Il profilo Twitter che ha diffuso le notizie sulle proteste in Cina
È di un artista cinese che vive in Italia e ha condiviso migliaia di video e testimonianze, aggirando la censura
Durante le eccezionali proteste contro la strategia “zero COVID” che ci sono state in Cina a fine novembre, uno degli account Twitter più seguiti e ricchi di notizie e informazioni era quello di Li Ying, un artista cinese che vive in Italia. L’account ha raccolto migliaia di video e testimonianze arrivate da decine di città cinesi, aggirando la censura del regime che governa il paese. Li Ying è originario della provincia orientale di Anhui ma vive a Milano: come hanno raccontato tra gli altri il Washington Post e CNN, il suo profilo è stato fondamentale per conoscere, analizzare e capire le proteste.
Li ha 30 anni e si è trasferito in Italia nel 2015 per ragioni di studio. Si è fatto notare da giornalisti, attivisti e analisti in particolare lo scorso novembre per aver condiviso moltissime immagini e notizie relative alle proteste contro le restrizioni pandemiche, comprese quelle dei dipendenti dell’azienda che assembla gli iPhone a Zhengzhou. Nel giro di due settimane a fine novembre il suo account era passato da circa 190mila follower a più di 800mila soprattutto grazie alle testimonianze delle proteste di massa che si erano sviluppate a Shanghai e in decine di altre città cinesi, e che sono state un evento piuttosto eccezionale per il regime.
L’account di Li su Twitter – che è in cinese, si chiama “L’insegnante Li non è il tuo insegnante” e oggi ha oltre 860mila follower – è diventato uno di quelli più seguiti e considerati più attendibili per analizzare le informazioni sulle proteste. Durante le proteste, Li ha fatto soprattutto da tramite tra le sue fonti cinesi e il pubblico occidentale e non solo: riceveva video dalla Cina e li ripubblicava su Twitter, che in Cina è inaccessibile alla maggior parte delle persone. Il lavoro di Li è stato particolarmente prezioso per giornalisti e analisti perché non si limitava a ripubblicare i video che riceveva dalla Cina, ma si occupava di verificare, contestualizzare e descrivere ogni contenuto, cosa che lo ha reso una fonte ritenuta generalmente affidabile.
Alcuni suoi post sono stati ripresi dalle tv internazionali per raccontare quello che stava succedendo, riuscendo ad avere un’influenza che lui stesso ha definito «oltre ogni immaginazione». Li è poi stato contattato e intervistato da altri giornalisti, anche in Italia.
Il nome utente del profilo (@whyyoutouzhele) fa riferimento a un’espressione usata sui social media cinesi in modo sarcastico per criticare la strategia “zero COVID”: deriva da un commento del portavoce del ministero degli Esteri cinese, che l’anno scorso aveva detto che i giornalisti stranieri avrebbero dovuto «compiacersi tra sé e sé» (“touzhele”) per il fatto di essere riusciti a vivere in tranquillità in Cina durante la pandemia. Oltre ad aggirare la censura cinese permette di diffondere in forma anonima le testimonianze di migliaia di persone e di tutelarle da possibili ripercussioni: di norma rischierebbero di essere arrestate e incarcerate per via della rigida repressione.
济南历下区 城基中心 天阶泓都国际小区
此刻 ,民众正在与防疫人员发生冲突 pic.twitter.com/dSW4Z5DuzN— 李老师不是你老师 (@whyyoutouzhele) November 29, 2022
Un gruppo di persone protesta contro gli addetti al controllo dell’epidemia nel distretto di Lixia, nella Cina orientale
Li aveva cominciato a pubblicare brevi post divertenti su questioni non politiche un po’ per caso sul social network cinese Weibo, dove aveva attirato l’attenzione di altri utenti che avevano iniziato a contattarlo per far pubblicare le proprie storie. A poco a poco era passato ad affrontare temi sociali più complessi, come la tratta delle donne nelle aree rurali della Cina o la persecuzione del governo cinese contro l’etnia musulmana degli uiguri: argomenti che sui social network del paese vengono sistematicamente censurati, e di cui lui parlava su account Weibo diversi che venivano via via bloccati.
Come ha raccontato a CNN, tuttavia, chiuso un profilo su Weibo lui ne riapriva un altro, riguadagnando ogni volta le sue decine di migliaia di follower. Per dare l’idea, all’inizio del 2022 nel giro di due mesi la censura cinese aveva bloccato 52 suoi account. Così aveva cominciato a postare più attivamente sul suo profilo Twitter, una piattaforma che come altri social network in Cina è accessibile solo tramite una VPN, un servizio che consente di aggirare la censura. Su Twitter ha continuato a ricevere e condividere i messaggi girati da altri utenti.
Li ha detto al Washington Post che nei momenti più intensi delle proteste riceveva nella sua casella di posta di Twitter anche 20 o 30 messaggi al secondo. Adesso a causa della repressione del regime e grazie agli allentamenti delle restrizioni annunciati in risposta alle proteste le cose si sono un po’ calmate. Lui comunque dice di trascorrere anche dieci ore al giorno su Twitter per valutare le informazioni che riceve, condividerle e aggiornarle.
今晚 福州大学 因为针对返乡的方案朝令夕改。导致今晚学生聚集在三区操场抗议 pic.twitter.com/cPRG77R63V
— 李老师不是你老师 (@whyyoutouzhele) December 12, 2022
Una protesta degli studenti dell’università di Fuzhou contro l’improvviso cambio dei regolamenti contro il coronavirus
Parlando con CNN, Li ha detto che le persone cinesi «non amano particolarmente la politica, ma la politica si intromette costantemente nelle loro vite». Ha poi aggiunto che molte non si fidano delle leggi, e quindi chiedono aiuto online per fare in modo che le loro storie ottengano un qualche tipo di attenzione. Secondo Li, in questo senso il suo profilo Twitter è diventato «un simbolo del fatto che i cinesi stiano ancora cercando la libertà di parola» e «dimostra il potere di Internet» per la diffusione delle proteste.
Nelle ultime settimane Li è stato accusato dalle autorità cinesi di aver «attaccato lo stato e il Partito Comunista». Ha detto di aver notato vari tentativi di accesso ai suoi profili social e al suo conto corrente online e che alcune delle sue informazioni personali sono state diffuse online. Ha spiegato di aver ricevuto intimidazioni e minacce di morte per via del suo profilo Twitter; inoltre, la polizia è andata varie volte a casa dei suoi genitori in Cina per cercare di convincerli a farlo smettere.
Li non torna in Cina dal 2019 a causa delle restrizioni e dell’aumento dei prezzi dei biglietti aerei. Ha spiegato anche di essere preoccupato per la prossima scadenza del suo passaporto e di temere di andare all’ambasciata cinese in Italia o di dover tornare in Cina per rinnovarlo. Dice però che il suo account su Twitter è «più importante» della sua stessa vita e di non avere intenzione di chiuderlo: ha già fatto piani per affidarlo a un’altra persona nel caso in cui gli succedesse qualcosa, ha detto.
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