Cosa c’è nelle dichiarazioni dei redditi di Donald Trump
L'ex presidente statunitense ha detto qualche bugia e la sua immagine di imprenditore ne esce un po' ridimensionata
Venerdì la Camera dei deputati degli Stati Uniti, controllata ancora dai Democratici, ha reso pubbliche le dichiarazioni dei redditi degli ultimi sei anni dell’ex presidente Donald Trump, al termine di una battaglia legale durata anni. Un riassunto di queste dichiarazioni era già stato pubblicato la settimana scorsa, ma la loro pubblicazione integrale contiene alcuni dettagli in più e permette di farsi un’idea migliore della situazione finanziaria di Trump, tra potenziali conflitti d’interessi e promesse fatte in campagna elettorale e mai mantenute.
Le dichiarazioni dei redditi appena pubblicate (in parte consultabili a questo link) sono costituite da migliaia di pagine e includono anche quelle della moglie di Trump, la ex modella Melania Trump.
Anzitutto i documenti confermano quanto già anticipato dal riassunto pubblicato la settimana scorsa, e cioè che Trump non ha pagato tasse nel 2020, anno in cui aveva dichiarato maggiori perdite, sfruttando una serie di scappatoie che all’interno del complesso sistema fiscale statunitense sono percorribili soprattutto per le persone più ricche.
Nel 2016 e nel 2017, poi, Trump aveva pagato solo 750 dollari di tasse per ciascun anno, salvo pagarne poi quasi un milione nel 2018, praticamente la totalità delle sue tasse pagate da presidente. Rispetto ai suoi guadagni di quell’anno, oltre 24 milioni di dollari, le tasse pagate equivalgono a poco più del 4 per cento: una cifra piuttosto esigua, se confrontata con quella pagata da altri presidenti. Nel 2009, per esempio, l’ex presidente Barack Obama e sua moglie pagarono circa il 30 per cento di tasse sui loro guadagni.
Dai documenti risulta anche che, sempre nel 2020, Trump non aveva fatto alcuna donazione, pur avendo annunciato in campagna elettorale di voler rinunciare completamente al proprio stipendio da presidente. Nel 2015 Trump aveva detto che non avrebbe incassato «nemmeno un dollaro» dello stipendio presidenziale (circa 400mila dollari l’anno), e aveva detto che lo avrebbe «completamente donato» se fosse stato eletto. Nel corso dei suoi primi tre anni da presidente, Trump aveva poi detto di aver fatto donazioni trimestralmente: dai documenti risultano 1,9 milioni di dollari di donazioni nel 2017, circa 500mila nel 2018 e nel 2019, e niente nel 2020.
Le dichiarazioni dei redditi di Trump dicono anche che l’ex presidente aveva una serie di conti correnti all’estero, tra cui uno in Cina. Nel corso dell’ultima campagna elettorale, Trump aveva sostenuto di aver chiuso il proprio conto corrente cinese nel 2015 e accusato Joe Biden di essere un «burattino» del regime cinese: le sue dichiarazioni mostrano che quel conto corrente rimase invece aperto fino al 2017.
I documenti dicono inoltre che all’estero Trump ha ottenuto circa 38 milioni di dollari di guadagni nel 2016 e circa 55 nel 2017, in paesi come l’Azerbaijan, l’India, l’Indonesia, Panama, le Filippine, la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti. Di per sé questi guadagni non rappresentano nulla di irregolare, ma una delle ragioni per cui i presidenti statunitensi accettano di pubblicare le proprie dichiarazioni dei redditi è anche la trasparenza rispetto a potenziali conflitti d’interessi.
Trump era stato il primo candidato alla Casa Bianca e poi il primo presidente dagli anni Settanta a non rendere pubbliche le proprie dichiarazioni dei redditi (e quindi gli importi delle tasse pagate), interrompendo una consuetudine che durava da Richard Nixon: dieci giorni fa un comitato della Camera aveva espresso voto favorevole sulla decisione di renderle pubbliche. Le carte erano entrate in possesso del Congresso a tre anni dalla prima richiesta e dopo una sentenza della Corte Suprema.
Le dichiarazioni dei redditi danno poi qualche dettaglio in più sul peso che hanno i patrimoni e i beni che Trump ereditò dalla sua famiglia, ridimensionando in parte la sua immagine di imprenditore di successo che si è fatto da solo. Un esempio sono i suoi guadagni del 2018: dei 24 milioni di reddito imponibile dichiarato quell’anno, circa 14 derivavano dalla vendita di un complesso abitativo di Brooklyn acquistato dal padre con un investimento negli anni Settanta.
Tra le altre cose, i documenti mostrano anche quanto alcune misure fiscali introdotte dalla stessa amministrazione Trump non siano andate a suo favore. Nel 2017, per esempio, fu approvata una legge che limitava in modo significativo le detrazioni su alcuni tipi di tasse statali e locali. Nell’anno successivo Trump beneficiò di detrazioni per circa 10mila dollari su questo tipo di tasse, una cifra molto minore rispetto ai circa 5 milioni del 2016 e del 2017.