Il governo cambierà il discusso decreto sui “raduni pericolosi”
Ha deciso di escludere manifestazioni e scioperi, e ha limitato la responsabilità agli organizzatori: ma restano diverse criticità
Il governo di Giorgia Meloni ha presentato un emendamento per modificare la norma contro i “raduni pericolosi” nata per contrastare i “rave party”, cioè le feste di musica techno organizzate senza permessi, e contenuta in un decreto-legge approvato il 31 ottobre. Le modifiche si sono rese necessarie dopo che la prima stesura del testo era stata scritta in modo troppo vago e aveva sollevato diversi dubbi, non solo da parte delle opposizioni ma anche da parte di giuristi e costituzionalisti.
Il nuovo testo, depositato in commissione Giustizia al Senato, prova a risolvere alcuni dei problemi maggiori, ma mantiene il suo impianto di fondo nonché le pene molto elevate e la possibilità di effettuare sequestri e intercettazioni.
La modifica principale riguarda la definizione stessa dei “raduni” di cui si occupa: nella prima formulazione, curata dagli uffici legislativi del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, non si parlava mai esplicitamente di “rave party” (nonostante la presunta urgenza nascesse dopo quello organizzato a Modena), ma la definizione era così vaga da poter essere estesa anche a manifestazioni, scioperi, occupazioni studentesche. Ora il testo riformulato dagli uffici di Carlo Nordio, ministro della Giustizia, parla di «raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento».
Cambia anche l’articolo del codice penale a cui fa riferimento: non più il 434 (generico pericolo per la comunità), ma il 633, che si riferisce «all’invasione di terreni o edifici». Il reato, previsto dal nuovo articolo 633 bis, scatterà «quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per incolumità pubblica» per almeno uno dei seguenti motivi: possibile spaccio di droga, mancata osservanza delle norme sull’igiene o sulla sicurezza. Viene eliminato il vincolo sul numero dei partecipanti, che prima era fissato ad almeno 50 persone: la valutazione spetterà al giudice.
Inoltre ad essere perseguibili saranno solo gli organizzatori, mentre nella prima stesura del testo lo erano anche i semplici partecipanti, seppur in maniera minore. Non cambiano però le pene previste, che vanno dai 3 ai 6 anni, con multe da 1.000 a 10.000 euro.
Queste pene, oltre ad essere le più alte d’Europa, danno la possibilità agli investigatori di chiedere misure di custodia cautelare (ossia la carcerazione preventiva) e di effettuare intercettazioni. Quando il massimo della pena è superiore ai 5 anni, infatti, il codice di procedura penale (art. 266) ammette l’utilizzo di intercettazioni telefoniche durante le indagini. Questa era stata considerata una criticità della norma anche da esponenti di Forza Italia, che avevano proposto di diminuire la pena massima a 4 anni, ma l’emendamento non interviene su questa parte del testo.
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