Il grande sciopero a favore dei manifestanti in Iran
Negozi e altre attività sono bloccate in decine di città del paese, mentre continua la confusione sull'abolizione della polizia religiosa
È cominciato lunedì in Iran un grande sciopero nazionale di tre giorni indetto dai manifestanti che da mesi protestano contro il regime, con l’intento di mettere pressione sul regime stesso. Lo sciopero, che è uno degli atti più imponenti organizzati in questi mesi di proteste, sta coinvolgendo migliaia di negozianti, studenti e lavoratori in circa 40 città iraniane. Sui social network circolano da lunedì i video di decine di città in cui i negozi sono per la stragrande maggioranza chiusi, con le serrande abbassate. In questi giorni hanno protestato anche i guidatori dei camion, cosa che ha fatto aumentare la sensazione di blocco.
دوشنبه ۱۴ آذر؛ تهران.#اعتصابات_سراسری #مهسا_امینی pic.twitter.com/uBb2K3qdji
— +۱۵۰۰تصویر (@1500tasvir) December 5, 2022
È tuttavia molto complesso capire quanto lo sciopero sia davvero partecipato, in assenza di informazioni affidabili provenienti dall’Iran. È anche possibile che almeno una parte dei negozianti abbia deciso di chiudere le proprie attività non tanto in solidarietà con i manifestanti quanto per timore che i negozi venissero coinvolti negli scontri e dalle violenze.
Il regime iraniano sostiene che i negozianti abbiano chiuso le loro attività perché minacciati dai manifestanti «rivoltosi», anche se a giudicare dall’ampiezza dello sciopero generale sembra estremamente improbabile.
دوشنبه ۱۴ آذر؛ خمین.#اعتصابات_سراسری #مهسا_امینی pic.twitter.com/bT05ybpRe3
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Nelle strade di molte città iraniane sono stati appesi poster che invitano tutti ad aderire allo sciopero, che ha l’obiettivo di aumentare il più possibile la pressione sul regime che governa il paese. Nei mesi scorsi mobilitazioni simili avevano portato a grossi e violenti scontri tra i manifestanti e la polizia.
Nel frattempo continua da alcuni giorni la confusione in Iran sulla questione dell’abolizione della polizia religiosa, cioè il corpo che si occupa di far valere le rigide regole di morale e decoro religioso in vigore in Iran e che è al centro delle proteste degli ultimi mesi. Nel fine settimana un importante esponente del regime ne aveva annunciato lo scioglimento, ma alle sue dichiarazioni non era seguita alcuna azione ufficiale, anzi: per ora la polizia religiosa non è stata smantellata e non è affatto chiaro se lo sarà in futuro.
Altri esponenti del regime, oltre ai media di stato, si sono rifiutati di dire se la polizia religiosa sarà smantellata o meno, ma il giornale riformista Hammihan ha scritto lunedì che nelle città fuori dalla capitale Teheran la sua presenza è stata semmai rafforzata nelle ultime ore.
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Tuttavia rimane possibile che il regime stia preparando un qualche tipo di riforma della polizia religiosa, anche se non è chiaro se e come sarà attuata: di certo c’è che non ci saranno grosse concessioni ai manifestanti. Per esempio Ali Khanmohammadi, portavoce della Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, che si occupa dell’applicazione degli editti religiosi, ha detto lunedì che l’era della polizia religiosa è finita, ma che i costumi e la morale islamici saranno fatti rispettare in altri modi, più «moderni».
L’eliminazione della polizia religiosa è fin dall’inizio uno degli obiettivi delle proteste, iniziate a metà settembre dopo che una donna di 22 anni, Mahsa Amini, era morta dopo essere stata arrestata proprio dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo. Nel corso dei mesi, tuttavia, i manifestanti avevano molto ampliato le loro richieste, iniziando a chiedere la fine del regime e l’instaurazione di un sistema democratico.
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