A che punto è l’influenza stagionale
Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità il picco potrebbe essere passato, dopo la crescita dei casi avvenuta in anticipo rispetto agli ultimi anni
L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità relativo all’influenza diffuso venerdì ha segnalato una riduzione dei casi di sindrome influenzale. Nella settimana tra il 12 e il 18 dicembre, l’ultima di cui sono disponibili i dati, l’incidenza è stata di 15 casi ogni mille assistiti: è ancora piuttosto alta, ma inferiore rispetto a quella registrata all’inizio di dicembre. I dati mostrano che il picco dei contagi sembra essere stato superato.
I sintomi che consentono di diagnosticare le forme “influenzali o simil-influenzali” sono dati dall’improvviso e rapido insorgere di almeno uno tra i sintomi generali come febbre, malessere o spossatezza, mal di testa, dolori muscolari, e almeno uno tra i sintomi respiratori come tosse, mal di gola, respiro affannoso.
Le stime relative ai casi di influenza vengono fatte dall’Istituto superiore di sanità attraverso un sistema di sorveglianza epidemiologica noto come “InfluNet”, che raccoglie le segnalazioni sui casi riscontrati in Italia e che produce periodicamente rapporti sul loro andamento. I dati sono forniti da oltre mille medici “sentinella”, che indicano quanti dei loro pazienti hanno mostrato sindromi simil-influenzali (ILI), e da 22 laboratori, che analizzano i campioni prelevati dai pazienti e inviati dai medici sentinella per accertare l’eventuale presenza di virus influenzali.
Nelle ultime settimane l’incidenza è stata in calo soprattutto nelle fasce di età pediatrica, anche se comunque ancora elevata, mentre è stabile nei giovani adulti e negli anziani. In cinque regioni – Piemonte, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo – l’incidenza ha superato la soglia di massima intensità.
L’andamento dei casi di influenza è solitamente regolare, come accade per le infezioni virali. Come osservato anche durante le varie ondate di coronavirus, il numero dei casi cresce per via del contagio fino ad arrivare a un picco per poi scendere. Negli ultimi anni la curva dell’incidenza è cresciuta quasi sempre nella prima metà di gennaio per poi raggiungere il picco tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, mentre quest’anno la crescita e il picco sono arrivati in anticipo di qualche settimana.
Il confronto con gli ultimi due anni, tuttavia, va fatto con una serie di accorgimenti perché sono stati anni molto anomali per via della pandemia che ha condizionato in modo significativo le abitudini delle persone e ha avuto effetti anche sull’influenza.
Nel 2020 l’utilizzo delle mascherine, il distanziamento fisico, i locali chiusi, il divieto di assembramenti e le limitazioni agli spostamenti hanno consentito di limitare anche la diffusione dell’influenza stagionale. Lo scorso anno ci sono stati più casi rispetto al 2020 soprattutto per via dell’allentamento delle misure di protezione. Dopo la rimozione degli obblighi decisa dal governo con la fine dell’emergenza, oggi l’utilizzo dei dispositivi di protezione per contenere la diffusione del virus è facoltativo, con conseguenze sulla trasmissione dei contagi non soltanto da coronavirus.
Si tende a considerare l’influenza come un malanno della stagione invernale che non provoca gravi conseguenze se non qualche giorno a letto. In realtà le sindromi influenzali possono essere pericolose e sono tra le principali cause di morte in tutto il mondo.
A seconda degli anni e dei diversi virus in circolazione, nei paesi europei l’influenza causa fino a 50 milioni di casi con sintomi, e si stima che porti alla morte di 15mila-170mila individui. L’incidenza è solitamente più alta tra i bambini, gli anziani e le persone con problemi di salute. Migliaia di individui vengono ricoverati ogni anno per influenza e molti di loro non riescono a sopravvivere all’infezione, a causa delle complicazioni che possono subentrare.