L’inchiesta sulla violenza contro le manifestanti iraniane
Il Guardian ha raccontato, con molte testimonianze, che la polizia del regime spara di proposito su occhi e genitali durante le proteste
Un’inchiesta del Guardian ha raccontato di diversi casi in cui in Iran le forze di sicurezza impegnate nella repressione delle proteste contro il regime hanno colpito i manifestanti, soprattutto le donne, sparando su organi come occhi e genitali.
L’inchiesta, delle giornaliste Deepa Parent e Ghoncheh Habibiazad, è basata su interviste con 10 medici e infermieri che nel corso di questi mesi hanno curato in segreto i manifestanti feriti – a volte a casa degli stessi manifestanti – per evitare di essere arrestati: in quasi tre mesi di proteste il regime ha fatto arrestare moltissime persone accusandole di aver mostrato solidarietà nei confronti di chi protestava. Per gli stessi motivi i medici ascoltati dal Guardian hanno accettato di parlare solo in condizioni di anonimato.
I medici in questione hanno detto di aver notato per la prima volta gli spari ai volti e ai genitali delle manifestanti accorgendosi che le donne arrivavano da loro con ferite molto diverse da quelle comunemente inflitte agli uomini, che di solito si presentavano con proiettili conficcati nelle gambe, nei glutei o nella schiena. I medici hanno poi condiviso con il Guardian anche diverse foto – alcune delle quali pubblicate nell’inchiesta – che ritraggono i proiettili delle forze di sicurezza conficcati in profondità nella carne delle persone trattate, presumibilmente dopo essere stati sparati a distanza ravvicinata.
Le foto ottenute dal Guardian mostrano in particolare ferite provocate da decine di piccole sfere di metallo o di plastica, sparate da alcuni tipi di armi che secondo Brian Castner, consulente di Amnesty International su questioni militari interpellato dal Guardian, sono armi da caccia e non possono essere usate dalla polizia per gestire le proteste.
Una di queste foto, fatta coi raggi X, ritrae decine di piccole sfere di metallo conficcate in un cranio. I medici intervistati hanno detto che è capitato molto frequentemente di ricevere donne, ma anche uomini e bambini, colpite in particolare agli occhi, con danni che con tutta probabilità saranno permanenti e che in alcuni casi hanno già provocato una perdita parziale o totale della vista: il Guardian ha scritto di aver visto anche una fotografia che ritrae decine di sfere di metallo conficcate nei bulbi oculari di alcuni manifestanti (questa foto non è pubblicata nell’inchiesta), e altre fotografie che ritraggono danni agli occhi e al viso.
Le autrici dell’inchiesta hanno condiviso queste fotografie anche con Iain Hutchison, chirurgo facciale del Regno Unito e fondatore di Saving Faces, fondazione che si occupa di ricerca sulla chirurgia facciale: Hutchison ha confermato che le foto ritraggono «persone colpite a bruciapelo da proiettili a pallini sparati direttamente in entrambi gli occhi, con gravi danni permanenti o cecità». Secondo Hutchison il tipo di ferite suggerisce che i manifestanti siano stati «tenuti a terra o fermi, senza la possibilità di muovere la testa».
Un caso di persona colpita agli occhi che in Iran aveva attirato molta attenzione era stato quello di Ghazal Ranjkesh, una studentessa della città costiera di Bandar Abbas, che giorni fa era stata colpita all’occhio destro mentre tornava a casa, presumibilmente attraversando una zona in cui erano in corso le proteste: Ranjkesh aveva denunciato la cosa sul proprio profilo Instagram con un post, ora rimosso.
Per denunciare casi come questi, a novembre, circa 400 oftalmologi iraniani avevano inviato una lettera a Mahmoud Jabbarvand, segretario generale della Società iraniana di oftalmologia, protestando contro quello che considerano un sistematico e deliberato tentativo di accecare i manifestanti.
Uno dei medici ascoltati dal Guardian ha raccontato poi di aver curato una donna di circa 20 anni che aveva due sfere di metallo conficcate nei genitali e altre dieci nell’interno coscia: queste ultime «sono state rimosse piuttosto facilmente, ma è stato molto più difficile estrarre le due sfere incastrate nei genitali, collocate tra l’uretra e la vagina», ha raccontato il medico. La donna in questione gli aveva raccontato che stava manifestando quando un gruppo di agenti l’ha circondata e le ha sparato addosso, puntando intenzionalmente ai genitali e alle cosce.
Diversamente da Hutchison, Castner di Amnesty International ha detto che è difficile capire dalle sole foto quali parti del corpo siano state prese di mira dagli agenti di polizia, dato che i proiettili in questione vengono sparati «a spruzzo» e finiscono per colpire in diversi punti.
Alcuni medici iraniani, comunque, hanno accusato le forze di sicurezza iraniane di aver ignorato le pratiche che dovrebbero adottare nella gestione delle proteste, che prevedono tra le altre cose di mirare ai piedi e alle gambe per evitare di danneggiare gli organi, puntando invece in modo intenzionale contro visi, genitali e organi importanti. Il Guardian ha contattato per chiarimenti sulla questione il ministero degli Esteri iraniano, senza per ora ricevere risposta.
Le proteste in Iran sono iniziate quasi tre mesi fa dopo la morte di una donna di 22 anni, Mahsa Amini, mentre era in arresto per non aver indossato correttamente il velo.
Col passare dei giorni le manifestazioni si sono trasformate in un’eccezionale, trasversale e partecipata rivolta contro il regime, che ha represso le manifestazioni con estrema violenza: sono state arrestate migliaia di persone e ne sono state uccise diverse centinaia, tra cui alcuni minorenni. In alcuni casi i manifestanti sono stati condannati a morte (ieri è stata eseguita la prima condanna a morte, contro un manifestante di 23 anni impiccato perché accusato di aver ferito un poliziotto).
Tra le altre cose, sono arrivate anche testimonianze sul fatto che le forze di sicurezza iraniane sarebbero arrivate a usare le ambulanze per infiltrarsi nelle proteste e arrestare i manifestanti, per poi picchiarli all’interno dei veicoli o portarli via, una pratica che viola le norme internazionali sulla fornitura imparziale di cure mediche.