Come stiamo studiando il più vasto ghiacciaio alpino italiano
Cioè quello dell’Adamello: ne è stata estratta una carota di ghiaccio di 200 metri e al suo posto è stato messo un cavo in fibra ottica
Sulle Alpi italiane ci sono circa 900 ghiacciai e l’esistenza di ognuno di essi è attualmente minacciata dal riscaldamento globale, sebbene in misure diverse a seconda della loro altitudine, posizione e disposizione. E anche in Italia, come in altre parti del mondo, si cerca di osservare l’impatto del cambiamento climatico sui ghiacciai sebbene non lo si possa fare con tutti. Uno dei più sorvegliati è il ghiacciaio dell’Adamello, che si trova nel nord della Val Camonica, a cavallo tra la Lombardia e il Trentino-Alto Adige: è il più vasto e profondo ghiacciaio delle Alpi italiane ma si prevede che scomparirà entro la fine del secolo.
Per studiare la storia e le condizioni attuali di questo ghiacciaio, in modo da fare previsioni più precise sul futuro, nel 2021 è iniziato un progetto scientifico specifico, ClimADA. In una prima fase è stato estratto dal ghiacciaio un cilindro di ghiaccio (detto carota) lungo 224 metri: la sua analisi, già iniziata e tuttora in corso, fornirà informazioni su mille anni di storia climatica delle Alpi centrali, perché il ghiaccio di cui è fatto si è accumulato appunto nell’ultimo millennio.
Per studiare invece l’evoluzione futura dell’Adamello, gli scienziati di ClimADA hanno sfruttato lo stretto pozzo formatosi con la rimozione della carota per inserire all’interno del ghiacciaio una lunga sonda a fibra ottica, che permette di misurare sia la temperatura che la pressione del ghiaccio a diverse profondità in modo continuo. È uno strumento che insieme ad altri tipi di sensori, più tradizionali, e alle osservazioni satellitari permetterà di analizzare molto bene le trasformazioni del ghiacciaio. Il ghiacciaio dell’Adamello è il primo in Italia in cui sia stato installato un sistema di monitoraggio di questo tipo.
ClimADA è coordinato dalla Fondazione Lombardia per l’Ambiente, creata dalla Regione Lombardia nel 1986, ed è sviluppato dall’Università di Milano-Bicocca con la collaborazione del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia, con il finanziamento di Fondazione Cariplo.
Attualmente la carota di ghiaccio estratta nel 2021 si trova, divisa in varie parti, nell’EuroCOLD Lab di Milano-Bicocca, dove è conservata a temperature molto basse, fino a -50 °C, in condizioni che replicano quelle presenti in alta montagna. Una sua parte continuerà a essere conservata come archivio, mentre varie porzioni sono state usate (e sciolte) per analizzare le diverse sostanze che nel corso del tempo si sono depositate sulla superficie del ghiacciaio dall’atmosfera e ne sono rimaste intrappolate: è la presenza di queste sostanze che ci può insegnare delle cose sul passato.
Già con un’analisi iniziale alcuni strati della carota hanno potuto essere datati grazie a tali sostanze: è stato facile individuare il ghiaccio risalente al 1986, anno del disastro della centrale nucleare di Chernobyl, e quello del 1963, anno in cui vennero fatti test con bombe atomiche da parte di Stati Uniti e Unione Sovietica, misurando i livelli di cesio.
Ora attraverso lo studio della carota si sta cercando di ottenere delle informazioni sul periodo industriale, quello in cui sono cominciate le emissioni di gas serra dovute alle attività umane; sulla Prima guerra mondiale, che venne combattuta anche sull’Adamello; sulla cosiddetta Piccola età glaciale, tra il XIV e il XIX secolo; e infine sul periodo in cui si formarono gli ultimi trenta metri della carota, quello più antico che può essere studiato con questo campione. Il confronto tra i diversi strati di ghiaccio permetterà di conoscere meglio gli effetti della presenza umana e delle attività umane sull’alta montagna alpina.
A occuparsi della parte di ClimADA relativa alla sonda fatta di quattro cavi di fibra ottica è il Politecnico di Milano. La fibra ottica è stata scelta come strumento per questa parte del progetto perché è molto poco invasiva nei confronti del ghiacciaio (è un materiale inerte ed elettromagneticamente neutro) e poco costosa, e non ha bisogno di alimentazione.
Finora la sonda è stata usata in quattro missioni di misura, due nel 2021 e due nel 2022, di cui la più recente il 19 novembre: in ciascuna di queste occasioni il gruppo di ricerca addetto ha trasportato una serie di strumenti sul ghiacciaio in elicottero e ha raccolto i dati di temperatura e pressione nel giro di qualche ora. Per il momento i cavi hanno resistito alla compressione del ghiaccio senza problemi. I dati ottenuti con il suo utilizzo permetteranno di fare simulazioni sulle trasformazioni e gli spostamenti del ghiacciaio (generalmente le masse di ghiaccio sono in movimento, per quanto non sempre evidente) dopo essere stati integrati dalle osservazioni satellitari. Le simulazioni saranno utili per verificare le attuali previsioni sulla futura scomparsa del ghiacciaio.
Il primo dicembre, presentando i primi risultati di ClimADA, Roberto Ranzi dell’Università degli Studi di Brescia, professore di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia, ha mostrato una serie di fotografie che evidenziano i cambiamenti del ghiacciaio dal 2000 a oggi.
Per quanto riguarda il 2022, Ranzi lo ha definito, come altri scienziati prima di lui, «un anno glaciologico disastroso» a causa della siccità e delle temperature particolarmente alte, che hanno contribuito al crollo sulla Marmolada che a luglio ha causato la morte di 11 persone. Alla base del ghiacciaio dell’Adamello, in particolare, si è formato un nuovo lago e si è creata una separazione tra due parti di ghiaccio, a causa delle quali la superficie complessiva del ghiacciaio forse si calcolerà in modo diverso.
Ranzi ha anche mostrato un video in cui è rappresentata la futura evoluzione del ghiacciaio dell’Adamello fino a fine secolo secondo le previsioni attuali. Si nota una notevole riduzione della sua superficie già nel corso dei prossimi vent’anni.
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