Gli artisti k-pop che non esistono davvero
L'industria dell'intrattenimento sudcoreana sta testando con successo nuove band composte da personaggi virtuali animati dall'intelligenza artificiale
Sulla carta, il gruppo pop sudcoreano tutto al femminile Eternity ha una storia molto simile a quello di altre band del genere k-pop: il loro primo singolo, “I’m Real”, è uscito nel 2021 e ha ottenuto presto milioni di visualizzazioni online, contribuendo a fare di loro delle celebrità nell’arco di pochissimo tempo. Le undici ragazze che compongono la band vengono ingaggiate per campagne pubblicitarie, posano come modelle, partecipano a interviste per la radio, pubblicano video in cui ballano, cantano e vanno in skateboard.
C’è un dettaglio sostanziale, però, che distingue le Eternity dalla gran parte dei gruppi musicali che esistono e sono mai esistiti: tutto quello che fanno avviene online perché le componenti non sono persone in carne e ossa, ma personaggi virtuali iper-realistici, animati grazie ad una tecnologia che permette loro di muovere viso e corpo in modo molto simile agli esseri umani.
L’esistenza di band composte da personaggi virtuali non è esattamente una novità: in Giappone è un fenomeno che esiste, in una forma o in un’altra, da oltre vent’anni e nella categoria rientrano anche i Gorillaz, il gruppo musicale britannico costituito da quattro personaggi animati simili a scimmie, che ha pubblicato canzoni celebri come “Feel Good Inc.” e “Clint Eastwood”.
L’utilizzo di nuove tecnologie per creare personaggi digitali umanoidi molto credibili non si limita al mondo della musica, ma si è esteso già da tempo anche agli influencer: una delle più celebri, Rozy, è proprio sudcoreana.
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Per vari motivi però il mondo del k-pop sta sperimentando molto più degli altri con le nuove tecnologie. Il primo, e più superficiale, è che con la diffusione del coronavirus un numero crescente di persone ha cominciato a seguire concerti e spettacoli online anziché dal vivo. Il secondo è che si stanno cercando modi innovativi per permettere ai fan di interagire con i propri “idoli” (come vengono chiamate le popstar sudcoreane). Il terzo è che si spera di alleviare un po’ le aspettative e il carico di lavoro che ricadono sugli “idoli” umani, considerato che il mondo del k-pop è noto per l’enorme pressione a cui sono sottoposti gli artisti da parte dei fan e dell’industria.
Le Eternity, ad esempio, sono state create fin da subito coinvolgendo i fan: Pulse9, l’azienda tecnologica che ha ideato la band, aveva inizialmente generato 101 volti di fantasia, chiedendo agli utenti di votare i loro preferiti. Poi, un gruppo di designer ha sviluppato ulteriormente gli undici personaggi vincenti, dando loro personalità e tratti distintivi. Per gran parte del tempo, i movimenti dei personaggi sono controllati da persone reali, il cui volto viene rimpiazzato virtualmente con quello delle componenti della band: di queste persone però non si sa niente.
«I nostri idoli sono assolutamente controllati dall’artista umano che sta dietro di loro, e quindi crediamo di dare ai veri artisti umani uno strumento ulteriore, oltre al loro corpo e volto biologico», ha spiegato Jieun Park, amministratrice delegata di Pulse9. «Il vantaggio di avere artisti virtuali è che, mentre le star del k-pop spesso lottano con limiti fisici, o anche con il disagio mentale perché sono esseri umani, gli artisti virtuali possono esserne liberi».
A suo dire, sul lungo periodo, l’idea di Pulse9 è quella di permettere a qualsiasi persona che voglia lavorare nel mondo dell’intrattenimento ma che non voglia o possa metterci la faccia, di creare un avatar virtuale. Considerato che spesso gli artisti k-pop sono sottoposti a pressioni assurde – costretti a rimanere single per non deludere i fan, a non vivere apertamente il proprio orientamento sessuale, ad essere costantemente disponibili per incontri e concerti e a ricorrere a diete estreme o chirurgia plastica per inseguire standard di bellezza impossibili – non è difficile immaginare che la possibilità di fare ciò che si ama senza essere esposti a uno stile di vita tanto estremo desti molto interesse.
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«Gli idoli del k-pop fanno parte dei pochi fortunati che sono stati selezionati dalle società di intrattenimento, mentre ci sono davvero molti altri creatori e talenti nel mondo che non hanno mai la possibilità di essere selezionati», ha aggiunto Heyonn Mot, che ha collaborato con Park allo sviluppo di Eternity. «O magari vogliono mantenere il controllo della propria vita privata e quindi non vogliono mostrare la faccia. O hanno una disabilità o qualsiasi altro tipo di problema che non consente loro di uscire in pubblico».
Anche per le persone che già lavorano nel k-pop, le nuove tecnologie offrono alcune opportunità. Il gruppo k-pop Aespa, per esempio, è composto da otto membri – quattro ragazze reali e i loro quattro avatar – che spesso si esibiscono tutti insieme su piattaforme virtuali online. Questo permette alle star umane di avere un po’ più di tempo libero, delegando alcuni incontri online con i fan ai propri avatar virtuali. E se da un lato è naturale che i fan continuino a preferire gli idoli reali a quelli virtuali, per molti la presenza dei secondi è comunque un’occasione e sempre meglio che niente.
A ciò si aggiunge il fatto che gli artisti virtuali costano molto meno all’industria, dato che non richiedono commissioni, non hanno costi di viaggio, vitto o alloggio e non rischiano di incappare nello stesso tipo di scandali e gossip che si tengono in conto quando si ha a che fare con le celebrità. «Senza vincoli fisici ed emotivi, i cantanti virtuali sono più facili da controllare e sono più disponibili per i fan che vogliono interagire con i loro idoli preferiti in molte forme diverse», ha commentato Lee Hye-jin, professore della Annenberg School for Communication and Journalism della University of Southern California.
Così, grosse etichette discografiche k-pop stanno investendo pesantemente in app che permettano di trasformare i loro artisti in avatar e in piattaforme che facilitino gli incontri online con i fan. A novembre, il celebre gruppo tutto al femminile Blackpink ha vinto un premio per la “migliore performance nel metaverso” ai Video Music Awards di MTV, per aver organizzato un concerto virtuale all’interno del videogioco online PUBG Mobile.
Questo non significa che non ci siano dubbi sull’adozione di questo genere di tecnologie. Su Rolling Stone, Riddhi Chakraboty ne riassume qualcuno: «Come può un gruppo k-pop sopravvivere senza esibizioni dal vivo, incontri e cartelli dei fan? Proveranno ad apparire come ologrammi, come hanno fatto i Gorillaz in passato? Come affronteranno l’invecchiamento? Siamo di fronte ad una rivoluzione o sarà tutto un gigantesco flop?»