Il Wuhan ha vinto il campionato di calcio cinese, che non è più quello di una volta
Un tempo ricchissimo e ambizioso, ha perso più della metà del suo valore e l’ultima stagione ha avuto un finale emblematico
di Pietro Cabrio
Almeno fino al 2019 il campionato di calcio cinese era uno dei più seguiti e raccontati tra quelli ritenuti minori ma in fase di espansione. Dopo anni di acquisti eclatanti e stipendi altissimi, nel 2019 il valore delle 16 squadre del campionato — la Chinese Super League — aveva superato il mezzo miliardo di euro, mentre il campionato in sé veniva valutato attorno al miliardo.
Insomma, all’epoca il campionato cinese sembrava promettere molto e rispecchiava le grandi ambizioni calcistiche locali. In quel periodo il governo cinese aveva infatti presentato un programma di sviluppo capillare del movimento in tutto il paese con il sostegno diretto del presidente Xi Jinping, che in uno dei suoi discorsi parlò dei «tre sogni della Coppa del Mondo»: ritornarci il prima possibile, ospitarne una e vincerla nell’arco di trent’anni (una visione riassunta anche in questo spot realizzato da Nike).
Per rispettare questi obiettivi il governo cinese si stava preparando ad abbattere ostacoli culturali, demografici e infrastrutturali, gli stessi che fino ad allora avevano impedito la diffusione del calcio nel paese più popolato al mondo, la cui Nazionale maschile conta ancora oggi un solo Mondiale disputato (nel 2002) e una posizione nel ranking globale tra paesi enormemente più piccoli come Georgia, Gabon, Honduras e Guinea.
A distanza di pochi anni, tuttavia, lo sviluppo del movimento calcistico cinese si è fermato bruscamente per via degli effetti economici e sociali della pandemia da coronavirus, iniziata proprio in Cina tra il 2019 e il 2020. I segnali più evidenti di questa regressione si notano soprattutto nel campionato nazionale, diventato irriconoscibile rispetto a pochi anni fa.
In tre anni il valore complessivo delle squadre è passato da circa 560 milioni di euro a meno di 200 milioni. Dei tanti campioni stranieri ingaggiati dai club nel corso degli anni per decine e decine di milioni è rimasto soltanto il brasiliano Oscar e qualche giocatore di seconda fascia con trascorsi in Europa come il belga Marouane Fellaini e l’argentino Guido Carrillo.
I grandi gruppi industriali che un tempo controllavano le squadre più importanti del paese si sono defilati uno dopo l’altro, in particolare quelli più colpiti dagli effetti della pandemia sull’economia nazionale. Il gruppo Suning per esempio — che in Italia possiede ancora le quote di maggioranza dell’Inter — ha abbandonato gli investimenti nella squadra del Jiangsu già nel 2021, appena un anno dopo aver vinto il campionato.
Il Guangzhou di proprietà del conglomerato immobiliare Evergrande, la squadra che per anni aveva fatto da traino a tutto il calcio cinese, arrivando a vincere anche una Champions League asiatica allenata da Marcello Lippi, ha invece risentito delle grosse difficoltà del suo gruppo proprietario ed è stato retrocesso nella stagione appena conclusa.
Proprio l’epilogo dell’ultima stagione dice molto sullo stato del campionato cinese. Oltre al Guangzhou sono retrocessi anche l’Hebei, ex squadra del gruppo immobiliare China Fortune Land Development, e il Wuhan Zall, una delle squadre della città in cui vennero registrati i primi casi di contagio da coronavirus (e che nel 2020 rimase bloccata per mesi in Europa al diffondersi dei contagi).
Negli ultimi anni la città di Wuhan è stata oggetto di lunghe e pesanti restrizioni imposte dal governo, di campagne di test di massa per gli oltre 11 milioni di abitanti e di indagini, studi e ricerche sulle possibili origini del coronavirus. Eppure in questo arco di tempo in cui la città è stata sconquassata dalla pandemia e conosciuta in tutto il mondo per essere stata il primo focolaio del virus, una delle sue squadre di calcio, il Wuhan San Zhen Zuqiu Julebu (o Three Towns), è salito dalla terza divisione nazionale fino alla Chinese Super League, e il 31 dicembre ha vinto il primo titolo nazionale della sua storia.
Lo ha vinto in un certo senso d’ufficio, dato che a una giornata del termine aveva gli stessi punti dello Shandong Taishan. Ma né il Wuhan né lo Shandong sono state in grado di giocare le loro partite in programma l’ultimo dell’anno a causa dei troppi contagi riscontrati nelle squadre avversarie proprio a ridosso del turno decisivo. Il titolo è stato quindi assegnato al Wuhan per la miglior differenza reti, peraltro in una stagione segnata dalle tante partite assegnate a tavolino a causa dei contagi (2 nell’ultima giornata, 4 nella penultima, 2 alla terzultima).
Il Wuhan esiste da meno di dieci anni, eppure è riuscito a scalare tutte le divisioni e a vincere il titolo nazionale in sole quattro stagioni. È allenato dallo spagnolo Pedro Morilla e ha sei giocatori stranieri, di cui però se ne conoscono bene soltanto due: Wallace, ex difensore brasiliano della Lazio, e Nicolae Stanciu, trequartista rumeno che in questo campionato impoverito è stato decisivo con 10 gol e 12 assist in 27 partite.
La vittoria del primo campionato nazionale di calcio maschile per la città di Wuhan si aggiunge inoltre a quelle della squadra universitaria femminile, da due anni vincitrice della Women’s Super League. E non è finita qua, perché il Three Towns è ancora in corsa per vincere anche la coppa nazionale.
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