La nuova versione su come cadde dalla finestra Hasib Omerovic
L'ha raccontata infine uno degli agenti presenti, portando all'arresto di un poliziotto accusato ora di tortura e falso ideologico
Secondo l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un poliziotto dal giudice per le indagini preliminari Ezio Damizia, Hasib Omerovic, l’uomo precipitato dalla finestra della sua casa a Roma il 25 luglio durante una perquisizione, sarebbe stato vittima di violenze e minacce da parte in particolare di un agente. Questo avrebbe provocato, ha scritto il gip nell’ordinanza, «un verificabile trauma psichico, in virtù del quale precipitava nel vuoto dopo aver scavalcato il davanzale della finestra della stanza da letto nel tentativo di darsi alla fuga per sottrarsi alle condotte violente e minacciose in atto nei suoi confronti».
Per questo motivo è stato arrestato e messo ai domiciliari Andrea Pellegrini, assistente capo di polizia, indagato per il reato di tortura e per quello di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, cioè per aver scritto il falso in un documento ufficiale. Con lui sono indagati, per falso ideologico, altri tre agenti di polizia: Alessandro Sicuranza, Maria Rosa Natale e Fabrizio Ferrari. Quest’ultimo ha raccontato ai pubblici ministeri coordinati dal procuratore Michele Prestipino la sua versione su cosa avvenne in realtà quel giorno. Tutti e quattro i poliziotti indagati fanno parte del commissariato Primavalle. Sulla vicenda ha indagato la squadra mobile, la sezione investigativa della polizia.
Le accuse non si baserebbero solo sulla testimonianza di Ferrari, ma anche su riscontri effettuati dalla polizia scientifica, sull’analisi di chat contenute nei telefoni degli indagati e su alcune fotografie trovate nel cellulare dello stesso Pellegrini.
Omerovic ha 36 anni, è di etnia rom ed è sordo dalla nascita. È ricoverato in ospedale dal 25 luglio, le sue condizioni sono in miglioramento. Gli agenti si presentarono a casa sua il 25 luglio perché, secondo quanto dissero i poliziotti, c’erano state alcune segnalazioni nel quartiere secondo le quali aveva dato ripetutamente fastidio ad alcune ragazze della zona, anche minorenni. Non risulta però che sia mai stata fatta alcuna denuncia nei confronti dell’uomo, né che nessun dirigente del commissariato abbia autorizzato l’intervento.
Ad andare a casa di Omerovic, in via Gerolamo Aleandro, furono le pattuglie Primavalle 12 e Primavalle 6. Quando gli agenti si presentarono alla porta, l’uomo era in casa con la sorella Sonita, anche lei disabile.
La versione data dagli agenti, riferita dall’assistente capo Andrea Pellegrini, fu che la perquisizione si era svolta nella massima tranquillità. Pellegrini sostenne che mentre loro erano a parlare con la sorella avevano sentito il rumore di una tapparella che veniva alzata in camera da letto: da lì Hasib Omerovic si sarebbe gettato di sotto.
La sorella di Omerovic diede però una versione diversa. Disse che gli agenti avevano prima chiesto i documenti all’uomo, poi lo avevano fotografato e quindi picchiato con calci e pugni e un bastone. Quindi, sempre secondo il racconto della sorella, l’uomo era scappato in una camera, gli agenti avevano sfondato una porta e poi Hasib Omerovic era caduto dalla finestra.
Pellegrini, dopo il fatto, chiamò un agente della polizia locale, suo conoscente, dicendo che «la persona si era buttata di sotto quando loro erano già nel cortile». Secondo il gip quella telefonata «assume valenza indiziaria» in quanto si sarebbe trattato «dell’intento di fornire una giustificazione non richiesta». Lo stesso agente della polizia locale disse ai pubblici ministeri che quella mattina Pellegrini e un altro collega, entrambi in borghese, si erano presentati da lui per chiedere se aveva informazioni «circa una persona rom, sordomuta che gira per il quartiere rovistando nei cassonetti». I due poliziotti dissero all’agente della polizia locale che l’uomo era stato «oggetto di diverse segnalazioni nel quartiere per molestie sulle donne».
Il 26 luglio i genitori di Hasib Omerovic si presentarono in commissariato per chiedere spiegazioni su quanto era avvenuto al figlio. Uno degli agenti presenti disse anche a loro che tutto si era svolto normalmente e ribadì che Omerovic si era gettato di sotto.
A dare una versione diversa, quella che ha portato poi ai provvedimenti ordinati dal gip, è stato l’agente Fabrizio Ferrari. Interrogato dagli uomini della squadra mobile, ha detto, come riportato nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Pellegrini, di aver in un primo momento sottoscritto la relazione di servizio perché subiva «il peso e gli atteggiamenti» dell’assistente capo. Ha poi spiegato di aver deciso di raccontare la verità al suo superiore quando la pressione della stampa era diventata insostenibile. Voleva «riferire le cose come erano andate perché in queste situazioni è inutile cercare di nasconderle».
Ferrari, come scrive tra gli altri il Corriere della Sera, ha detto di «essersi vergognato per non essere intervenuto». Ha anche raccontato, durante l’interrogatorio, di aver riferito a Pellegrini, una volta tornati in commissariato, i suoi timori per la salute di Omerovic, ricoverato in gravi condizioni dopo il loro intervento, sostenendo che l’assistente capo gli rispose: «Che te frega se muore?».
Secondo il racconto di Ferrari, la mattina del 25 luglio i quattro poliziotti si presentarono a casa Omerovic e suonarono alla porta. Sentirono provenire dall’interno un frastuono dopodiché, quando la porta fu aperta, Ferrari vide «Pellegrini scagliarsi improvvisamente contro Omerovic, colpendolo con due schiaffi tra il collo e il volto che lasciavano attonito Hasib, e con fare alterato gli diceva frasi del tipo “Non ti azzardare più a fare quelle cose, a scattare foto a quella ragazzina”».
Ferrari e un altro dei due poliziotti, sempre secondo il racconto dell’agente, cercarono di tranquillizzare Omerovic, però subito dopo dalla cucina arrivò Pellegrini con un coltello in mano urlando «Che ci fai con questo?». Omerovic tentò di rispondere a gesti, poi si rifugiò in una stanza chiudendola a chiave, a quel punto Pellegrini urlò «Ce le ho le chiavi» e sfondò la porta con un calcio. Ferrari, scrive il gip, intuì le intenzioni dell’assistente capo perché aveva strappato «il filo della corrente di un ventilatore, staccandolo dalla presa». Cercò quindi di calmare Pellegrini «mettendogli una mano sul braccio e rappresentandogli che non vi fosse bisogno di proseguire oltre nella sua condotta». Ma Pellegrini, secondo la testimonianza di Ferrari, legò a quel punto le mani di Omerovic con il filo della corrente, poi gli mise il coltello davanti al volto e urlò «Se lo rifai te lo ficco nel…».
Quindi, sempre secondo la sua versione, Ferrari uscì dalla stanza e sentì Pellegrini gridare più volte: «Non lo fare mai più». A quel punto anche Pellegrini e l’altro poliziotto uscirono dalla stanza. Mentre si trovavano tutti e quattro con la sorella di Omerovic, sentirono la tapparella alzarsi. Ferrari corse nella stanza e vide Omerovic «intento a scavalcare il davanzale». Ferrari gridò: «Fermo, che cazzo fai?», ma a quel punto vide l’uomo precipitare nel vuoto «poiché, con ogni probabilità, aveva perso l’equilibrio… Ho avuto l’impressione che Omerovic non volesse buttarsi di sotto, ma scappare».
Come riscontro del racconto di Ferrari, all’ordinanza di custodia cautelare sono allegate le fotografie scattate dallo stesso Pellegrini a Omerovic quel giorno. Dall’analisi della polizia scientifica risulterebbero i segni sui polsi lasciati dai fili elettrici. Non è chiaro perché Pellegrini scattò quelle foto. Forse, ma è un’ipotesi senza riscontro avanzata dal quotidiano Il Mattino, voleva mostrarle a qualcuno per dare una prova del suo intervento e della punizione inflitta all’uomo. Pensava anche che quelle fotografie potessero essere usate a sua discolpa. Il 14 settembre Pellegrini scrisse un messaggio WhatsApp a Ferrari: «Tra poco vado in ufficio a fare una relazione al Dirigente e alla Squadra Mobile dove allego tutte le foto live, dove si evince che ogni cattiveria detta è un falso creato per qualche scopo politico».
Durante l’indagine coordinata dalla procura di Roma sono stati anche acquisiti i messaggi tra due ispettori, uno della sezione criminalità della squadra mobile e l’altro in servizio al commissariato Primavalle, da cui si apprende come in commissariato circolasse l’ipotesi che la relazione redatta dai poliziotti protagonisti della perquisizione a casa Omerovic fosse falsa. Scrive infatti il primo ispettore al secondo: «Te l’ho già detto per telefono, in caso di dubbi scrivi e parati il c… dall’ondata di m… che quando arriva sommerge tutti».
Alcuni quotidiani, tra cui il Corriere della Sera e il Mattino, hanno fornito nelle ultime ore una serie di informazioni sul poliziotto arrestato, Andrea Pellegrini, che a quanto riportato era già stato oggetto di misure disciplinari per suoi comportamenti in servizio. Il gip nell’ordinanza di custodia cautelare scrive che i colleghi lo descrivono come «un duro» portato ad «atteggiamenti maneschi». Il gip ha scritto che Pellegrini, nei confronti di Omerovic, «non ha avuto alcuna remora di fronte a un ragazzo sordomuto e a una ragazza con disabilità cognitiva compiendo ripetuti atti violenti, sia sulla persona sia sulle cose, e gravemente minatori, così da denotare pervicacia e incapacità di autocontrollo». Il gip ha anche scritto:
Gli accadimenti sono indubbiamente di entità grave, commessi in spregio della funzione pubblica svolta, nonché violando fondamentali regole di rispetto della dignità umana. I ripetuti atti di violenza e minaccia appaiono del tutto gratuiti.
Andrea Pellegrini, che secondo le ricostruzioni dei giornali sarebbe stato in passato vicino alla formazione fascista Forza Nuova, venne arrestato nel 1998 in Florida, negli Stati Uniti, per aver rubato in un supermercato. In seguito era stato trasferito dalla squadra mobile al commissariato di Primavalle per aver rivelato notizie riservate in merito a un’indagine.