E Mastodon?
Il social continua a raccogliere iscritti e proposte di investimento, ma ci sono forti dubbi sul fatto che possa diventare un'alternativa a Twitter
Dopo l’acquisizione di Twitter portata a termine da Elon Musk a ottobre, il social network concorrente Mastodon ha ricevuto almeno cinque offerte di investimento da parte di alcuni importanti fondi della Silicon Valley, a dimostrazione del crescente interesse verso un sistema alternativo a Twitter. In tutti i casi, il fondatore di Mastodon Eugen Rochko ha preferito respingere le proposte economiche per mantenere indipendente e senza scopo di lucro la propria iniziativa. Molti utenti della piattaforma hanno mostrato di apprezzare la scelta, ma a distanza di alcuni mesi vari osservatori e analisti si chiedono se Mastodon possa davvero diventare un’alternativa a Twitter, dove il grande esodo da parte degli utenti in seguito alla nuova caotica gestione di Musk, previsto all’epoca da molti, sembra essere stato relativamente contenuto.
Mastodon è una sorta di social network distribuito che permette di pubblicare post come su Twitter, ma senza essere controllato da una singola azienda o un’unica persona. Esiste dal 2016 e fino all’autunno dello scorso anno non era stato molto considerato dai frequentatori dei social network, sia per la sua minore fama sia per il sistema di funzionamento un poco complicato e meno intuitivo, almeno nella fase di registrazione (lo avevamo spiegato qui estesamente).
Le cose erano cambiate dopo l’acquisizione di Twitter, per la quale Musk aveva speso 44 miliardi di dollari, cui era seguito un periodo piuttosto turbolento che aveva compreso il licenziamento di metà dei dipendenti dell’azienda, la riattivazione di account sospesi da tempo, compreso quello di Donald Trump, per avere diffuso informazioni fuorvianti o incitato alla violenza, l’introduzione di un nuovo servizio a pagamento per certificare il proprio profilo (senza dover confermare la propria identità) e la sospensione di alcuni account di giornalisti.
Infastiditi dalla nuova gestione di Musk e dalle sue scelte, alcuni utenti avevano iniziato a valutare alternative e molti avevano identificato in Mastodon il sistema più simile a Twitter, ma con qualche garanzia in più dovuta al modo in cui è organizzato. Mastodon non viene infatti gestito da una singola entità che controlla i server (i computer collegati a Internet che lo fanno funzionare), ma da chiunque voglia contribuire all’iniziativa. La proprietà è diffusa e non si può verificare un caso come quello di Twitter, dove una sola persona ottiene il controllo dell’intero sistema.
E proprio quest’ultima caratteristica ha spinto parte degli utenti di Twitter a traslocare sulla piattaforma. Secondo i dati forniti da Rochko, tra ottobre e novembre del 2022 la quantità di utenti mensili che utilizzano Mastodon è passata da 300mila a 2,5 milioni. I download dell’applicazione sono aumentati notevolmente, con una quantità di iscrizioni più alta più o meno in corrispondenza di alcune delle decisioni più discusse e criticate prese da Musk. Uno dei picchi era stato registrato il 18 dicembre scorso, quando Twitter aveva annunciato l’imminente limitazione dei link pubblicati sul suo social network che portavano ad altre piattaforme social, come Instagram o lo stesso Mastodon. La decisione era stata rapidamente rivista, ma aveva comunque ricevuto grandi attenzioni.
Al Financial Times, Rochko ha detto che Mastodon ha ricevuto offerte da più di cinque investitori statunitensi, che avevano proposto svariate «centinaia di migliaia di dollari» per finanziare il progetto. Per Rochko non è però immaginabile un assetto diverso dal non profit per la sua organizzazione: «Mastodon non si trasformerà in tutto ciò che odiate di Twitter. Il fatto che possa essere venduto a un miliardario controverso, il fatto che possa essere chiuso, che possa fallire e così via. È una differenza di paradigmi».
Attualmente, Rochko continua a essere l’unico proprietario delle quote di Mastodon. Secondo le informazioni fiscali sull’organizzazione, nel 2021 aveva ricevuto 2.400 euro al mese per il proprio impegno nello sviluppare e coordinare le attività della piattaforma. Da allora, Rochko dice di essersi alzato lo stipendio di 500 euro.
Ai grandi investitori, che potrebbero poi condizionare alcune scelte legate alla piattaforma, Mastodon preferisce i piccoli finanziamenti da parte dei propri utenti. Vengono gestiti attraverso la piattaforma Patreon, molto utilizzata dai produttori di contenuti online indipendenti per sostenere le loro attività grazie al sostegno dei loro fan. La piattaforma ha circa 9.500 donatori e attualmente raccoglie quasi 32mila euro mensilmente. Circa un mese prima dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk, i sostenitori erano meno di mille con circa 7mila euro raccolti al mese.
La rapida crescita di utenti non è stata accompagnata in molti casi da un adeguato potenziamento dei server che fanno funzionare i vari piccoli social network (“istanze”), che comunicando insieme formano la federazione di Mastodon. A più riprese molte persone hanno segnalato difficoltà nell’iscriversi o nell’usare la piattaforma, a causa dei forti rallentamenti soprattutto nella condivisione di contenuti diversi da quelli testuali, come le immagini. I problemi sono stati via via risolti, ma continuano a essere segnalati disguidi in particolari momenti di grande utilizzo, quando per esempio ci sono nuove ondate di utenti che decidono di lasciare Twitter in seguito all’introduzione di qualche nuova regola che non condividono.
Le difficoltà di iscrizione e di utilizzo hanno fatto sì che molte persone attivassero un account, ma lo abbandonassero poi rapidamente per tornare a utilizzare Twitter, a loro più pratico e familiare. L’alto tasso di abbandono è visto come un segnale sulla necessità per Mastodon di semplificare il processo di iscrizione e di rendere più comprensibile il suo funzionamento, che lo rende diverso dagli altri social network.
Rochko dice che l’obiettivo di lungo periodo è offrire un servizio che sia in grado di sostituire completamente Twitter e altri social network con una impostazione prettamente commerciale: «È una lunga strada, ma allo stesso tempo è più ampia di quanto non sia mai stata». Il modello per sostenere il progetto potrebbe essere simile a quello di Mozilla Foundation, l’organizzazione non-profit che organizza e coordina il progetto open source Mozilla, famoso soprattutto per il browser Firefox. La fondazione riceve però finanziamenti più ingenti da singoli investitori rispetto a quanto faccia ora Mastodon.
È presto per dire se Mastodon possa avere davvero successo e un futuro alla pari dei social network più famosi, per lo meno per il numero di utenti. Uno dei principali ostacoli deriva proprio dal modo in cui è organizzato: se da un lato è vero che essere decentralizzato rende più improbabile (se non impossibile) il controllo da parte di una singola entità o di un miliardario che cambia spesso idea, dall’altro il sistema scarica molte più responsabilità sui gestori di ogni singola istanza. Spetta a loro il lavoro di moderazione che non riguarda solamente la rimozione di contenuti dannosi, legati per esempio a molestie e disinformazione, ma anche quella di immagini e video protetti dal diritto d’autore. Le regole cambiano sensibilmente da paese a paese, alcune sono più severe di altre, ma l’idea di avere questa responsabilità e di potere andare incontro a conseguenze legali potrebbe disincentivare molte persone dall’attivare un nuovo server che si colleghi a Mastodon.
Le grandi società dietro i social network attualmente più utilizzati hanno impiegato anni, e spesso enormi risorse, per risolvere contenziosi legali di vario tipo legati proprio ai contenuti diffusi tramite le loro piattaforme. Le loro attività sono state tenute sotto controllo dai governi e dai parlamenti, con indagini approfondite come avvenuto negli ultimi anni negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, soprattutto con Facebook. I social network si tutelano grazie all’attività di lobbisti e gruppi di interesse, che lavorano per mantenere buoni rapporti con i decisori politici e ridurre il rischio di nuove leggi che possano danneggiare le loro attività. Iniziative di questo tipo sono molto costose e dagli esiti incerti, difficilmente sostenibili per una realtà più piccola e che non ha un unico referente come nel caso di Mastodon.
Le particolari caratteristiche di Mastodon potrebbero comunque consentire alla piattaforma di sfruttare qualche area grigia o non ancora completamente normata, evitando alcuni dei problemi cui sono andati incontro gli altri social network più tradizionali. Il sistema è inoltre piccolissimo se confrontato alle centinaia di milioni di utenti di Twitter e ai miliardi di Meta, la società che tra le altre cose controlla Facebook, Instagram e WhatsApp. Le attenzioni dei governi e della politica, specialmente negli ultimi anni negli Stati Uniti, si sono concentrate su queste società più grandi, che del resto spesso lavorano in un regime di sostanziale monopolio in un ambito essenziale per la diffusione delle informazioni.