La composizione dei presepi cambia molto da paese a paese
La Biblioteca Mariana dell'Università di Dayton ne ha raccolti oltre 3.600 di diversi tipi per studiare l'intreccio tra cultura e religione
Quella del presepe è una delle tradizioni natalizie più comuni e diffuse al mondo. Le prime rappresentazioni della nascita di Gesù risalgono al 1200, e nel tempo si sono trasformate in una pratica artistica. Oggi alcuni imbastiscono in un angolo della propria casa un piccolo set di figurine che raffigurano Giuseppe, Maria e Gesù bambino, magari in compagnia di un angelo, dei Re Magi o del bue e dell’asinello (anche se non sono presenti in alcun Vangelo e sono in realtà frutto di una cattiva traduzione storica).
Chiese e associazioni locali organizzano enormi presepi viventi che mettono in scena quella che immaginiamo essere stata la vita comune negli anni della nascita di Gesù. E non è raro che, in base al paese in cui viene allestito il presepe, cambino completamente i materiali utilizzati, i tipi di doni che i Re Magi presentano a Gesù o le persone presenti sulla scena.
La Biblioteca Mariana dell’Università di Dayton, negli Stati Uniti, ha raccolto negli anni un archivio di oltre 3.600 presepi diversi per studiare il modo in cui religione e cultura si intrecciano. Nella collezione c’è un presepe brasiliano ambientato in una foresta tropicale, in cui Maria ha le sembianze di una nativa dell’Amazzonia, e uno proveniente dall’Australia in cui uno dei personaggi suona un didgeridoo, strumento a fiato tipico delle popolazioni aborigene. Ci sono piccoli carillon tedeschi, figurine in bronzo dal Camerun o intarsiate nel legno dalla Cina, e poi presepi minimalisti dal Giappone o coloratissimi dalla Thailandia. Ci sono anche parecchi presepi italiani: uno di loro include tra i personaggi San Francesco d’Assisi, considerato l’inventore del presepe.
«Sebbene ogni presepe incorpori un diverso insieme di valori e credenze che circondano la nascita di Cristo, si tratta sempre di prendere i principi della fede, che spesso possono essere idee astratte, e rappresentarli fisicamente. E per molti cristiani, tali tradizioni aiutano a rappresentare le loro convinzioni in un modo particolarmente potente: immaginando Gesù all’interno della propria cultura», hanno scritto la curatrice dell’archivio Kayla Harris e l’esperta di religione Neomi De Anda su The Conversation.
Nei paesi scandinavi, per esempio, non è raro che nel presepe si trovino mostriciattoli e folletti: sono i “tomte” o “nisser”, piccole creature simili a gnomi da giardino, con barbe lunghe e berretti rossi, che nel folklore locale sono associati allo Yule, la celebrazione del solstizio d’inverno risalente all’epoca pre-cristiana. Anche nelle leggende islandesi esistono creature simili, che secondo la tradizione visitano le case dei bambini nei giorni prima di Natale.
In America Latina, invece, è probabile che tra le figurine del presepe ci sia anche il diavolo. «I diavoli alla Natività sono una rappresentazione fisica del male nel mondo, anche in presenza del Cristo bambino. A volte rappresentano specificamente ciò che gli insegnamenti cattolici considerano “i sette peccati capitali”: lussuria, avidità, orgoglio, invidia, gola, accidia e ira», spiega Kayla Harris, curatrice dell’archivio. In altri casi, il diavolo appare come personaggio nelle “pastorelas”, rappresentazioni drammatiche messicane che raccontano il viaggio di un gruppo di pastori che fanno visita a Gesù.
«In queste rappresentazioni della Natività, il diavolo gioca scherzi e mette ostacoli sul cammino dei pastori, cercando di tenerli lontani da Betlemme. Alcune pastorelas sono ambientate in tempi moderni, con il ruolo del diavolo che evidenzia la peccaminosità umana. Ma questi spettacoli si concludono con un messaggio di speranza: l’amore, la pace e la gioia nell’insegnamento della chiesa che Dio si è fatto uomo», dice Harris.