Il piano del governo israeliano per limitare i poteri della Corte Suprema
Attraverso una riforma che sancisce un netto controllo della politica sul più alto tribunale del paese, tra le proteste dell'opposizione
Mercoledì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che guida il governo più di destra della storia di Israele, ha annunciato una riforma del sistema giudiziario che limiterà i poteri della Corte Suprema, il più alto tribunale del paese. La riforma, contestatissima dalle opposizioni, prevede che la Knesset (il parlamento israeliano) possa annullare una decisione della Corte con una semplice maggioranza assoluta dei voti (61 membri su 120), stabilendo di fatto un controllo politico sulla magistratura. L’annuncio è stato fatto due giorni dopo un altro evento che aveva provocato grossa agitazione dentro e fuori Israele: cioè la contestata visita del nuovo ministro israeliano della Pubblica sicurezza, l’estremista di destra Itamar Ben-Gvir, alla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, che aveva fatto temere nuove tensioni e violenze tra ebrei israeliani e palestinesi (la versione completa della storia si può leggere qui).
Il ministro della Giustizia autore della riforma, Yariv Levin, ha presentato la proposta poco prima che la Corte Suprema si riunisse per esaminare i ricorsi arrivati contro la nomina di Arye Dery a ministro dell’Interno e della Salute. Dery è del partito ultraortodosso Shas, e l’anno scorso era stato processato per evasione fiscale, uscendone con una sospensione della pena in seguito a un patteggiamento. Secondo la legge israeliana non avrebbe potuto essere nominato ministro, ma il governo ha modificato la legge esistente appositamente per rendere la nomina di Dery legittima.
Il caso ha comunque provocato forti polemiche. Secondo l’opposizione al governo, che è sostenuto da una maggioranza composta da partiti conservatori e di estrema destra, annunciare la riforma prima della decisione sul caso Dery è un modo per mettere pressione alla Corte. Yair Lapid, leader dell’opposizione e del partito centrista Yesh Atid, ha scritto su Twitter che i ministri del governo hanno agito «come una banda di criminali», mettendo «sul tavolo una pistola carica» il giorno prima dell’udienza.
Inoltre, sempre secondo Lapid, la riforma mina il sistema democratico del paese: «Quella che Levin ha presentato oggi non è una riforma legale, è una lettera minatoria. Minacciano di distruggere l’intera struttura costituzionale dello stato di Israele».
La riforma non è stata criticata soltanto dall’opposizione, ma anche dalla procuratrice generale israeliana Gali Baharav-Miara, secondo cui potrebbe mettere a rischio i principi democratici del paese. Tra le altre cose, la riforma prevede che i giudici della Corte vengano nominati o rimossi da una commissione composta diversamente da quella attuale, con una maggioranza di parlamentari e una minoranza di giudici e di professionisti del settore.
Se la riforma dovesse passare, i partiti di maggioranza potrebbero dar seguito alla loro intenzione di annullare alcune importanti sentenze della Corte Suprema, tra cui quella che rende illegali le colonie israeliane in Cisgiordania, in una porzione di terra che la gran parte della comunità internazionale ritiene palestinese.