Cosa sappiamo dell’attacco al centro culturale curdo a Parigi
Il sospettato aveva diversi precedenti penali e, durante l'arresto, ha dichiarato di averlo fatto per razzismo
Venerdì mattina verso le undici a Parigi un uomo ha sparato a diversi membri della comunità curda della città, uccidendo tre persone e ferendone altre tre, di cui una gravemente. La sparatoria è avvenuta su rue d’Enghien, nel decimo arrondissement, in una zona nota per le folte comunità di persone turche, siriane e curde che ci abitano e ci lavorano. Dalle prime ricostruzioni è chiaro che il responsabile volesse colpire specificatamente la comunità curda.
Cos’è successo a Parigi
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, basate su testimonianze oculari, l’assassino era armato di pistola e di diversi caricatori e si è inizialmente diretto verso il centro culturale curdo “Ahmet Kaya”, un punto di riferimento per i curdi che vivono a Parigi, dove vengono organizzati spesso eventi culturali, discussioni politiche e si offre aiuto con le procedure di immigrazione a chi vuole trasferirsi in Francia.
Il centro era anche la base operativa del Centro democratico curdo di Francia (CDKF), la principale organizzazione nazionalista curda nel paese, e di un gruppo di simpatizzanti del PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, un’organizzazione politica e paramilitare di estrema sinistra che opera soprattutto in Iraq (la Turchia e i paesi occidentali la considerano un’organizzazione terroristica).
L’assassino ha cominciato a sparare nel Centro culturale, inseguendo anche una delle vittime dopo che aveva provato ad attraversare la strada per rifugiarsi in un ristorante curdo. Ha ucciso due uomini e una donna, poi ha cominciato a percorrere rue d’Enghien e si è introdotto nel negozio di un parrucchiere molto frequentato da curdi. Ha di nuovo cominciato a sparare, ferendo almeno una persona prima che i clienti lo disarmassero e chiamassero la polizia, come mostrato anche in un filmato della telecamera di sorveglianza del parrucchiere.
Tra le vittime c’è Emine Kara, leader del movimento delle donne curde in Francia che aveva combattuto per trent’anni in Turchia, Iraq, Siria e Iran e che aveva partecipato attivamente alla riconquista della città di Rakka – occupata dallo Stato Islamico – da parte delle forze curde. Aveva poi chiesto asilo politico in Francia. Uno dei due uomini è un cantante curdo che aveva ottenuto lo status di rifugiato politico in Francia e che frequentava da tempo il centro culturale. Non si conosce ancora l’identità del terzo uomo ucciso, né dei feriti.
La procura di Parigi ha annunciato l’apertura di un’inchiesta per omicidio e tentato omicidio.
Nel pomeriggio, sul luogo dell’attacco è arrivato il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, che ha tenuto un discorso pubblico per esprimere condoglianze alla comunità curda, pur specificando come non fosse ancora certo che chi ha sparato «lo abbia fatto specificamente per colpire i curdi, ma piuttosto “gli stranieri”» in generale (in realtà le ricostruzioni degli inquirenti hanno poi confermato che l’attacco fosse mirato esplicitamente ai curdi).
Darmanin è noto per aver espresso diverse posizioni contro i musulmani in passato, e durante il suo discorso è montata una certa tensione tra i membri della comunità curda che erano sul posto. Alcuni hanno cominciato a protestare tirando pietre e altri oggetti contro la polizia, che nel frattempo ha caricato i manifestanti e ha usato gas lacrimogeno per disperderli.
Chi è il principale sospettato
La polizia di Parigi ha arrestato un uomo, William M., di 69 anni: secondo la testata francese Le Journal du dimanche, che ha pubblicato un resoconto dettagliato del primo interrogatorio con il sospettato, l’uomo ha dichiarato di averlo fatto «perché sono razzista». Aveva con sé una pistola e vari caricatori.
William M. aveva già ricevuto una pena detentiva di sei anni per “detenzione vietata di armi di categoria A, B e C” nel 2017, poi sospesa. Nel giugno 2022 era stato condannato a dodici mesi di reclusione per atti di violenza con armi commessi nel 2016: il procedimento è tuttora in corso.
Più recentemente, nel dicembre 2021, aveva distrutto a colpi di sciabola diverse tende in un accampamento di migranti di Parigi, abitato principalmente da uomini sudanesi, ferendo due persone. In quel caso era stato incriminato per “violenza con un’arma, premeditata e di natura razzista”. Era in custodia cautelare da quasi un anno, ma era stato rilasciato il 12 dicembre e posto sotto controllo giudiziario con divieto di uscire dal territorio e di portare armi. La scarcerazione era stata obbligata dal sopraggiungere del termine del periodo massimo di custodia cautelare di un anno previsto dalla legge.
La procuratrice generale di Parigi Laure Beccuau ha dichiarato che le indagini terranno conto anche delle motivazioni razziste dell’attacco. Dei rappresentanti della procura nazionale antiterrorismo si sono recati in rue d’Enghien, ma secondo Beccuau «allo stato attuale (…) non c’è nulla che dimostri alcuna affiliazione di quest’uomo a un movimento ideologico estremista». Anche secondo il ministro dell’Interno Darmanin l’uomo «ha evidentemente agito da solo», e non era tra le persone segnalate come pericolose o di estrema destra dai servizi di intelligence.
Il Consiglio democratico curdo di Francia non condivide questa analisi. Secondo il portavoce Agit Polat, dietro all’attacco ci sono «il presidente turco Recep Erdogan e lo stato turco». Anche Jean-Luc Mélenchon, uno dei leader del partito di sinistra radicale La France Insoumise, ha detto di «non credere al caso quando si tratta dell’omicidio di curdi a Parigi».
Già nel gennaio del 2013 tre attiviste femministe curde, Fidan Doğan, Sakine Cansiz e Leyla Şaylemez, erano state uccise con dei colpi di pistola alla tempia nel decimo arrondissement. Negli anni successivi, le autorità francesi che stavano indagando sul caso avevano detto di credere che fosse verosimile che l’intelligence turca fosse coinvolta nell’assassinio.
Sabato, il giorno dopo la sparatoria, si è tenuta una manifestazione a Place de la République, a Parigi, per commemorare le vittime e chiedere maggiore sicurezza al governo francese. A lato dell’evento ci sono stati alcuni scontri con la polizia, e alcune persone che sono state descritte come “manifestanti incappucciati” hanno ribaltato diverse auto e dato fuoco a una macchina e un cassonetto. I poliziotti hanno risposto lanciando lacrimogeni.
– Leggi anche: Ci sono stati scontri con la polizia durante la manifestazione dei curdi a Parigi
Chi sono i curdi, in breve
I curdi sono una popolazione di circa 40 milioni di persone che vive in un largo territorio diviso tra Turchia, Siria, Iran e Iraq. Pur essendo uno dei gruppi etnici più grandi di tutto il Medio Oriente, non hanno uno stato proprio: nel corso dell’ultimo secolo sono sorti diversi movimenti nazionalisti volti a ottenerlo, con la diplomazia o con la forza, ma i quattro paesi in cui si trovano i territori in cui vivono gliel’hanno impedito, e concedono loro gradi molto diversi di autonomia a seconda del governo sotto cui si trovano.
Negli anni in cui lo Stato Islamico (ISIS) controllava enormi aree di Siria e Iraq, i curdi avevano combattuto in modo particolarmente valoroso per la liberazione di quei territori e avevano cominciato a governarli in sostanziale autonomia, dando tra l’altro enorme spazio a leader femministe.
– Leggi anche: Il “tradimento dei curdi”, ancora
La storia del rapporto dei curdi con le potenze locali e occidentali – soprattutto Stati Uniti, Turchia e Unione europea – è molto lunga e complessa, ma basta sapere che molti attivisti e militanti che hanno combattuto a fianco delle truppe occidentali contro l’ISIS ora sono accusati di essere dei terroristi o fiancheggiatori del terrorismo, principalmente perché le organizzazioni a cui appartengono (come il partito dei Lavoratori del Kurdistan, PKK) combattono da decenni contro la Turchia per creare uno stato autonomo per i curdi, arrivando anche ad organizzare attentati che hanno ucciso diverse persone.
In Francia vivono circa 250 mila persone curde: gran parte di loro vive a Parigi.