Un’altra Olanda di Van Gaal
È l'allenatore più anziano dei Mondiali, era fermo da cinque anni, è tornato per la terza volta e stasera ritrova l'Argentina
Nell’agosto del 2021 Louis van Gaal fu scelto come nuovo allenatore della nazionale olandese maschile di calcio. Aveva settant’anni, non allenava da cinque, la sua ultima esperienza al Manchester United era stata burrascosa dall’inizio alla fine e – sebbene ancora non si sapesse pubblicamente – già era in cura per un grave cancro alla prostata. Lasciò però la sua casa nell’Algarve per tornare ad allenare l’Olanda per la terza volta.
Da allenatore di squadre di club Van Gaal ha vinto di tutto: sette campionati nazionali (quattro nei Paesi Bassi, due in Spagna e uno in Germania), diverse coppe nazionali, una Coppa Uefa, una Champions League e una Coppa Intercontinentale. Con la nazionale olandese andò malissimo la prima volta, quando mancò la qualificazione per i Mondiali del 2002, e molto meglio nel 2014, quando la sua Olanda fu eliminata in semifinale, ai rigori, contro quella che già era l’Argentina di Leo Messi. Oggi l’Olanda di Van Gaal torna a giocare – questa volta i quarti di finale – contro l’Argentina di Messi.
Quasi sempre, quando si parla di Van Gaal, si cita il suo essere un uomo rigido, burbero e per certi versi perfino dittatoriale e autoritario nel modo in cui gestisce le squadre, uno a cui piacciono – parole sue – «struttura, regole e disciplina». Un allenatore severo ed esigente come pochi altri, uno di cui, soprattutto durante gli ultimi anni al Manchester United, si raccontavano di frequente le stramberie o le brusche e aspre risposte ai giornalisti, e si parlava meno di quel che i suoi giocatori riuscivano a fare in campo.
Negli ultimi mesi, e in particolare nelle ultime settimane, Van Gaal si è fatto notare però anche per altro: per aver scherzato e perfino accennato un ballo di festeggiamento, ma anche che per aver allestito una squadra dal gioco conservativo ma molto efficace.
Resta comunque un personaggio talvolta contraddittorio e spesso difficile da definire e inquadrare: è stato presentato, per esempio, come un “innovatore settuagenario”, ma anche come un allenatore inflessibile e dogmatico che tuttavia ha cambiato spesso moduli e approcci. Uno di quegli allenatori che certi giocatori o gruppi non sopportano e che altri, come sembra stia succedendo per l’attuale nazionale olandese, seguono invece con rispetto e, talvolta, qualcosa di vicino alla devozione. Uno che cinque anni fa si era ritirato e che ora non esclude di allenare ancora altre nazionali.
Nato ad Amsterdam nel 1951, Van Gaal provò a fare il calciatore ma senza grandi risultati: nonostante una capacità non comune di visione e comprensione del gioco, le qualità tecniche e le doti atletiche lasciavano infatti parecchio a desiderare. Divenne quindi insegnante di ginnastica, vice allenatore di calcio e, a quarant’anni, allenatore dell’Ajax. Fu lì che propose un gioco dalle complesse premesse tattiche, che si basava sull’immaginaria divisione del campo in tanti triangoli, sull’importanza di controllare il possesso palla e su un sistematico approccio offensivo alle partite.
Con una squadra promettente ma fatta di giocatori ancora giovani e calcisticamente acerbi, Van Gaal vinse la Champions League nel 1995 e l’anno successivo perse in finale, ai rigori, contro la Juventus. Si cita spesso il fatto che in quegli anni sulla porta dell’ufficio di Van Gaal fosse scritto «la qualità è l’esclusione della coincidenza».
Dall’Ajax Van Gaal passò ad allenare il Barcellona, dove vinse due campionati, dove arrivò in semifinale di Champions League e dove ebbe come giocatore Pep Guardiola e come assistente José Mourinho, due allenatori tra quelli che più avrebbero segnato il calcio di questo secolo. Van Gaal ebbe però problemi con giocatori, dirigenza e tifosi, che lo portarono a lasciare la squadra e ad allenare per la prima volta l’Olanda.
Andò male, tornò al Barcellona, andò male anche lì e nel 2005 tornò nei Paesi Bassi all’AZ di Alkmaar, con cui nel 2009 vinse il campionato, 28 anni dopo il precedente. Divenne poi allenatore del Bayern Monaco, con cui già il primo anno arrivò in finale di Champions League (persa contro l’Inter di Mourinho) e dove vinse sia il campionato che la coppa tedesca. Fu però esonerato a metà della seconda stagione.
Di quel periodo è molto noto l’aneddoto, raccontato dall’attaccante Luca Toni, secondo cui, per mostrare la sua virilità, Van Gaal – i cui riferimenti sessuali in relazione al calcio sono numerosi – si abbassò pantaloni e mutande davanti alla squadra.
Di nuovo scelto come allenatore dell’Olanda, nel 2014 passò i quarti di finale con una scelta azzardata e che attirò moltissime attenzioni: sostituì il portiere appena prima dei rigori. Fu poi eliminato in semifinale, sempre ai rigori (senza aver prima sostituito il portiere), dall’Argentina.
Dell’esperienza al Manchester United, terminata con qualcosa di molto vicino a un ammutinamento dei suoi giocatori, il Guardian ha scritto che Van Gaal diede da subito la sensazione di essere «un generale scontroso e superato dagli eventi, un Napoleone deriso per le sue ampollose teorie, le sue cadute e i suoi modi da cartone animato».
A parte qualche dichiarazione e aneddoto qua e là, dall’estate del 2016 a quella del 2021 di Van Gaal si parlò perlopiù come di un ex allenatore, uno che nel calcio sembrava proprio aver fatto ormai il suo tempo. Dopo il deludente risultato dell’Olanda agli Europei del 2021, dove fu eliminata dalla Repubblica Ceca agli ottavi di finale, e dopo l’esonero di Frank de Boer, Van Gaal fu però richiamato per allenare l’Olanda, e disse: «Se fossi stato al posto della federazione olandese mi sarei scelto senza dubbio. Non lo faccio per me, ma per il calcio olandese».
Da quando è allenata da Van Gaal, alla sua terza volta, l’Olanda non ha ancora perso una partita e si è qualificata in un girone difficile, con Turchia e Norvegia. Lo ha fatto partendo da una difesa con tre difensori centrali anziché con due centrali e due terzini, e da un calcio attendista e impostato in reazione a quello degli avversari. Due elementi in netto contrasto con la tradizione di calcio spregiudicato dell’Olanda e delle prime squadre di Van Gaal, che è stato descritto come “un cruyffiano odiato da Cruyff”, il simbolo del “calcio totale” e creativo olandese.
Solo ad aprile, diversi mesi dopo l’avvenuta qualificazione, durante un programma televisivo olandese, Van Gaal raccontò di avere un tumore alla prostata. Si seppe in seguito che, senza che i giocatori lo sapessero, era anche successo che sotto il cappotto avesse un catetere e una sacca per colostomia e che quello era il motivo per cui si era presentato in sedia a rotelle per la decisiva partita dell’Olanda contro la Norvegia.
Nell’Olanda che ha portato ai Mondiali in Qatar Van Gaal ha ritrovato premesse simili a quelle che trovò negli anni Novanta all’Ajax: una squadra molto giovane in cui un terzo dei giocatori ha meno di 23 anni, con alcuni giocatori molto forti, affermati e talentuosi – come il difensore Virgil van Dijk e il centrocampista Frenkie de Jong – ma molti altri nemmeno vicini a quei livelli. Dichiarazioni e atteggiamenti dei calciatori olandesi suggeriscono grande unione e fiducia nelle idee e nella guida di Van Gaal.
Negli ultimi mesi Van Gaal si è fatto notare anche per come e quanto, a differenza di molti altri allenatori, ha preso posizione sui Mondiali in Qatar. Ha detto che i tifosi olandesi che volevano boicottarli facevano bene a farlo (aggiungendo poi che puntava però ad arrivare in finale per convincerli a guardare almeno quella) e già a marzo aveva definito «ridicoli» questi Mondiali, aggiungendo che la FIFA dice «cazzate».
Van Gaal è l’allenatore più anziano a questi Mondiali e uno dei tre più anziani in tutta la storia della competizione. Alla guida di una delle squadre più giovani del torneo, venerdì alle 20 giocherà contro l’Argentina, una delle squadre con l’età media più alta, allenata dal quarantaquattrenne Lionel Scaloni, il più giovane tra gli allenatori di questi Mondiali.
Se si escludono tempi supplementari e rigori, contando le partite del 2014 e quelle di quest’anno, ai Mondiali Van Gaal è imbattuto da undici partite. Della squadra che allena in Qatar, Van Gaal ha detto che ha più qualità di quella che perse nel 2014 contro l’Argentina e del suo approccio tattico ha detto: «Pensavo che si dovesse sempre attaccare, ma mi sono evoluto e ora mi concentro maggiormente su come vincere».
Spesso attaccando e giocando molto bene, nella sua storia l’Olanda ha raggiunto tre volte la finale dei Mondiali – nel 1974, nel 1978 e nel 2010 – ma non li hai mai vinti. Qualsiasi risultato otterrà in Qatar, Van Gaal sarà comunque sostituito da Ronald Koeman, ex allenatore del Barcellona che già ha un accordo con la federazione olandese. Di suo, Van Gaal ha detto però che non esclude la possibilità di allenare altrove, compresa la nazionale belga, che ha esonerato il suo allenatore dopo l’eliminazione dai Mondiali.
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