Come leggono le persone che non vedono
Principalmente con i sintetizzatori vocali e i dispositivi che traducono i testi digitali in braille, e lo fanno di più rispetto a chi legge con gli occhi
Nel 2021 le persone che in Italia hanno letto almeno un libro sono state il 40,8 per cento della popolazione che sa leggere, secondo i dati dell’Istat, quindi meno della metà. È un dato che fa una certa impressione se confrontato con quello delle persone cieche e ipovedenti che leggono almeno un libro all’anno: secondo un’indagine condotta una decina di anni fa, la percentuale sale al 59,1 per cento.
Questo dato era stato ottenuto nel 2011 intervistando 1.505 persone per un’indagine commissionata dall’Associazione Italiana Editori (AIE) e dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI). Non esistono stime più recenti, ma una cosa è certa: nel frattempo la lettura è diventata più facile per le persone che non vedono, per due ragioni. La prima è che a differenza di allora oggi esiste un ente che garantisce che una buona parte dei nuovi libri pubblicati in Italia siano accessibili anche per ciechi e ipovedenti attraverso gli ebook. La seconda è che contemporaneamente sono migliorati e sono diventati più economici gli strumenti tecnologici usati per leggere dalle persone che non vedono. Entrambi questi cambiamenti sono legati ai formati digitali, che oggi sono quelli più usati.
In generale, ci sono diversi modi di leggere praticabili dalle persone cieche e ipovedenti. «Ognuno si adatta al meglio a quello che preferisce e a quello che può usare», spiega il presidente dell’UICI Mario Barbuto.
I vari formati esistenti si distinguono prima di tutto sulla base del senso usato per leggere, che può essere il tatto, l’udito ma anche la vista. «Oggi fortunatamente il tasso di ipovisione è maggiore del tasso di cecità assoluta, circa il 70-75 per cento delle persone con disabilità visiva ha un residuo di vista, e quindi l’ingrandimento di caratteri è molto usato». In molte biblioteche si possono trovare libri stampati su carta con i caratteri ingranditi, ma le persone ipovedenti oggi leggono con la vista anche gli ebook, dato che nei libri digitali si possono regolare sia la dimensione dei caratteri che i colori e i contrasti di testo e sfondo.
Questa caratteristica tecnica è la prima tra quelle che rendono un ebook accessibile secondo i criteri della Fondazione LIA, l’ente costituito dall’AIE e dall’UICI che dal 2014 certifica quali ebook italiani siano effettivamente fruibili da varie persone con disabilità e cura un catalogo aggiornato che li segnala: la sua istituzione, originata nel 2011 da un progetto dell’AIE e del ministero per i Beni e le Attività culturali, è stata uno dei due grandi cambiamenti che nell’ultimo decennio hanno migliorato le esperienze di lettura per chi non vede.
Gli ebook certificati dalla fondazione non sono accessibili solo dalle persone ipovedenti che usano l’ingrandimento di caratteri, ma anche da chi non può usare la vista per leggere. Gli ebook accessibili infatti possono essere letti anche con l’udito, usando strumenti di sintesi vocale che leggono i testi digitali “ad alta voce”, oppure con il tatto, grazie ai terminali braille: sono dispositivi elettro-meccanici simili a tastiere che si possono collegare a computer, tablet e smartphone, e che convertono i file di testo digitali – anche le pagine di siti internet come questa – in caratteri braille.
Sui terminali è presente una riga di celle, composte da otto buchi disposti su due colonne e quattro righe. I caratteri compaiono grazie al sollevamento di alcuni punti attraverso tali buchi, meccanismo che è reso possibile dalle proprietà piezoelettriche di alcuni cristalli, che si espandono quando gli viene applicata una tensione, e quindi a un dato segnale possono far sollevare una leva, e quindi un punto. Una riga di celle sul terminale può ospitare un numero di caratteri che varia a seconda delle dimensioni del dispositivo: sono 14 in quelli più piccoli e tascabili, ma possono arrivare fino a 80.
L’altro grande cambiamento riguarda proprio i terminali braille: negli ultimi vent’anni sono diventati sempre più funzionali ed economici e per questo si sono molto diffusi.
«I primi sono della metà degli anni Ottanta, in Italia di fine anni Ottanta, ma allora i prezzi erano molto alti e gli apparecchi avevano una certa delicatezza», racconta Barbuto. «Hanno ancora un costo elevato, ma si è abbassato di molto: quelli più confortevoli per l’uso con i cellulari hanno un costo intorno ai 1.000 euro, quelli più diffusi, che permettono di leggere 20 caratteri alla volta, costano circa 1.500 euro o qualcosa in più, e quelli da 30 a 40 caratteri, che sono grandi più o meno come una grossa barra di torrone, costano 3-4mila euro e possono pesare fino a 800 grammi».
A usare questi dispositivi sono quasi tutte le persone che conoscono il braille, che sono il 25-30 per cento dei ciechi assoluti, quelli che già da bambini non vedevano; secondo Barbuto solo i lettori del braille più anziani, sopra gli ottant’anni, non usano questi strumenti. Leggere il braille con i terminali è infatti molto più comodo e facile rispetto alla lettura dei libri di carta in braille, che pure esistono ancora e sono fondamentali per imparare a leggere in braille da bambini.
Da un lato per questioni di spazio e maneggevolezza: i libri di carta in braille sono molto grossi, sia perché sono fatti con una carta particolarmente spessa, sia perché i caratteri in braille occupano più spazio delle lettere dell’alfabeto. Per fare un esempio, il romanzo per ragazzi Harry Potter e la pietra filosofale, che in edizione tascabile è lungo 320 pagine, nella versione in braille occupa 4 volumi per un totale di 521 pagine. Per questa ragione di spazio generalmente le persone cieche, anche se amanti della lettura, non hanno grandi collezioni di libri di carta a casa: i volumi in braille vengono più comunemente presi in prestito nelle biblioteche specializzate, come la Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita” di Monza, la più grande in Italia, che sono anche gli enti che li producono.
Leggere ebook con un terminale braille è più comodo anche perché il braille digitale si legge più velocemente di quello cartaceo.
Per capire perché bisogna tenere conto che i caratteri del braille originale sono fatti a partire da celle di sei punti, disposti su due colonne e tre righe, mentre il braille digitale da celle di otto punti. Il maggior numero di punti del secondo sistema permette di creare un numero molto maggiore di combinazioni, e quindi di caratteri: per questo nel braille digitale esistono caratteri specifici non solo per ogni lettera minuscola dell’alfabeto, ma anche per ogni lettera maiuscola. Nel braille tradizionale chi legge è avvisato che la lettera successiva sarà maiuscola da un segno apposito, il “segno di maiuscola”, quindi servono due segni per ogni maiuscola.
Sempre nel braille tradizionale non ci sono abbastanza segni diversi perché ogni cifra ne abbia uno: per questo le cifre da 1 a 9 vengono fatte con gli stessi segni delle lettere da “a” a “i” facendoli precedere da un “segnanumero” (lo 0 corrisponde al segno per la “j” preceduto dal segnanumero). Nel braille digitale il segnanumero non serve e c’è un unico segno per ogni cifra, cosa che a sua volta accorcia i testi in braille.
La lettura in braille è probabilmente quella che si avvicina di più alla lettura con gli occhi delle persone vedenti, in termini di immersione nel testo, ma è più lenta: anche sulle righe di celle dei terminali braille più grandi non si riesce a far stare un’intera riga di questo articolo nella visualizzazione da smartphone. Il braille digitale in questo senso ha ulteriormente avvicinato le due esperienze.
È poi molto comune un metodo di lettura che passa attraverso il tatto e l’udito insieme. Sempre grazie agli strumenti digitali infatti si può leggere con le dita usando un terminale braille e contemporaneamente ascoltare lo stesso testo riprodotto con una sintesi vocale. Barbuto spiega che agli studenti delle superiori che cominciano a usare il braille digitale si raccomanda «spesso di usare in combinazione i due sistemi: non si escludono a vicenda, ma si integrano nel modo migliore».
In generale i formati più usati dalla maggior parte delle persone che non ci vedono sono proprio quelli audio, che si tratti di lettura con la sintesi vocale o di ascolto di audiolibri, le registrazioni di letture ad alta voce di altre persone. «La lettura diretta è molto meglio di quella passiva, quindi il braille, per chi lo conosce, è sicuramente preferibile, ma molte persone perdono la vista in età adulta, se non addirittura avanzata, e difficilmente lo imparano», continua Barbuto.
La sintesi vocale è anche il formato più comodo perché si può usare con qualsiasi testo e in qualsiasi momento semplicemente avendo uno smartphone e app dedicate (un esempio è Voice Dream), per questo è preferita anche da alcune persone che leggono il braille. Permette una lettura più rapida anche a chi legge in braille: «Un bravo lettore di braille riesce a leggere 100-150 parole al minuto, quando si ascolta si leggono almeno 200 parole al minuto». A maggior ragione se si usa la modalità accelerata, a cui le persone cieche e ipovedenti sono molto abituate. «Ha ancora un certo grado di inespressività, ma è una tecnologia molto migliorata, la qualità della voce sintetica è ormai vicina a quella della voce umana», spiega sempre Barbuto citando un’ulteriore innovazione significativa.
Per le letture di piacere, cioè per la narrativa e la letteratura, sono preferibili gli audiolibri, che l’UICI produce fin dal 1957 con il suo Centro del Libro Parlato, sostenuto economicamente dallo stato. Il suo catalogo ha più di 20mila titoli, che possono essere ascoltati gratuitamente dalle persone cieche e ipovedenti: in parte sono stati registrati da lettori professionisti, ma perlopiù da volontari (chiunque può candidarsi). Da quando esistono le piattaforme di audiolibri in streaming, che offrono tante novità editoriali in questo formato, oggi il Centro produce in particolare quei libri che difficilmente verrebbero registrati: sono scelti in parte in base alle richieste degli utenti, in parte sulla base delle segnalazioni annuali di una commissione di giornalisti e altri addetti ai lavori dell’informazione e della cultura.
La distribuzione gratuita di questi audiolibri è possibile perché esiste una direttiva europea e una relativa legge italiana che prevede una deroga al diritto d’autore a beneficio delle persone con disabilità visive, e vale quando un libro non è già disponibile in un formato accessibile. Per permettere invece una più ampia fruizione delle novità, l’UICI sta dialogando con Audible, la piattaforma di audiolibri di Amazon, per arrivare a uno sconto sugli abbonamenti per chi non vede.
Tornando alla disponibilità di ebook accessibili invece, a sua volta fondamentale per permettere alle persone cieche di leggere, oggi il catalogo della Fondazione LIA comprende più di 30mila titoli.
Oltre all’AIE, all’UICI, alla Biblioteca di Monza e all’Associazione Italiana Dislessia (AID), sono socie della fondazione molte case editrici italiane. «Tra l’80 e il 100 per cento dei nuovi libri degli editori che sono nostri soci sono immediatamente disponibili anche in formato accessibile», dice Elisa Molinari, project manager della Fondazione Lia, notando che anche solo rispetto agli anni Novanta il numero di libri disponibili è aumentato tantissimo: «Un nostro collega trentenne ci ha raccontato che a 7 anni doveva leggere Moby Dick e altri classici lunghi e difficili perché non c’erano tante alternative».
Entro la metà del 2025 tutti gli ebook pubblicati in Italia dovranno essere accessibili: lo stabilisce il decreto legislativo n. 82 del 27 maggio di quest’anno, emesso per recepire la direttiva dell’Unione Europea del 2019 nota come European accessibility act. Ci vorrà sicuramente più tempo però per arrivare a una accessibilità più completa per alcuni tipi di libri particolarmente importanti, cioè i testi scolastici e universitari. Oggi vengono generalmente realizzati su richiesta dai servizi per la disabilità delle università, contattando gli editori per avere una versione digitale che poi viene resa accessibile: non è una cosa immediata perché le versioni per la stampa cartacea hanno varie caratteristiche che complicano la lettura con terminale o l’ascolto con la sintesi. Lo stesso servizio può anche essere richiesto alla Biblioteca di Monza, che si occupa di creare versioni completamente accessibili.