La restituzione alla Nigeria di oltre cento statue rubate nel periodo coloniale
L'ha annunciata l'Università di Cambridge: i manufatti erano stati portati nel Regno Unito come "bottino di guerra"
Ma ci sono diversi altri paesi che chiedono da tantissimo tempo di riavere le opere artistiche e archeologiche spesso rubate o acquistate per pochi soldi in epoca coloniale.
La Grecia vuole notoriamente indietro le sculture che decoravano l’Acropoli di Atene e il Partenone, prelevate all’inizio dell’Ottocento dal diplomatico inglese Lord Elgin. Ad ottobre una petizione presentata da un gruppo di archeologi egiziani ha chiesto al governo dell’Egitto di chiedere formalmente la restituzione della stele di Rosetta e altri manufatti ceduti da Napoleone agli inglesi con il Trattato di Alessandria del 1801, affermando che quegli oggetti sono parte integrante del patrimonio nazionale egiziano e la loro presenza nei musei europei è legata a una lunga storia di saccheggio e sfruttamento colonialista. E anche gli indigeni americani e australiani chiedono da tempo la restituzione dei loro manufatti, esposti spesso in musei di antropologia che non menzionano minimamente la storia di violenza subita da questi popoli.
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La principale critica all’idea di restituire queste opere ai paesi da cui sono state rubate è che non si può essere sicuri che quei paesi – talvolta politicamente o economicamente instabili – siano capaci di prendersene cura a dovere una volta ottenuti. Parlando alla cerimonia di restituzione dei bronzi del Benin allo Smithsonian qualche settimana fa, però, il funzionario nigeriano Aghatise Erediauwa ha definito queste critiche «arcaiche».
«La verità è che nessun argomento può trasformare le opere saccheggiate in opere non saccheggiate o le opere rubate in opere non rubate. Semplicemente non esiste base morale o legale a sostegno della detenzione ostinata della proprietà culturale che è stata saccheggiata durante le spedizioni militari o in negoziati iniqui, se vogliamo dirla tutta. Questa richiesta da parte di alcuni storici dell’arte e curatori non ha altro scopo che l’interesse personale» ha detto. «Siamo grati a voi e ad altri che stanno dalla parte della verità, e riconoscono quale sia il vero posto di queste opere».