Si è infine risolta la questione delle nomine al Tribunale costituzionale spagnolo
Aveva creato una grave crisi istituzionale: ora il Tribunale avrà una maggioranza di orientamento progressista
Il Consiglio generale del potere giudiziario spagnolo (CGPJ), cioè l’organo di garanzia della magistratura, ha deciso ieri pomeriggio, durante una seduta plenaria straordinaria, di eleggere i due giudici del Tribunale costituzionale spagnolo di cui fino a ora, con il sostegno del Partito popolare (PP, il principale partito di centrodestra, attualmente all’opposizione del governo del socialista Pedro Sánchez) aveva ritardato la nomina. Si è così sbloccata una situazione ferma da giugno, e che aveva causato una gravissima crisi istituzionale. Ora il Tribunale avrà una maggioranza di orientamento progressista.
Finora, l’equilibrio di potere all’interno del CGPJ (con otto membri progressisti e dieci conservatori) aveva reso molto complicato un accordo. Ieri, infine, i membri del CGPJ hanno eletto all’unanimità in seconda votazione César Tolosa e María Luisa Segoviano, giudici che erano stati entrambi proposti dall’ala conservatrice dell’organo di garanzia. L’ala progressista li ha però votati, rinunciando al proprio candidato. E l’ha fatto, secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo El País, per «senso istituzionale» e «esercizio di responsabilità». Il compromesso è stato comunque reso possibile dal fatto che Tolosa è di orientamento conservatore, ma è un moderato, e che Segoviano, pur non essendo la prima scelta del settore progressista, è di tendenze progressiste e molto stimata.
Grazie a questo compromesso, il CGPJ darà a sua volta il via libera al processo che consentirà al governo di rinnovare l’orientamento del Tribunale costituzionale, l’equivalente della nostra Corte costituzionale, che passerà dall’avere una maggioranza conservatrice ad averne una progressista grazie a nuove nomine del governo guidato dal Partito Socialista. Dopo l’insediamento del nuovo Tribunale, dovrà essere eletto anche il presidente.
Il rinnovo del Tribunale costituzionale era bloccato da giugno, da quando era terminato il mandato di quattro giudici, tre dei quali di orientamento conservatore: da allora non era stato trovato un accordo per rinnovare le cariche scadute, cosa che si sarebbe dovuta fare entro la metà di settembre. Dei quattro giudici il cui mandato era scaduto, infatti, due dovevano essere nominati dal governo, e due dal CGPJ. Il governo aveva nominato i propri giudici il 29 novembre, ma il Tribunale si era rifiutato di consentire loro di entrare in carica senza che il CGPJ, la cui maggioranza è fedele ai conservatori, scegliesse i propri due, avanzando dubbi sulla legittimità di un rinnovo parziale.
Dei 20 membri che compongono il CGPJ, otto sono di nomina parlamentare, e il governo avrebbe potuto cambiarli per modificare l’orientamento del Consiglio: ma era necessario che i tre quinti del parlamento approvasse i nuovi candidati per poterli rinnovare ed era quindi necessario anche il voto del PP.
Dopo mesi di trattative e di scontri, nelle ultime settimane il governo Sánchez aveva deciso di forzare la situazione e aveva presentato una proposta di legge che prevedeva che non fossero più necessari i tre quinti del parlamento per nominare nuovi membri del CGPJ (che a loro volta avrebbero dovuto nominare i due nuovi giudici del Tribunale) ma che fosse sufficiente una maggioranza semplice.
La riforma era stata però accorpata dal governo ad altre proposte non attinenti, alcune delle quali avrebbero avvantaggiato gli indipendentisti catalani accusati di sedizione e ribellione dopo l’organizzazione del referendum del 2017. Facendo leva su questo il PP, contrario a ogni forma di clemenza e pacificazione nei confronti dell’indipendentismo catalano e contrario al cambio di orientamento del Tribunale, aveva presentato un ricorso al Tribunale stesso contro la proposta dei Socialisti che, nel frattempo, era stata approvata alla Camera dei deputati. Il testo sarebbe dovuto passare al Senato per la discussione e l’approvazione definitiva, ma il Tribunale (con una decisione inedita e molto contestata) aveva accolto il ricorso del PP e aveva di fatto impedito l’iter parlamentare della riforma.
Il governo aveva allora attivato un piano alternativo per presentare al più presto un nuovo disegno di legge, ma promosso stavolta dai gruppi parlamentari in modo da essere gestito in modo più rapido. I conservatori, sia all’interno del CGPJ che dell’opposizione, ha scritto il quotidiano La Vanguardia, sapevano dunque che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che il governo arrivasse a una soluzione e hanno quindi facilitato un compromesso sulle nomine.
Il governo ha commentato positivamente il risultato della votazione del CGPJ: «È quello che aspettavamo da mesi e quello che la legge imponeva da settembre. Nonostante il ritardo e il blocco causato dal PP, oggi il CGPJ ha adempiuto ai propri obblighi, alla legge e alla Costituzione», è stato scritto in un comunicato stampa. E ancora: «I due magistrati nominati sono, come è sempre accaduto per le nomine del CGPJ, uno di sensibilità conservatrice e l’altra di sensibilità progressista».
Il PP ha a sua volta reagito alle nomine dei due nuovi giudici costituzionali facendole passare per un successo del settore conservatore e per un fallimento del governo. Il governo non avrà comunque ora bisogno di ripresentare un’iniziativa parlamentare per riformare il sistema di elezione dei magistrati.