Il governo ha ottenuto l’autorizzazione a inviare armi all’Ucraina fino alla fine del 2023
Dopo un voto in parlamento in cui gli unici contrari sono stati Movimento 5 Stelle e l'alleanza Verdi e Sinistra
Approvando una risoluzione della maggioranza, martedì sia la Camera che il Senato hanno di fatto appoggiato l’intenzione del governo di prorogare l’autorizzazione a inviare armi all’Ucraina: la precedente autorizzazione decisa dal governo di Mario Draghi scadrà alla fine del 2022, e il governo di Giorgia Meloni vuole prorogarla fino alla fine del 2023. Non si tratta di un provvedimento su uno specifico invio di armi, ma della condizione legale che consente al governo di approvare di volta in volta i vari invii senza la necessità di un voto parlamentare per ognuno.
La norma in realtà era già stata inserita in un decreto-legge sul tema approvato il primo dicembre scorso, e di cui il Senato sta attualmente discutendo la conversione in legge: il passaggio dalle camere si era però reso necessario dopo che nelle ultime settimane c’erano state varie polemiche da parte dei partiti di opposizione, per il fatto che il governo aveva inizialmente cercato di far passare la norma sull’invio di armi con un emendamento inserito all’ultimo momento in un decreto-legge che si occupava d’altro, e quindi evitando che sulla questione ci fosse una discussione parlamentare.
Le lamentele da parte delle opposizioni non riguardavano tanto la norma in sé, dato che il governo avrebbe comunque avuto i numeri per farla passare, ma l’assenza di un dibattito in cui i partiti potessero esprimere la propria posizione al riguardo. Il governo aveva così ritirato l’emendamento, e martedì il ministro della Difesa Guido Crosetto ha tenuto un discorso davanti ai parlamentari proprio per spiegare con maggiori dettagli la decisione del governo: le risoluzioni della maggioranza approvate da Camera e Senato si riferivano proprio a questo discorso.
Le posizioni dei partiti sull’invio di armi all’Ucraina emerse dai dibattiti in aula nel frattempo non sono cambiate: hanno votato contro la risoluzione della maggioranza i due gruppi che da tempo si dicono contrari, cioè il Movimento 5 Stelle e l’alleanza tra Verdi e Sinistra. Si sono invece espressi favorevolmente e hanno votato con i partiti della coalizione di destra il Partito Democratico e l’alleanza tra Azione e Italia Viva.
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Finora l’Italia ha messo in atto cinque invii di armi all’Ucraina, tutti con il governo Draghi: benché il governo Meloni avesse già manifestato da tempo l’intenzione di approvarne un sesto all’inizio del 2023, il discorso tenuto da Crosetto martedì è stato piuttosto misurato, e ha sostanzialmente insistito sul fatto che il governo su questo tema si sta limitando a portare avanti quanto già deciso dal governo precedente. «I vari governi che si susseguono implementano le scelte ed onorano gli impegni e gli accordi che i governi precedenti hanno preso o hanno sottoscritto», ha detto Crosetto.
Le precisazioni di Crosetto non sono sembrate solo una risposta alle obiezioni dei partiti di opposizione che non vogliono l’invio di armi all’Ucraina, ma anche un tentativo di placare un certo malcontento espresso da alcuni esponenti dei partiti alleati, cioè Forza Italia e Lega, che negli ultimi mesi hanno avuto a tratti posizioni ambigue sul sostegno all’Ucraina (Crosetto è di Fratelli d’Italia, il principale partito della maggioranza).
Martedì le posizioni ambigue della Lega si sono palesate nell’intervento durante la discussione al Senato del capogruppo del partito, Massimiliano Romeo, che ha parlato della necessità di aprire un «dialogo credibile» per la pace e ha detto: «Se vogliamo ottenere la pace di sicuro non lo facciamo deponendo le armi, ma neppure inviandole senza riserve come qualcuno propone». Romeo non ha spiegato con maggiore sostanza quali siano le riserve di cui eventualmente tenere conto. Sia Forza Italia che la Lega facevano parte del governo Draghi, che ha approvato i precedenti invii di armi all’Ucraina.
Tra le obiezioni che erano state espresse dalle opposizioni nelle scorse settimane sulla questione dell’invio delle armi c’era anche la richiesta di una maggiore trasparenza su quali e quante armi vengano di volta in volta inviate: l’Alleanza tra Verdi e Sinistra in particolare aveva chiesto con una mozione che il parlamento potesse averne un elenco dettagliato. Il governo Draghi aveva deciso di mantenere segreto questo genere di informazioni per questioni di sicurezza nazionale, relazionandone al parlamento solo attraverso il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
Crosetto ha ribadito che questa decisione era stata presa «in analogia con quanto avvenuto in altri paesi» e che il governo Meloni farà lo stesso. Anche per questo nella prima autorizzazione decisa dal governo Draghi si premetteva che ogni invio sarebbe stato deciso con decreti interministeriali, che non hanno bisogno dell’approvazione parlamentare: prorogando quell’autorizzazione, anche il governo Meloni dovrebbe agire allo stesso modo.
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