La commissione sull’attacco al Congresso ha chiesto di incriminare Trump
Nella sua ultima udienza pubblica ha raccomandato al dipartimento di Giustizia di perseguire l'ex presidente per quattro accuse
La commissione d’inchiesta della Camera statunitense che ha indagato sull’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021, compiuto dai sostenitori dell’allora presidente Donald Trump per cercare di fermare la certificazione dell’elezione vinta da Joe Biden, ha raccomandato al dipartimento di Giustizia di indagare Trump per quattro reati: intralcio a una procedura ufficiale – la certificazione del risultato elettorale – del Congresso, cospirazione ai danni degli Stati Uniti, cospirazione per false dichiarazioni e incitamento o assistenza all’insurrezione. L’ultima accusa è la più grave.
"Our Committee had the opportunity last Spring to present much of our evidence to a federal judge… The judge concluded that both former President Donald Trump and John Eastman likely violated two federal criminal statutes."
–@RepRaskin— January 6th Committee (@January6thCmte) December 19, 2022
Quelle della commissione, di cui lunedì si è svolta l’ultima udienza pubblica dopo 18 mesi di indagini, non sono incriminazioni formali. La commissione infatti non ha il potere di mettere sotto processo nessuno. I suoi nove membri, di cui sette Democratici e due Repubblicani, hanno votato all’unanimità le raccomandazioni al dipartimento di Giustizia (l’analogo americano del ministero della Giustizia italiano). Nell’ultimo anno e mezzo hanno ascoltato più di mille testimoni per l’indagine e raccolto più di un milione di documenti.
Il dipartimento di Giustizia sta già portando avanti una propria indagine sull’attacco del 6 gennaio e centinaia di persone si sono già dichiarate colpevoli di vari reati federali. Non è detto che seguirà le raccomandazioni della commissione della Camera.
La commissione era stata istituita il primo luglio 2021 ed era stata il risultato di un lungo e duro dibattito tra Democratici e Repubblicani al Congresso su come indagare sui fatti del 6 gennaio. Dopo un primo periodo in cui avevano criticato Trump per l’assalto al Congresso, quasi tutti i Repubblicani erano tornati a sostenere l’ex presidente, che è tuttora la figura più potente e influente del partito: per questo il tentativo dei Democratici di istituire una “commissione bicamerale”, cioè un organo bipartisan, e quindi più partecipato e autorevole, come quello che indagò sugli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, era fallito.
La commissione che ha indagato è una “commissione speciale”, istituita quasi esclusivamente con i voti dei Democratici. I due Repubblicani che ne fanno parte sono stati ostracizzati dai loro colleghi per questo. Sono Liz Cheney, deputata del Wyoming nonché figlia dell’ex vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney, che per la sua decisione ha lasciato tutti gli incarichi di responsabilità che deteneva nel partito, e Adam Kinzinger dell’Illinois, che non si è presentato alle elezioni di novembre.
Durante l’udienza Cheney, che era la vicepresidente della commissione, ha detto che tra i fatti «più vergognosi» che la commissione si è trovata a prendere in considerazione ci sono le prove che durante l’assalto al Congresso Trump rimase seduto nella sala da pranzo vicina allo Studio Ovale nella Casa Bianca guardando gli scontri in televisione, senza diffondere alcun messaggio che invitasse i suoi sostenitori a desistere dall’assalto. E questo nonostante gli inviti dei suoi collaboratori e dei membri della sua famiglia. Per questo secondo Cheney Trump «non è adatto a ricoprire nessun incarico pubblico».
Non era mai successo che una commissione parlamentare raccomandasse di incriminare un ex presidente.