Chi era Santo Stefano
E perché viene festeggiato il 26 dicembre il primo martire cristiano, lapidato pochi anni dopo la morte di Gesù
Come accade per il Natale, anche nel giorno di Santo Stefano non si celebra l’anniversario di un evento storico: il 25 dicembre è una data scelta per ricordare la nascita di Gesù e cristianizzare le feste pagane che si celebravano nell’Impero Romano, mentre il 26 dicembre è il giorno di Santo Stefano perché è considerato il protomartire, cioè il primo martire cristiano. La sua storia fu in parte raccontata negli Atti degli Apostoli, un testo contenuto nel Nuovo Testamento.
Stefano era un diacono cristiano che visse a Gerusalemme nel primo secolo d.C. e fu scelto dagli apostoli come primo dei sette diaconi che dovevano provvedere ai bisogni delle persone povere e degli orfani delle comunità cristiane. Stefano divenne presto un predicatore con l’obiettivo di diffondere la religione cristiana e convertire gli ebrei che arrivavano a Gerusalemme. Per questo attirò l’attenzione dei farisei, un gruppo politico e religioso giudaico: condotto al tribunale religioso, il sinedrio, Stefano non ritrattò le sue convinzioni religiose e per questo fu ritenuto colpevole di blasfemia e condannato a morte per lapidazione.
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Il modo in cui i farisei eseguirono la condanna a morte è considerata un’informazione importante per datare gli eventi. Durante l’occupazione romana, infatti, le condanne a morte venivano eseguite per crocifissione. Qualche storico si è azzardato a supporre che questa discrepanza abbia un senso storico: ai tempi di Pilato, il governatore della Giudea nella prima metà del primo secolo d.C., il sinedrio non aveva il diritto di condannare a morte un uomo, quindi Stefano deve essere morto dopo, in un breve periodo di interregno tra un procuratore e l’altro. Pilato venne effettivamente sollevato dall’incarico nel 36 tra le proteste: non per avere ucciso Gesù, ma per avere represso una rivolta nel sangue.
La data è compatibile col racconto degli Atti degli Apostoli, ma non è detto che le cose siano andate così: forse Stefano fu semplicemente vittima di un linciaggio, forse l’intenzione dei sacerdoti non era ucciderlo, e la cosa scappò di mano.
Stefano divenne popolare a partire dal quinto secolo d.C. quando le sue presunte reliquie cominciarono a riempire diverse chiese: il cranio andò alla basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma, tranne qualche frammento che si trova a Putignano, in provincia di Bari. Un braccio alla chiesa romana di Sant’Ivo alla Sapienza, un altro braccio in quella di San Luigi dei Francesi, un altro ancora a Santa Cecilia in Trastevere, uno ancora a Capua, in provincia di Caserta: evidentemente qualche braccio non era suo.
Iacopo da Varazze, vescovo e agiografo che visse nel tredicesimo secolo, sostenne che in un primo momento la ricorrenza di Santo Stefano si festeggiava nello stesso giorno del ritrovamento delle presunte reliquie, il 3 agosto. Poi si decise di spostarla in dicembre, nei giorni in cui si celebrano le persone che secondo la tradizione furono più vicine a Gesù, cioè i martiri, divisi in tre tipologie: San Giovanni evangelista (27 dicembre) è l’esempio di un santo che volle il martirio ma non lo ottenne. I santi innocenti (28 dicembre) forniscono l’esempio contrario: sono santi che non volevano essere martirizzati, ma gli successe comunque. Stefano, il 26 dicembre, rappresenta invece la prima categoria di martiri: quelli che il martirio lo hanno voluto e lo hanno trovato.