allestimento di aree dedicate a eventi e attività commerciali. Ma il ministero della Cultura ha bloccato il progetto, giudicando gli interventi previsti «invasivi rispetto all’impianto originario».
Nelle ultime settimane si è tornato a parlare, come è accaduto più volte in passato, della possibilità che la Lazio del calcio prenda in gestione l’impianto e lo ristrutturi. Il presidente del club, Claudio Lotito, ha ricevuto dal Comune la documentazione necessaria per valutare un’eventuale proposta, ma non ha ancora presentato un progetto. Oltre a rispettare i rigidi vincoli burocratici già citati, la Lazio dovrebbe inoltre realizzare una serie di opere strutturali necessarie per adeguare lo stadio agli standard richiesti dalla FIGC e dalla UEFA e alle norme sulla sicurezza degli impianti.
La struttura rimane ora in evidente stato di degrado. Attorno all’impianto sono parcheggiate diverse roulotte e lo stadio è sottoposto a vigilanza per evitare atti di vandalismo. Nel frattempo la Roma ha presentato al Comune uno studio di fattibilità per la realizzazione di un nuovo stadio da 62mila posti nel quartiere di Pietralata. La società aveva prima deciso di ritirare un altro progetto, avviato dalla precedente proprietà, per un impianto da costruire al posto del vecchio ippodromo nell’area di Tor di Valle, con un iter burocratico durato nove anni e mai arrivato a conclusione.