La prima condanna a morte dall’inizio delle proteste in Iran
È stata eseguita su un uomo accusato di «inimicizia contro Dio», e di aver aggredito e ferito un agente di polizia durante le manifestazioni
Giovedì il governo iraniano ha annunciato di aver eseguito la prima condanna a morte tra quelle decise nelle scorse settimane, tutte a carico di persone incriminate per il loro coinvolgimento nelle proteste in corso contro il regime. Sono proteste che ormai vanno avanti da quasi tre mesi, iniziate dopo che una donna di 22 anni, Mahsa Amini, era morta mentre era in arresto per via del fatto che non indossava correttamente il velo. Nel corso delle settimane, tuttavia, i manifestanti avevano molto ampliato le loro richieste, iniziando a chiedere la fine del regime e l’instaurazione di un sistema democratico.
Mizan, il sito di notizie della magistratura iraniana, ha scritto che la persona su cui è stata eseguita la condanna a morte si chiamava Mohsen Shekari: è stato impiccato nella mattinata di giovedì, perché accusato del reato di moharebeh, che in persiano significa più o meno «inimicizia contro Dio». Shekari era stato arrestato perché accusato di aver bloccato una strada a Teheran, la capitale dell’Iran, lo scorso 3 ottobre e di aver aggredito e ferito un agente di polizia. Era stato condannato a morte lo scorso 20 novembre. Sempre secondo Mizan, Shekari avrebbe detto di aver ricevuto da un conoscente un’offerta in denaro per attaccare le forze di sicurezza.
Il processo contro Shekari è stato presieduto dal giudice Abolghassem Salavati, soggetto a sanzioni da parte degli Stati Uniti per il suo ruolo in processi di natura politica contro giornalisti, avvocati, attivisti e minoranze etniche. Finora sono almeno 12 le persone condannate a morte per il loro coinvolgimento nelle proteste, nel corso delle quali sono state arrestate migliaia di persone e ne sono state uccise diverse centinaia, tra cui alcuni minorenni.