«L’immacolata ricezione» di Franco Harris, 50 anni fa
Il 23 dicembre del 1972 un famoso giocatore italoamericano di football, morto pochi giorni fa, fece una giocata storica
di Pietro Cabrio
Franco Harris è stato un famoso giocatore di football americano, tanto da essere inserito nella hall of fame del professionismo per «il contributo eccezionale» dato nel corso della sua carriera. Giocò nella National Football League (NFL) per oltre un decennio e vinse quattro Super Bowl (le finali del campionato) tutti con i Pittsburgh Steelers. I suoi genitori si erano conosciuti in Italia durante la Seconda guerra mondiale. Il padre, Cad Harris, era un soldato statunitense di stanza nel Sud Italia; la madre, Gina Parenti, lo seguì poi negli Stati Uniti, dove ebbe nove figli: Daniela, Mario, Marisa, Alvara, Luana, Piero, Giuseppe, Kelly e appunto Franco.
Harris è morto martedì, a 72 anni e a soli tre giorni dal cinquantesimo anniversario della giocata che contribuì a farlo entrare nella storia del football americano, diventata famosa come «l’immacolata ricezione» in riferimento alla festività cattolica.
Tra gli anni Sessanta e Settanta Harris studiò e giocò alla Penn State. Quando fu il momento di passare al football professionistico finì nella squadra di riferimento della Pennsylvania, i vicini Pittsburgh Steelers. E proprio verso la fine della sua stagione da esordiente in NFL fu coinvolto nell’azione decisiva e controversa che ne segnò la carriera e la fama negli anni a venire.
All’epoca Pittsburgh doveva ancora vincere un Super Bowl e anzi, veniva da anni piuttosto anonimi. Nella stagione del 1972 riuscì finalmente a qualificarsi ai playoff, ma al primo turno dovette incontrare subito una delle squadre più ostiche del campionato, gli Oakland Raiders del leggendario allenatore John Madden, morto lo scorso anno dopo aver segnato un pezzo di storia del football (ancora oggi Madden dà il nome al videogioco di riferimento della NFL, uno dei più venduti al mondo).
Pittsburgh aveva vinto 11 partite su 14 nella stagione regolare, Oakland una in meno. Il 23 dicembre si incontrarono al vecchio Three Rivers Stadium di Pittsburgh. Fu una partita dura e a lungo bloccata, tanto che si arrivò all’intervallo senza punti segnati. Al terzo quarto gli Steelers riuscirono però a portarsi in vantaggio di 3 punti con un field goal (un calcio tra i pali), a cui ne fecero seguire un altro all’inizio dell’ultimo quarto, portandosi sul risultato momentaneo di 6-0.
Poco dopo però i Raiders riuscirono a segnare un touchdown (quando si porta la palla oltre la linea di fondo) andando in vantaggio 7-6. Il risultato rimase così fino a 22 secondi dal termine, con Pittsburgh in attacco anche se non sembrava esserci più niente da fare. All’ultima occasione buona, il quarterback Terry Bradshaw tentò un ultimo lancio disperato dopo aver evitato per un soffio i placcaggi della difesa avversaria. Il suo lancio venne conteso da un compagno di squadra, John Fuqua, e da un avversario, Jack Tatum. La palla sembrò rimbalzare su entrambi e finì nelle vicinanze di Harris, che senza pensarci troppo la prese al volo e iniziò a correre per 50 yard verso il touchdown della vittoria.
Gli arbitri ci misero un bel po’ per capire cos’era successo, e per assegnare o meno la vittoria agli Steelers. Dovevano prima stabilire, senza l’aiuto della moviola, chi tra Fuqua e Tatum avesse toccato il pallone raccolto da Harris. Se fosse stato Fuqua, secondo le regole dell’epoca la giocata sarebbe stata irregolare e la vittoria sarebbe rimasta quindi ai Raiders.
Gli arbitri in campo si consultarono a lungo: soltanto due avevano chiamato il touchdown all’istante, gli altri non si erano espressi. Decisero quindi di chiamare al telefono il supervisore degli arbitri della NFL, che consigliò loro di procedere con la decisione che avevano preso sul momento, ovvero il tocco di Tatum e l’assegnazione del touchdown. Così fecero e i tifosi degli Steelers invasero il campo prolungando ulteriormente la conclusione degli ultimi istanti di partita.
Questa «immacolata ricezione», termine con cui venne chiamata dalla stampa per come Harris si trovò tra le mani la palla della vittoria — quasi come fosse caduta dal cielo — non fu soltanto una giocata decisiva, controversa ed emozionante.
Quella stagione per Pittsburgh si concluse al turno successivo dei playoff contro i Miami Dolphins, che poi vinsero il Super Bowl da imbattuti. Ma come ricorda ancora oggi la statua di Harris che accoglie i passeggeri all’aeroporto di Pittsburgh, «quella giocata fondamentale mise in moto le forze» che portarono gli Steelers alla vittoria di ben quattro Super Bowl, tutti negli anni Settanta. Quel decennio rese Pittsburgh una delle città più famose del football americano, contraddistinta in particolare da uno stile di gioco ruvido e fisico nei confronti del quale il tifo locale si sentiva ben rappresentato.
Da lì nacque inoltre una grande rivalità tra Steelers e Raiders, con i tifosi di quest’ultimi che contestano ancora oggi la validità del touchdown di Harris, a cui hanno dato il nome di «inganno immacolato» (immaculate deception in inglese).
Sono passati cinquant’anni e proprio domenica, peraltro a pochi giorni dalla morte di Harris, Steelers e Raiders (nel frattempo diventati la squadra di Las Vegas) si incontreranno a Pittsburgh nella terzultima giornata della stagione regolare. Per l’occasione gli Steelers giocheranno con una maglia commemorativa e il campo avrà gli stessi disegni e gli stessi colori di quel 23 dicembre 1972.
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