Un Mondiale e due compagni di squadra
Lionel Messi e Kylian Mbappé — avversari nella finale di domenica — uniscono due epoche del calcio, come il club in cui giocano
di Pietro Cabrio
Il Mondiale è un evento che scandisce epoche e tendenze del calcio, come dimostrano in particolare le ultime tre edizioni. I Mondiali in Sudafrica del 2010 premiarono la Spagna, la cui scuola calcistica rappresentata in particolare dal Barcellona di Pep Guardiola dominò il calcio europeo per tutto quel decennio (2008-18). Quattro anni dopo toccò alla Germania, il cui movimento, oltre alle tre finali di Champions League giocate dal Bayern Monaco in quei quattro anni, aveva già iniziato a proporre una nuova generazione di grandi allenatori.
Nell’ultima edizione fu premiata invece la Francia, il paese che ha saputo incanalare nel suo sistema e quindi beneficiare della spinta data al movimento dalle seconde generazioni delle famiglie immigrate: una spinta che continua tuttora e che rende la Nazionale francese la più folta di talento, tanto che ora si ritrova a giocare la seconda finale consecutiva di un Mondiale nonostante le assenze di giocatori come Paul Pogba, N’Golo Kanté, Karim Benzema (convocato ma infortunato) e Mike Maignan.
In attesa di vedere chi fra Argentina e Francia vincerà quest’anno, ci sono due giocatori in particolare che rappresentano meglio di altri non solo le loro nazionali, ma questo Mondiale e il periodo storico in cui si sta giocando. Sono Lionel Messi e Kylian Mbappé, non a caso compagni di squadra — e di reparto — nel club più chiacchierato e influente del momento, il Paris Saint-Germain.
Uno ha 35 anni, l’altro ne farà 24 due giorni dopo la finale. Come giocatori sono molto diversi. Messi possiede uno dei più grandi talenti innati mai visti nel calcio, motivo per cui tra i giocatori del passato e del presente viene paragonato soltanto a Diego Armando Maradona. Con le dovute differenze, Messi gioca come quando aveva sei anni. Può segnare in qualsiasi modo, può essere il fulcro del gioco della squadra, può essere il terminale offensivo, può segnare da fuori, può far segnare i compagni dopo essersi fatto metà campo palla al piede e dribblato mezza squadra avversaria. Le generazioni che non hanno visto giocare Maradona lo ricorderanno come il migliore di sempre, almeno fino a quando non ne arriverà un altro come lui.
Mbappé ha un altro tipo di talento, più orientato verso l’atletismo. Non a caso sostiene di ispirarsi di più alla carriera di Cristiano Ronaldo, un giocatore che è diventato uno dei più grandi di sempre plasmando il suo talento attraverso il lavoro e la dedizione negli allenamenti. E Mbappé è infatti uno dei migliori atleti che si possano trovare oggi nel calcio: è asciutto e longilineo, ha una tecnica di corsa da velocista olimpico ed è il giocatore che in questi Mondiali ha effettuato il maggior numero di scatti veloci, con picchi di oltre 35 chilometri orari. E ha un grande senso per la finalizzazione: gran parte dei palloni che tocca nella metà campo avversaria li trasforma in gol o in azioni pericolose. Il suo stile di gioco si riflette inoltre su quello della Francia, una squadra a cui bastano pochi momenti di grande intensità per vincere una partita.
Con i club Mbappé non ha vinto tutto come Messi aveva già fatto alla sua età, ma ad appena 23 anni si trova nelle condizioni di poter vincere il suo secondo Mondiale in carriera, cosa che a tanti grandi calciatori non è riuscita nemmeno una volta.
Insomma: uno ha segnato il calcio degli ultimi vent’anni, l’altro lo sta facendo ora e lo farà ancora per molto. E questo è proprio uno dei motivi per cui da due anni sono compagni al Paris Saint-Germain, la squadra ammiraglia delle ambizioni calcistiche, sportive e politiche del paese che ospita questi Mondiali, il Qatar.
Da squadra che rappresenta il Qatar in Europa e ai più alti livelli del calcio, il PSG è arrivato nell’anno dei Mondiali più discussi di sempre avendo in rosa tre dei quattro giocatori più famosi e influenti del calcio contemporaneo, e quindi del torneo: Messi, Mbappé e il brasiliano Neymar, che quando giocano insieme al PSG hanno scritto Qatar anche sul petto (nello sponsor Qatar Airways). Fra loro mancherebbe solo Cristiano Ronaldo, la cui carriera sembra però più vicina alla fase conclusiva.
La sola convivenza di Messi, Mbappé e Neymar riassume molto bene quello che è stato finora il PSG, una squadra che ha fatto dell’immagine il suo punto di forza, anche al prezzo di non riuscire a vincere tutto come potrebbe.
Il PSG esiste da appena cinquant’anni e ancora fino a vent’anni fa era ai margini del calcio non solo europeo, ma anche francese. Ora, dopo un decennio di investimenti miliardari da parte della sua proprietà qatariota, vende oltre un milione di maglie all’anno e compete con club secolari e storicamente molto più vincenti. Ma soprattutto, è la squadra preferita e più ammirata dalle nuove generazioni.
Allo stesso tempo però, giocare con Messi, Mbappé e Neymar la rende una squadra totalmente sbilanciata (verso l’attacco) e vulnerabile, difficile da allenare (ci hanno provato in sei in dieci anni) e sottoperformante per tutti i soldi che spende. E questi sono i motivi per cui, a fronte di otto campionati francesi vinti in dieci anni, il suo vero obiettivo, la Champions League, non lo ha mai raggiunto, anzi: i suoi fallimenti nel torneo sono stati spesso sanciti da sconfitte e ribaltoni clamorosi, come il 6-1 subito a Barcellona nel 2017 e il 3-1 di Madrid lo scorso marzo.
Eppure, anche senza una vera affermazione tramite i risultati in campo, il PSG e di conseguenza il Qatar sembrerebbero essere riusciti nel loro intento di concentrare nelle proprie mani i maggiori interessi del mondo del calcio. Il paese è riuscito a organizzare con successo una Coppa del Mondo a lungo osteggiata, e la sua squadra di club gli ha fornito i migliori giocatori. Al termine del torneo quest’ultima avrà in ogni caso un campione del mondo e il miglior giocatore della manifestazione. E se il Marocco dovesse vincere la finale per il terzo posto di sabato, anche uno dei giocatori più rappresentativi della miglior nazionale africana di sempre, il terzino marocchino Achraf Hakimi.
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