La Commissione Europea vuole ridurre l’uso di imballaggi usa e getta
Come i bicchieri di carta per il caffè bevuto al bar e le boccette per lo shampoo negli hotel: ma chi li produce e ricicla è critico
Il 30 novembre la Commissione Europea ha presentato una proposta di revisione delle leggi europee sugli imballaggi e sui rifiuti che tra le altre cose prevede che non si usino più i bicchieri di carta per bevande consumate all’interno di bar e ristoranti, le bustine di zucchero, le boccette di plastica per shampoo e docciaschiuma degli hotel e certe confezioni in cui si vendono frutta e verdura. Per la Commissione dovrebbero essere sostituiti con imballaggi lavabili e riutilizzabili.
Lo scopo della proposta è ridurre l’aumento della produzione di rifiuti. Nel 2020 ogni cittadino europeo ha generato in media 177 chilogrammi di rifiuti da imballaggi ogni anno, e anche per il sempre più diffuso consumo di pasti consegnati a domicilio e uso dei servizi di e-commerce, questa quantità sta crescendo. È aumentata di più del 20 per cento negli ultimi dieci anni e potrebbe aumentare del 19 per cento entro il 2030 in assenza di contromisure, sostiene la Commissione.
La sparizione di tanti imballaggi usa e getta dalla vita quotidiana dei cittadini europei non è comunque imminente: la proposta dovrà essere presa in esame dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea, l’organo composto da un rappresentante del governo per ogni paese dell’Unione, seguendo il normale processo legislativo che è piuttosto lungo. Inoltre non è detto che andando avanti la proposta non venga modificata e moderata, dato che i gruppi industriali del settore degli imballaggi, che hanno già criticato i progetti della Commissione, potrebbero influenzare le opinioni dei parlamentari europei e quindi il dibattito.
In parte è già successo perché nell’ultimo mese era stata diffusa una prima bozza della proposta della Commissione, di cui anche i giornali avevano cominciato a parlare, e rispetto a quella il testo diffuso mercoledì propone cambiamenti meno netti. Dice ad esempio che entro il 2030 almeno il 20 per cento delle bevande vendute nei bar per l’asporto dovranno essere servite in contenitori riutilizzabili o portati dai clienti, e che entro il 2040 questa quota dovrà aumentare fino all’80 per cento. Dice anche che i produttori di birra dovranno vendere almeno il 10 per cento dei propri prodotti in bottiglie riutilizzabili entro il 2030, e almeno il 20 per cento entro il 2040. Ma gli obiettivi della prima bozza erano più ambiziosi.
L’aspetto più contestato della proposta della Commissione è l’intento di favorire il riuso degli imballaggi a scapito del loro riciclo. L’argomentazione dell’industria degli imballaggi è che dato che per pulire quelli riutilizzabili sono necessarie grandi quantità di energia e acqua non ci sarebbe un vero beneficio nel privilegiarli in termini di impatto ambientale. Un’altra critica è che favorendo gli imballaggi riutilizzabili si rendono vani gli investimenti fatti per la realizzazione degli impianti di riciclo.
In realtà la proposta ha anche il fine di aumentare il tasso di riciclo degli imballaggi: prevede ad esempio che quelli di plastica siano fatti per una certa percentuale di materiale riciclato. E più in generale auspica che entro il 2030 tutti gli imballaggi nel mercato europeo siano riciclabili.
La proposta prevede anche altre misure per ridurre la produzione di rifiuti. Una riguarda il marketing dei prodotti: la Commissione vuole vietare le parti superflue degli imballaggi, quelle solitamente progettate appunto per rendere più attraenti le confezioni dei prodotti. Un esempio sono gli imballaggi con un fondo o con le pareti molto spesse, progettati per dare l’impressione che contengano una quantità maggiore di prodotto. La Commissione vorrebbe insomma che gli imballaggi fossero standardizzati, per ridurre la produzione e lo spreco di materiale inutile, cosa che è malvista dalle aziende perché l’uso di confezioni più simili le une alle altre renderebbe più complicate le strategie di concorrenza.
La proposta comprende anche nuove regole per il settore degli imballaggi compostabili, sempre più diffusi. Dice che solo una «lista molto ridotta di prodotti» possono essere segnalati come compostabili, e quindi da gettare insieme alla componente umida dei rifiuti, perché alcuni hanno dei tempi di degradazione troppo lunghi per essere trattati insieme ai resti alimentari. Questa lista comprende ad esempio le bustine del tè, le borse della spesa spesso riusate per raccogliere i rifiuti e le etichette adesive che vengono attaccate a frutta e verdura nei supermercati.
Secondo le stime della Commissione, le misure presenti nella proposta ridurranno le emissioni di gas serra prodotte dal settore degli imballaggi ogni anno di 23 milioni di tonnellate, una quantità pari alle emissioni complessive annuali della Croazia. Anche l’uso di acqua sarà ridotto, di 1,1 milione di metri cubi all’anno. «Le industrie degli imballaggi usa e getta dovranno investire in una transizione», ha detto la Commissione, «nel complesso l’impatto sarà positivo per l’economia e per la creazione di posti di lavoro nell’Unione».
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