Un anno di prime volte per lo sport africano
Il risultato più importante è anche il più recente, quello del Marocco ai Mondiali, ma anche nel ciclismo e nel tennis c'è chi ha fatto meglio di sempre
Nello sport, il 2022 è stato un anno significativo per l’Africa, con molti ottimi risultati e alcune rilevanti prime volte. Quella che più sarà ricordata è con tutta probabilità la più recente: l’arrivo del Marocco fino alla semifinale dei Mondiali di calcio, una cosa mai riuscita prima a una nazionale africana. Prima ancora, ma sempre quest’anno, l’Africa aveva ottenuto notevoli prime volte con il ciclista eritreo Biniam Girmay e la tennista tunisina Ons Jabeur. Il 2022 è stato poi un anno in cui il Kenya ha fatto ancora meglio del solito nelle maratone: tra gli altri, Eliud Kipchoge ha migliorato di nuovo il suo record mondiale.
Sono storie diverse, collettive o personali, in parte frutto di singoli talenti e in parte conseguenza di anni di investimenti e preparazione, ognuna legata a suo modo al contesto di un paese specifico all’interno di un continente con oltre 50 stati e in cui vive quasi un miliardo e mezzo di persone. Più che per altri continenti, ognuno di questi risultati è stato però spesso raccontato come un traguardo anzitutto continentale.
Prima dei Mondiali di calcio già si considerava improbabile che il Marocco, capitato nello stesso girone di Belgio e Croazia, riuscisse ad arrivare agli ottavi di finale. Invece ci è addirittura arrivato da primo nel suo girone, per poi battere Spagna e Portogallo e perdendo poi contro la Francia in semifinale, comunque dopo un’ottima partita.
L’arrivo del Marocco in semifinale è significativo anche se si pensa che fino a cinquant’anni fa solo una squadra africana, l’Egitto, si era qualificata ai Mondiali. Dopo aver dovuto rinunciare ai Mondiali del 1930, i primi, organizzati in Uruguay, avendo perso la nave per il Sudamerica, nel 1934 l’Egitto giocò una sola partita, che perse contro l’Ungheria.
Il secondo paese africano ad arrivare ai Mondiali di calcio fu, nel 1970, il Marocco, seguito nel 1974 dallo Zaire, la cui nazionale non segnò nemmeno un gol e la cui storia è ricordata soprattutto per vicende legate alla dittatura di Mobutu. La prima squadra a superare la fase a gironi fu il Marocco, nel 1986, la prima ad arrivare ai quarti di finale fu il Camerun ai Mondiali italiani del 1990, un risultato che prima del Marocco erano riuscite a replicare solo le nazionali di Senegal e Ghana, nel 2002 e nel 2010.
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Non è però solo per quanto fatto dal Marocco che The Athletic ha parlato degli ultimi Mondiali come dei «migliori di sempre» per l’Africa. I Mondiali in Qatar sono stati infatti anche i primi nella storia in cui tutte e cinque le squadre africane qualificate (Marocco, Tunisia, Camerun, Ghana e Senegal) hanno vinto almeno una partita. Era inoltre la prima volta che tutte le squadre africane ai Mondiali avevano un allenatore del loro paese e non, come quasi sempre accadeva in passato, europeo.
Fuori dai Mondiali, altri segnali molto positivi per il calcio africano stanno nel fatto che tra i migliori giocatori al mondo ci siano il senegalese Sadio Mané e l’egiziano Mohamed Salah, compagni di squadra al Liverpool fino a giugno scorso e rispettivamente secondo e quinto nell’ultima classifica del Pallone d’Oro, il più importante trofeo individuale del calcio mondiale.
Così come il Marocco del calcio, anche la ventottenne tennista tunisina Ons Jabeur non ha vinto ma ci è arrivata comunque vicina, e più avanti di ogni altra tennista africana prima di lei. Nel 2022, per distacco il miglior anno della sua carriera, Jabeur è arrivata in finale sia agli US Open che a Wimbledon, due tornei del Grande Slam. Oltre che per i risultati, Jabeur si è fatta notare anche per uno stile di gioco spettacolare e efficace che riesce a essere al contempo fantasioso, elegante e raffinato, un po’ alla Roger Federer.
Jabeur, che è al secondo posto nella classifica mondiale WTA, deve fare i conti con la ventunenne Iga Swiatek, che per buona parte dell’anno è sembrata quasi non avere rivali e che è da poco stata votata come sportiva dell’anno, davanti all’astista Armand Duplantis e al pilota di Formula 1 Max Verstappen, in un premio assegnato da una giuria composta dai giornalisti di 27 agenzie di stampa europee. Per Jabeur sarà molto dura tenere testa a Swiatek, ma è considerata la tennista meglio attrezzata per provarci.
Nemmeno Biniam Girmay, ciclista eritreo di ventidue anni, ha vinto le corse più importanti in assoluto. Nel 2022 è riuscito però a fare meglio di ogni altro ciclista africano prima di lui. Girmay, che corre per una squadra belga, ha vinto infatti la Gand-Wevelgem, una corsa fiamminga sul pavé, tra le cosiddette Classiche del nord. L’ha vinta al debutto, senza aver fatto prima specifiche ricognizioni tecniche e raccontando in seguito di non avere nemmeno particolare familiarità con il pavé. Girmay ha vinto poi anche una tappa al Giro d’Italia, dopo la quale aveva dovuto ritirarsi perché nel festeggiare sul podio la vittoria il tappo dello spumante gli aveva colpito un occhio.
Girmay è un corridore ancora molto giovane che però ha dimostrato di potere essere piuttosto duttile e in grado di giocarsela con i migliori (nello specifico con corridori come Wout van Aert e Mathieu van der Poel) su terreni e con arrivi di vario genere. È un ciclista di talento non comune, ma sono comunque già alcuni anni che l’Eritrea, un paese dalla grande tradizione nelle gare di fondo dell’atletica leggera, sta emergendo nel ciclismo africano con alcuni suoi ciclisti che ogni anno arrivano a gareggiare anche in Europa. Forse ancor più di Jabeur, anche per Girmay ogni vittoria è (e sarà) amplificata dal fatto che si trova a gareggiare in un periodo in cui, nel suo sport, il livello è altissimo.
È invece il migliore in assoluto in quello che fa, secondo diversi parametri addirittura il migliore di sempre a farlo, il trentottenne keniano Eliud Kipchoge, che a settembre, a Berlino, ha corso i 42,195 chilometri della maratona in due ore, 1 minuto e 9 secondi: trenta secondi in meno rispetto al suo precedente record stabilito nel 2018.
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Anche grazie a Kipchoge (vincitore quest’anno pure della maratona di Tokyo), nel 2022 il Kenya ha vinto, a livello maschile, tutte le sei principali maratone al mondo: oltre a Tokyo e Berlino, anche Boston, Londra, Chicago e New York. Il successo sportivo è stato però accompagnato da controversie e sospetti relativi all’aumento dei casi di doping riscontrati tra atleti keniani. Sempre per stare nell’atletica, nel 2022 la nigeriana Tobi Amusan ha fatto un nuovo record mondiale sui 100 ostacoli e l’etiope Yalemzerf Yehualaw quello dei 10mila metri.
Per il futuro, tra i possibili obiettivi di Kipchoge ci sono le vittorie alle maratone di Boston e New York (le uniche importanti che gli mancano), la vittoria della maratona olimpica di Parigi (sarebbe la terza, cosa mai fatta prima) e perfino un nuovo tentativo di abbassamento del record del mondo, magari per correre una maratona in meno di due ore, una cosa che Kipchoge ha già fatto, sebbene in condizioni particolari e per questo non considerate uguali a quelle delle gare ufficiali.
Per Girmay, l’obiettivo è di vincere una delle cinque Classiche monumento, a cominciare dalla prima in programma nel 2023: la Milano-Sanremo, che a quanto raccontato da Girmay è – insieme con la Parigi-Roubaix – l’unica corsa di un giorno trasmessa dalla televisione eritrea. Per il 2023 Jabeur ha detto di puntare a vincere uno Slam e di voler prendere il posto di Swiatek in testa alla classifica mondiale WTA.
Intanto, già si sa che nel 2025 il Ruanda ospiterà i Mondiali di ciclismo, i primi in Africa, e che Dakar, la capitale del Senegal, ospiterà nel 2026 le Olimpiadi giovanili. Il Marocco è inoltre tra i paesi candidati per ospitare i Mondiali di calcio del 2030, dopo che già in passato ci aveva provato diverse volte senza però mai riuscirci.