Nel 2022 84 persone si sono uccise in carcere
Con ogni probabilità i suicidi non erano mai stati così tanti: molte erano appena entrate o avevano pochi mesi da scontare
Nel 2022 all’interno delle carceri italiane si sono suicidati 84 persone detenute: 78 di loro erano uomini, cinque donne (le donne sono circa il 5% della popolazione carceraria). Il dato è aggiornato al 30 dicembre. È il numero più alto di suicidi in carcere in Italia da quando questi dati sono organizzati a livello nazionale, cioè dal 2000: ma quelli disponibili sugli anni Novanta, uniti al fatto che prima ancora la popolazione carceraria era significativamente inferiore, suggeriscono che con ogni probabilità non erano mai stati così tanti.
Nel 2021 i suicidi erano stati 58, nel 2020 61. Dieci anni fa si suicidarono 60 detenuti, 24 in meno rispetto a oggi eppure allora la popolazione carceraria era molto più numerosa: nel 2012 i detenuti in media erano stati 66.528, nel 2022 54.841.
Ha detto Mauro Palma, presidente del Garante nazionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale: «Le scelte soggettive vanno anche rispettate nella loro non univoca e difficile leggibilità; resta la responsabilità che è in capo a chi amministra e gestisce la privazione della libertà di una persona di tutelare al massimo la sua vita e la sua integrità fisica e psichica».
L’ultimo in ordine di tempo a essersi ucciso è stato Adolfo Latifaj, 20 anni, italo albanese. Si è impiccato nella sua cella del carcere di Pavia Torre del Gallo. Ha detto don Dario Crotti, cappellano del carcere: «era un detenuto molto fragile. Me lo avevano segnalato gli agenti di polizia penitenziaria e gli avevo parlato. Purtroppo non è stato sufficiente».
Il 22 dicembre si è suicidato impiccandosi nella sua cella nel carcere di Lanciano, in provincia di Chieti, Giovanni Carbone. Era stato arrestato tre giorni prima con l’accusa di aver ucciso, a colpi di pistola, la compagna Eliana Maiori Caratella. Ruggero Di Giovanni, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Uilpa dell’Abruzzo, ha denunciato il fatto che nell’intero piano detentivo dove si trovava Carbone, composto da due sezioni, era in servizio un solo agente. «Tanto per dare qualche numero, quel piano detentivo è composto da due sezioni, una con circa 50 detenuti alta sicurezza che richiedono, a causa della tipologia di reati, un’attenzione maggiore e costante; la sezione adiacente invece vede la presenza costante di circa 20 detenuti cosiddetti “nuovi giunti”, ovvero detenuti appena arrestati e sottoposti a “grande sorveglianza precauzionale” proprio per prevenire gesti autolesionistici». I gesti di autolesionismo sono infatti frequenti tra i “nuovi giunti” appena arrivati in carcere.
Il 20 dicembre nel carcere romano di Rebibbia si è ucciso un cittadino bangladese di 30 anni, di cui non è stato rivelato il nome. Si è impiccato nella propria cella: era stato condannato a due anni per concorso in rapina, sarebbe stato libero a luglio.
Lo stesso giorno, nel carcere di Bergamo, è morto un detenuto di 49 anni di cui sono state comunicate le iniziali, F.C. È morto per avere inalato gas dalla bombola tenuta in cella per cucinare. Non si sa se si sia trattato di un suicidio deliberato o di un incidente: la pratica di inalare gas come sostituto di sostanze stupefacenti è infatti diffusa nelle carceri. Il 13 dicembre, nel carcere di Poggioreale a Napoli, si è ucciso impiccandosi Francesco Terracciano, 30 anni, detenuto per reati di droga.
L’elenco a ritroso è lunghissimo: dal 2012 al 2022 i suicidi in carcere sono stati 615; dal 2000 sono stati 1.308. Disse nel 2010 l’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio, nel libro In attesa di giustizia scritto con Giuliano Pisapia: «il sistema carcerario è incompatibile con la rieducazione, perché troppo brutale. Le sue strutture edilizie e le condizioni inumane sono al limite della tolleranza, sono una vergogna della nostra pretesa giuridica». A fine ottobre, da poco insediatosi, Nordio parlò dei suicidi in carcere definendoli «una drammatica emergenza, una dolorosa sconfitta per ciascuno di noi e la conferma della necessità di occuparci da vicino del mondo penitenziario (…). Il carcere per me è una priorità assoluta: riconosco il grande impegno di chi mi ha preceduto e dell’amministrazione penitenziaria, che ha diffuso anche una circolare specifica sul tema dei suicidi. Molteplici possono essere le cause e i problemi dietro questo drammatico record: le urgenze del carcere – compresa la necessità di rinforzare gli organici di tutto il personale – saranno una delle mie priorità».
Tra le persone detenute che si sono uccise nel 2022, secondo i dati forniti da una relazione del Garante nazionale, 33 erano riconosciute con fragilità personali o sociali, cioè senza fissa dimora o con disagi psichici. Quarantanove persone si sono uccise nei primi sei mesi di detenzione e di queste 21 nei primi tre mesi dall’ingresso nell’istituto. Quindici si sono suicidate nei primi dieci giorni di detenzione, nove nelle prime 24 ore dall’ingresso. Tra le persone che si sono uccise, cinque sarebbero uscite dal carcere entro l’anno in corso e 39 avevano una pena residua inferiore a tre anni. Solo quattro avevano una pena residua superiore ai tre anni e uno solo doveva scontare ancora più di 10 anni.
Secondo quanto è scritto nella relazione del Garante, non sembra quindi contare tanto la durata della pena ancora da scontare o della carcerazione preventiva e nemmeno, forse, le condizioni della pena detentiva. È proprio l’approdo in carcere a essere l’elemento scatenante che spinge al suicidio. Ha detto Daniela de Robert, dell’ufficio della autorità del Garante, al sito Interris: «Il rapporto di quest’anno evidenzia innanzitutto un record negativo: negli ultimi 10 anni non ci sono mai stati così tanti suicidi (…). I dati più salienti riguardano la durata della pena: 49 persone si sono uccise nei primi mesi di detenzione; 15 di questi nei primi giorni; 9 addirittura nelle prime 24 ore. Alcuni non avevano fatto in tempo neppure ad essere immatricolati perché si sono uccisi subito. Non è il sovraffollamento o il carcere degradato a spingere le persone a gesti estremi, ma la disperazione: quella sensazione terribile di chi entra in carcere e pensa: “da qui non riemergerò mai più”».
Un altro dato molto significativo è l’andamento della media dei suicidi nel corso dell’anno, dagli otto avvenuti a gennaio al minimo dei tre di febbraio, con un picco ad agosto, quando minore è la presenza di volontari e le attività si fermano: 17 suicidi.
Per quanto riguarda la nazionalità, 50 delle persone che si sono uccise erano italiane e 34 straniere (18 di questi erano senza fissa dimora) provenienti da 18 paesi diversi: Albania (5), Tunisia (5), Marocco (5), Algeria (2), Repubblica Dominicana (2), Romania (2), Nigeria (2), Brasile (1), Nuova Guinea (1), Pakistan (1), Cina (1), Croazia (1), Eritrea (1), Gambia (1), Georgia (1), Ghana (1), Siria (1), Bangladesh (1). Nove detenuti erano della fascia d’età tra i 18 e i 25 anni, tre avevano più di 70 anni. Nel 2022 il più anziano tra i detenuti suicidi aveva 83 anni: la fine della sua pena era prevista nel 2030.
Trentotto detenuti che si sono uccisi avevano una condanna definitiva mentre 33 erano in carcerazione preventiva, cioè in attesa del processo. Sette detenuti erano in attesa del processo d’appello mentre cinque erano cosiddetti “misti con definitivo”, cioè avevano una pena definitiva ma anche altri procedimenti in corso (questo dato è aggiornato a fine novembre).
Sessantacinque persone erano state coinvolte in precedenza in cosiddetti “eventi critici”, e cioè avvenimenti che mettono in pericolo la sicurezza delle persone detenute e del personale penitenziario o delle strutture dell’istituto. Ventisei persone avevano già tentato di uccidersi, sette di loro più d’una volta. 23 erano sottoposte alla misura cosiddetta di “grande sorveglianza”, cioè una sorveglianza rafforzata, e 19 lo erano anche al momento del suicidio.
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Le carceri che hanno registrato il maggior numero di suicidi sono state quelle di Foggia, con cinque persone che si sono uccise e una di cui è invece ancora da accertare la causa della morte, quello di Torino alle Vallette, con quattro suicidi e una morte “per causa da accertare”, e di Milano San Vittore, con quattro suicidi. Sono tutte gravemente sovraffollate: il carcere di San Vittore a Milano ha un indice di sovraffollamento del 184,82%, quello di Foggia 160,04% e quello di Torino 136,14%. È un dato significativo, però è anche vero che il carcere dell’Ucciardone, a Palermo, dove ci sono stati tre suicidi, è pieno solo per il 70,59%. Lo stesso vale per quello di Vibo Valentia: due suicidi e il tasso di 94,26%.
Un dato piuttosto significativo è che nel 2022 nel carcere milanese di San Vittore ci sono stati 5.119 eventi critici e 573 atti di autolesionismo; i tentativi di suicidio sono stati 56. Nel carcere di Foggia, che ha una presenza media di 550 detenuti contro i 926 di Milano, gli eventi critici sono stati 1.469, 1.272 gli atti di autolesionismo e 19 i tentativi di suicidio.
Nel decennio tra il 2012 e il 2022 il più alto numero di suicidi si è verificato nel carcere di Poggioreale, a Napoli, dove 11 persone si sono uccise, Cagliari (17 suicidi) e Firenze (17). A Como, dove la presenza media dei detenuti è di 421 persone, cioè più bassa delle altre carceri dove sono avvenuti più suicidi, nell’ultimo decennio si sono uccise 11 persone. I tentativi di suicidio sono stati 171.
Il 68% per cento dei casi di suicidio è avvenuto tra detenuti in sezioni di custodia aperta, mentre il 32% in sezioni di custodia chiusa. Custodia chiusa significa che le cosiddette “camere di pernottamento”, le celle, restano aperte solo per le otto ore previste dal regolamento generale nazionale e la partecipazione ad attività lavorative è prevista solo all’interno della stessa sezione. La custodia aperta invece prevede l’apertura delle camere di pernottamento fino a 14 ore al giorno e la possibilità di partecipare ad attività sportive, lavorative e di formazione anche al di fuori della propria sezione.
Tra le persone che si sono suicidate, 11 avevano patologie psichiatriche diagnosticate. Solo in tre casi il suicidio è avvenuto in sezioni dove le persone potevano essere curate, in un’infermeria o in una Articolazione per la tutela della salute mentale in carcere, una sezione speciale con servizi di assistenza rafforzati.
Ha detto ancora Daniela de Robert: «È il vuoto a caratterizzare ancora troppe carceri italiane: la dimensione di un tempo che scorre inutilmente semplicemente sottratto alla vita che non riesce a diventare un’opportunità di crescita di cambiamento, e poi reinserimento costruttivo per i detenuti, come ci chiede la Costituzione».
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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.