Nessuno riesce a fermare Luka Doncic
Gli allenatori delle squadre di basket NBA le provano tutte per contenere le giocate d'attacco dello sloveno, con pochi risultati
La quinta stagione in NBA di Luka Doncic, giocatore sloveno di 23 anni, si sta rivelando la migliore della sua carriera: non era semplice, visto che il playmaker dei Dallas Mavericks l’anno scorso era stato votato fra i cinque migliori giocatori del campionato di basket americano. Quest’anno, e in particolare nell’ultimo mese, il suo rendimento è ulteriormente cresciuto, con prestazioni senza precedenti a livello statistico e poche possibilità di risposta da parte delle difese delle squadre avversarie.
Il 27 dicembre contro i New York Knicks ha realizzato 60 punti, 21 rimbalzi e 10 assist, un risultato statistico mai raggiunto nella storia della lega professionistica americana. Nelle ultime sei partite per tre volte ha superato i 50 punti, attualmente è il miglior realizzatore della NBA con 34,3 punti realizzati a partita e il quarto negli assist (8,9). I Dallas Mavericks hanno vinto 22 delle 38 partite stagionali, 8 delle ultime 10 e hanno una striscia aperta di 7 vittorie consecutive.
60 PTS
21 REB
10 ASTLuka Doncic is the first player EVER in NBA history to record 60+ PTS, 20+ REB, and 10+ AST in a game.
Historic. pic.twitter.com/ik8MdBYbFR
— NBA (@NBA) December 28, 2022
Ad oggi Luka Doncic è un problema senza soluzioni per tutti gli staff tecnici delle squadre avversarie, che studiano le prestazioni precedenti per organizzare difese in grado di limitarne l’impatto sulle partite. Gregg Popovich, allenatore dei San Antonio Spurs, è fra i più esperti e vincenti della NBA. Dopo essere stato sconfitto da Doncic, in una delle ultime partite dell’anno, ha detto: «È speciale, puoi provare qualsiasi cosa contro di lui e non funziona niente: l’unica cosa che puoi fare è sperare che non segni troppo, e che i tuoi giocatori segnino di più».
In un campionato in cui le statistiche avanzate sono molto utilizzate e in uno sport che permette di dividere le partite in singole azioni difensive e offensive in modo abbastanza preciso, il gioco di Doncic è studiato in modo continuo e approfondito. Lo sloveno è considerato uno dei talenti d’attacco più completi di tutti i tempi, per come unisce doti atletiche, qualità tecniche e capacità di comprendere gli sviluppi del gioco e i movimenti di compagni e avversari.
Riferendosi a lui, l’allenatore dei Phoenix Suns, Monty Williams, ha detto a The Athletic: «Provoca molte discussioni e lunghe sessioni di analisi dei video, le notti prima di affrontarlo». Chauncey Billups, coach dei Portland Trail Blazers, riassume: «È il più difficile contro cui difendere, non puoi proprio fermarlo».
Quando Doncic è in campo, Dallas segna una media di 121,6 punti ogni 100 possessi, cioè ogni cento azioni offensive: è una statistica che viene usata in NBA per confrontare in modo oggettivo le prestazioni d’attacco, usando come parametro un numero definito di possibilità di segnare canestri (non influenzato dai ritmi più veloci o più lenti di ogni singola partita). Questo dato, che scende sensibilmente per Dallas quando Doncic è in panchina per riposare o è assente, rende l’attacco dei Mavericks il migliore della NBA, con tre punti di vantaggio su quello dei Boston Celtics.
Doncic gioca nel ruolo di playmaker, il che significa che quasi sempre l’azione di Dallas parte con la palla nelle sue mani. Rispetto agli standard del ruolo è più alto (2,01 centimetri) e più pesante (104 kg), ma le doti fisiche, peraltro non eccezionali in un campionato di super-atleti, sono solo una delle componenti.
Con Doncic in palleggio, l’azione dei Mavericks si sviluppa quasi sempre per liberarlo al tiro o per un attacco in avvicinamento a canestro. Doncic, che nonostante i soli 23 anni ha una lunga esperienza, costruita anche in Europa con il Real Madrid, ha poi la capacità di reagire molto rapidamente e in maniera efficace alle scelte della difesa e di coinvolgere i compagni che si trovino liberi durante lo sviluppo dell’azione.
MAGICIAN LUKA DONCIC 🪄🔥 pic.twitter.com/zinfc8vwMt
— Digits Hoops (🏀,📊) (@Digits3Hoops) December 28, 2022
L’azione di Dallas parte spesso, come per molte altre squadre NBA, con una azione definita di “pick and roll”: semplificando molto, mentre Doncic palleggia un suo compagno gli si avvicina e assume una posizione ferma (blocco) che ostacoli il suo difensore. A quel punto i due difensori coinvolti (quello su Doncic e quello sul “bloccante”, come viene chiamato l’altro), hanno due possibilità: restare su chi stanno marcando, con il difensore di Doncic che sarà un po’ in ritardo nel recuperare la posizione, o cambiare uomo, con il difensore dell’attaccante che ha portato il blocco che passa a difendere su Doncic.
Con Doncic nessuna delle due cose funziona: il lieve vantaggio nel primo caso lo porta quasi sempre a trovare una soluzione d’attacco vincente; mentre il cambio di difensore gli permette di “scegliere” un avversario diretto che è convinto (a ragione) di poter superare. Il risultato è che mediamente Dallas segna 1,18 punti per ogni “pick and roll” giocato dal suo playmaker: un numero altissimo, secondo solo a quello di Stephen Curry dei Warriors, un altro giocatore dalle qualità fuori dal comune.
Luka playing at his own pace…pick and roll manipulation masterclass
Rockets had Sengun in drop, but with a strong nail help and leaving the 'pop' open, loading on Luka drives.
Doncic still managed to 'fool' the defense twice, waiting patiently and with a great hesi counter👇 pic.twitter.com/MhZ3N2ium4
— Iztok Franko (@iztok_franko) January 3, 2023
Gli allenatori avversari hanno studiato varie possibilità per limitare queste giocate, che passano per una difesa di squadra, con raddoppi (due giocatori difendono su Doncic contemporaneamente, lasciando un uomo libero ma provando a non permettergli il passaggio) o aiuti difensivi (un altro difensore si stacca dal suo uomo per bloccarne l’avanzata quando un primo difensore è in difficoltà). Qui entrano in gioco altre doti di Doncic: la sua altezza gli permette di passare la palla sopra i difensori, il controllo del corpo di rallentare l’azione per cercare visivamente il compagno libero, l’intelligenza “cestistica” di capire i movimenti della difesa ed effettuare le scelte giuste.
Quando trova la soluzione giusta, o se incontra un difensore che ha una particolare debolezza difensiva, è in grado di ripetere anche per sei-otto volte la stessa azione: gli avversari sanno cosa farà, ma non riescono a fermarlo, per le sue grandi doti tecniche.
È stato studiato che il suo rendimento è migliore quando palleggia verso destra, per cui molti difensori provavano a indirizzarlo verso sinistra, ma in quella situazione Doncic può far partire il tiro che è diventato una sorta di sua “specialità”. Gli americani lo chiamano “stepback 3”, un tiro da tre punti facendo un passo all’indietro, per arretrare dietro alla linea e allontanarsi dal difensore. Doncic in questo fondamentale è molto veloce: può tirare, con buone percentuali di realizzazione, anche contro difensori più alti, grazie a doti atletiche diverse da quelle classiche, ma altrettanto fondamentali.
Tutte queste analisi del gioco e le risposte alle variazioni difensive hanno portato molti allenatori NBA alla convinzione che sia impossibile bloccarlo, ma che ci si debba accontentare di limitarlo.
Per farlo durante i playoff della scorsa stagione i Phoenix Suns e i Golden State Warriors avevano provato soluzioni difensive inusuali (come raddoppi in momenti diversi dell’azione difensiva), mentre i Toronto Raptors in questa stagione hanno utilizzato una difesa con un difensore a marcarlo a uomo e gli altri quattro a difendere a zona (“box and one”). Entrambe le soluzioni hanno dato qualche frutto ma, spiega Billups, «più per le difficoltà dei suoi compagni ad adattarsi che per le sue».
Dallas per crescere e sfruttare al meglio l’enorme talento d’attacco di Doncic sta cercando da almeno un paio d’anni, con alterne fortune, di migliorare la squadra intorno a lui e di gestire al meglio la fatica del giocatore. L’NBA prevede 82 partite di stagione regolare, Doncic ne ha finora saltate 3 sulle 38 stagionali, giocando una media di 37 minuti a partita (su 48). Il suo gioco è molto dispendioso a livello fisico e il rischio è che arrivi nei momenti finali dei match e della stagione, quelli decisivi, con meno energie. Se le difese non riescono a limitarne l’efficienza, potrebbe farlo la fatica. Jason Kidd, ex playmaker e suo allenatore, ha detto: «È vero, ha solo 23 anni, ma è umano».