L’emendamento che permetterà l’uccisione degli animali selvatici nelle città italiane
È una modifica alla bozza della legge di bilancio, approvata dalla maggioranza e pensata per i cinghiali, e che è stata molto contestata
Mercoledì mattina, alla fine di una lunga seduta iniziata il giorno precedente, la commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento alla bozza della prossima legge di bilancio proposto dalla maggioranza che a certe condizioni consente le uccisioni «delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto» (molto probabilmente il governo metterà oggi la questione di fiducia sul testo della legge, che quindi dovrà essere approvato così com’è alla Camera e al Senato). Il provvedimento è stato duramente criticato dall’opposizione, in particolare da Angelo Bonelli, deputato di Europa Verde, e da varie organizzazioni che si occupano di diritti degli animali.
L’emendamento, il cui primo firmatario è Tommaso Foti, capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, è stato presentato come una soluzione ai problemi causati dai cinghiali che sempre più spesso vengono avvistati e causano danni in alcuni quartieri di certe città, oltre che alle coltivazioni di molte aree agricole. Tuttavia, per come è stato scritto, l’emendamento riguarda di fatto qualunque specie selvatica, comprese quelle che per legge non si potrebbero cacciare, come «lupi, orsi, volpi» secondo Bonelli.
La legge che l’emendamento modificherà è la 157 dell’11 febbraio 1992, cioè la legge che regolamenta la caccia in Italia. In particolare interverrà sull’articolo 19, quello sul «controllo della fauna selvatica». Il secondo comma attualmente dice che le regioni e le province autonome devono provvedere al controllo delle specie selvatiche, anche nelle zone dove non si può cacciare, e che normalmente il controllo deve avvenire con l’utilizzo di «metodi ecologici», cioè senza uccidere gli animali. Gli abbattimenti possono essere autorizzati solo se gli altri metodi si dimostrano inefficaci anche secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
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L’emendamento innanzitutto aumenta gli aspetti di cui le regioni e le province autonome devono tener conto in merito al controllo degli animali selvatici, aggiungendo la «tutela della biodiversità» e «la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale». Poi estende le aree sottoposte al controllo della fauna selvatica, specificando che sono comprese anche «le aree protette e le aree urbane».
L’emendamento introduce inoltre altre due novità. Attualmente gli abbattimenti devono essere eseguiti da guardie venatorie, cioè da pubblici ufficiali autorizzati a questo scopo, eventualmente insieme ai proprietari e ai gestori dei terreni interessati se dotati della licenza per la caccia. Con le nuove regole invece gli abbattimenti saranno coordinati da agenti dei corpi di polizia, ma eseguiti dai cacciatori della zona, «previa frequenza di corsi di formazione». La seconda novità è che la carne degli animali uccisi nei piani di controllo potrà essere mangiata, dopo essere stata sottoposta ad analisi igienico-sanitarie che certifichino che sia sicura.
In sintesi i cambiamenti più rilevanti introdotti dall’emendamento all’articolo 19 riguardano le zone in cui si possono uccidere animali selvatici per preoccupazioni di vario genere, le persone che possono farlo e probabilmente il modo in cui verranno autorizzate le uccisioni.
Ma l’emendamento prevede anche, attraverso l’aggiunta di un nuovo articolo alla legge sulla caccia, che nei prossimi mesi il governo adotti un piano straordinario di durata quinquennale «per la gestione e il contenimento della fauna selvatica». Questo piano riguarderà specificamente le uccisioni e le catture di animali selvatici, anche nelle città e nelle aree protette, e quindi potrebbe cambiare le cose nei rapporti con alcune specie molto malviste da una parte della popolazione, a partire da agricoltori e allevatori.
Il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha voluto sottolineare che nell’emendamento «non c’entra niente la caccia», perché specifica che le uccisioni per il controllo della fauna «non costituiscono attività venatoria», tuttavia prevede appunto che possano essere effettuate dai cacciatori.
Una delle critiche all’emendamento arrivate dall’opposizione è sul fatto che non avrebbe a che fare con la spesa pubblica, cioè l’oggetto della legge di bilancio. Tuttavia l’emendamento ha anche un aspetto finanziario perché prevede di aumentare di 500mila euro annui un fondo previsto dalla legge sulla caccia «al fine di fronteggiare l’emergenza esistente nel territorio nazionale riferita ai danni causati dalla fauna selvatica, con particolare riguardo a quelli causati da ungulati».