Che storia ha il cane a sei zampe
Fu scelto attraverso un concorso a cui furono presentati più di 4mila bozzetti, e il suo autore rimase a lungo sconosciuto
A volte il logo di un’azienda può essere persino più conosciuto del suo stesso nome. Il disegno e i colori infatti devono trasmetterne l’identità, soprattutto nel confronto con i concorrenti dello stesso settore, e suggerire alcuni temi o valori con cui l’azienda si identifica. L’importanza del logo diventa ancora più comprensibile quando si decide di cambiarlo: le operazioni di rebranding (che si può tradurre in maniera approssimativa come “rinnovamento del marchio”) sono delicate e difficili. Spesso vengono anche criticate: il logo nuovo può non venire considerato all’altezza del precedente per svariati motivi, estetici e comunicativi. Ogni cambiamento poi rompe consolidate abitudini, e può perfino creare confusione nei clienti.
Fra i loghi delle grandi aziende italiane uno dei più noti è sicuramente il “cane a sei zampe” di Eni, la principale società energetica italiana. La storia del marchio è parallela a quella dell’azienda e comincia nei primi anni Cinquanta con Enrico Mattei, che dopo la Seconda guerra mondiale era stato nominato commissario dell’Agenzia generale italiana petroli (Agip). Decise di non liquidare l’azienda come invece gli era stato ordinato di fare, ma anzi di rilanciare Agip con tutta una serie di iniziative. Nel 1953 poi nacque l’Ente nazionale idrocarburi (Eni), una nuova azienda pubblica ancora guidata da Mattei, in cui l’Agip venne inglobata.
Una delle sue prime iniziative comunicative dell’Agip di Mattei fu quella di bandire, nel 1952, un concorso di idee, aperto a tutti gli italiani, per il lancio pubblicitario dei due prodotti di punta: il metano Agipgas e, soprattutto, la benzina Supercortemaggiore, pubblicizzata come “la potente benzina italiana”. Mattei puntava a vendere agli italiani una benzina che non soltanto fosse “potente”, ma che rappresentasse la riscossa dell’Italia in campo energetico.
Il concorso del 1952 serviva a selezionare cinque differenti grafiche: due cartelloni stradali (le cosiddette “paline”, che indirizzavano l’automobilista verso le aree di servizio), due loghi (uno appunto per Supercortemaggiore e l’altro per Agipgas), e infine il design e il colore della colonnina di distribuzione di benzina. Il totale del montepremi del concorso era di 10 milioni di lire, circa 160mila euro di oggi. La giuria del concorso era composta da importanti artisti ed esperti di comunicazione, fra cui uno degli architetti italiani più conosciuti al mondo, Gio Ponti. Ne facevano parte, tra gli altri, anche il pittore Mario Sironi e lo scrittore e artista Mino Maccari. La giuria si dovette riunire per 14 volte per selezionare i vincitori fra più di 4mila bozzetti presentati.
Il cane a sei zampe vinse il concorso nella sezione dedicata al cartello stradale per la benzina Supercortemaggiore, ma Mattei ne fu così entusiasta da farlo diventare il logo con cui da lì in poi verrà riconosciuta Agip e poi Eni. I bozzetti vincitori per il cartellone di Agipgas e per il marchio di Supercortemaggiore non vennero utilizzati, mentre il marchio Agipgas (una lettera A con l’elemento orizzontale fiammeggiante a destra) dopo pochi anni fu rimpiazzato da un bozzetto del pubblicitario e grafico Federico Seneca, un gatto a tre zampe con la coda di fuoco, maggiormente coordinato con il cane a sei zampe.
Lucia Nardi, responsabile dell’ufficio Cultura d’Impresa di Eni, spiega così: «I marchi che vinsero il concorso nelle sezioni dedicate di Supercortemaggiore e Agipgas non convinsero del tutto Mattei, e oggi non si può non apprezzare questa sua capacità di visione. Seppur realizzati da grandi pubblicitari dell’epoca, possiamo pensare che già negli anni Settanta sarebbero diventati molto retrò, cosa che non è successa al cane a sei zampe».
Questo logo, diventato da subito molto popolare, ha anche una particolare storia di attribuzione, ricostruita da Eni nel 2009 nel libro Il cane a sei zampe – La storia del marchio. Il bozzetto fu infatti presentato da Giuseppe Guzzi che – venne subito reso noto – in realtà non era l’autore dell’opera, ma solo il suo rifinitore. L’identità dell’autore, lo scultore Luigi Broggini, venne ufficializzata soltanto molti anni dopo, nel 1983, alla morte dell’artista, grazie alla testimonianza del figlio. La ritrosia di Broggini nel riconoscere la paternità del bozzetto è stata generalmente attribuita al pudore dell’artista ad associare il proprio nome a produzioni con finalità commerciali.
Il mancato riconoscimento della paternità dell’opera da parte dell’autore ha lasciato aperta l’interpretazione sul suo significato e sulla sua iconografia. Si tratta appunto di un cane con sei zampe, con la testa rivolta all’indietro dalla cui bocca esce una fiamma rossa: una delle zampe anteriori è poggiata al terreno, mentre le altre cinque sono sospese, a suggerire l’idea di una “frenata”. Nonostante non ci fosse una spiegazione dell’artista, già negli anni Cinquanta Agip ne diede un’interpretazione ufficiale: le sei zampe del cane-drago rappresenterebbero le quattro ruote dell’auto sommate a due gambe del suo guidatore, una specie di “centauro moderno”. Poi, per il primo lancio pubblicitario dell’Agip dell’era Mattei, Ettore Scola ideò lo slogan «Il cane a sei zampe fedele amico dell’uomo a quattro ruote».
Pochi mesi dopo il concorso, nel 1953, nacque l’Ente nazionale idrocarburi (Eni). Il cane a sei zampe divenne da subito anche il logo di Eni, “brandizzandone” tutte le sue attività: dalle stazioni di servizio (le cosiddette “bacciocchine”, dal nome dall’architetto che le realizzò, Mario Bacciocchi) al materiale di arredo e alle suppellettili dei motel, dalla pubblicità agli edifici aziendali. Le “bacciocchine” diventarono negli anni Cinquanta un punto di riferimento per gli italiani non solo per il rifornimento di carburante e sono riconoscibili ancora oggi dalle pensiline “a T” in cemento armato senza colonnine d’appoggio, che sovrastano l’area dedicata al rifornimento.
Il logo dunque marchiava ogni oggetto legato ad Eni, ed era così necessario che avesse un formato adatto a questa costante riproduzione. Per andare incontro a questa esigenza, diventata ancora più importante negli anni Settanta, nel 1972 Eni affidò all’agenzia Studio Grafico Unimark e al designer Bob Noorda un restyling del logo. Era necessario adattare il cane a sei zampe, diventato ormai simbolo riconosciuto dell’azienda, alle nuove “paline stradali” delle stazioni di servizio, che non erano più rettangolari come nel 52, ma quadrate. Come riportato nel libro Il cane a sei zampe – La storia del marchio Noorda spiegò che «il cane a sei zampe era un po’ troppo lungo per essere circoscritto nella palina: serviva un piccolo intervento per “accorciarlo” un po’ e correggerne l’inclinazione da 7 a 5 gradi».
In questo modo il cane a sei zampe poté essere inserito in un quadrato giallo ad angoli smussati, e prendere la forma che ancora oggi conosciamo. Inoltre l’occhio schiacciato del cane di Broggini venne arrotondato e il pelo reso meno irsuto: elementi che, spiega ancora Nardi, negli anni Cinquanta dovevano manifestare grinta, per “graffiare” il mercato, e che negli anni Settanta vennero ammorbiditi quando Eni diventò una realtà consolidata.
Nel 1992 Eni diventò Società per azioni e nel 1995 venne quotata in Borsa. Questa trasformazione portò l’azienda a ripensare anche il suo logo. Nel 1998 infatti venne affidato ancora a Noorda un nuovo restyling: il cane “uscì” dalla palina ad angoli smussati, molto legata alle stazioni di servizio, per “entrare” in un’area di forma quadrata insieme al logo Eni. Il marchio e il logo vennero separati da una linea rossa orizzontale e il cane subì un ulteriore, quasi impercettibile, intervento di “accorciamento” per diventare uguale alla larghezza del logo.