“Gaslighting” è la parola dell’anno per il vocabolario Merriam-Webster
Si è diffusa nell'inglese, ma è usata anche in Italia: definisce una particolare manipolazione psicologica e deriva da un'opera teatrale
La Merriam-Webster, storica e famosa società editrice statunitense di dizionari in lingua inglese, ha scelto “gaslighting” come parola dell’anno. Nel 2022 infatti le ricerche di questa voce sul loro sito sono aumentate del 1.740 per cento.
Col termine “gaslighting” (dal verbo “to gaslight”) si intende l’atto o la pratica di fuorviare qualcuno, di mettere in dubbio il suo senso della realtà per un proprio vantaggio facendogli credere che il suo sentire o le sue reazioni siano sbagliate. È un termine che viene dalla lingua inglese, ma ultimamente è molto usato anche in italiano, soprattutto tra le giovani generazioni e chi frequenta i social network.
Il Merriam-Webster ne dà due definizioni. Nella prima si dice che il gaslighting è la «manipolazione psicologica di una persona» spesso portata avanti per un tempo prolungato, «che induce la vittima a mettere in dubbio la validità dei propri stessi pensieri, della propria percezione della realtà o dei propri ricordi. Normalmente porta confusione, perdita di fiducia in sé e di autostima, incertezza sulla propria stabilità mentale e dipendenza dal manipolatore». Si aggiunge che il gaslighting può essere uno strumento molto efficace usato da un aggressore per controllare un individuo.
La seconda definizione dice che il gaslighting è «l’atto o la pratica di fuorviare o ingannare grossolanamente qualcuno, soprattutto per un proprio vantaggio personale». Nel tempo in cui ci troviamo ora, spiega il dizionario, è proprio questo secondo senso a prevalere a causa del «grande aumento dei canali e delle tecnologie utilizzate» per arrivare all’obiettivo. La parola descrive insomma inganni che fanno parte di un piano ampio. A differenza della parola “bugia” o “menzogna”, che tende ad essere applicata in una relazione tra individui, o della parola “frode”, che tende a coinvolgere organizzazioni, il “gaslighting” si applica sia in contesti personali che politici. In questo suo uso, la parola è dunque familiare ad altri termini relativi a forme moderne di inganno e manipolazione, come “fake news” e “deepfake”.
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Il termine ha un’origine curiosa. Viene fatto risalire a un’opera teatrale del 1938 di Patrick Hamilton, drammaturgo e romanziere inglese, intitolata “Gas Light”, “Luci a gas”: è ambientato a Londra in epoca vittoriana e racconta un matrimonio borghese basato su bugie e inganni in cui il protagonista Jack Manningham cerca di convincere la moglie Bella che sta impazzendo, dicendole, tra le altre cose, che il fatto che le luci a gas della loro casa si stiano spegnendo avviene solo nella sua immaginazione.
Dall’opera teatrale vennero tratti due film, entrambi intitolati “Gaslight”, un film britannico del 1940 e un film americano del 1944 diretto da George Cukor, che in Italia è stato intitolato “Angoscia”: racconta la storia degli abusi psicologici di un marito, interpretato da Charles Boyer, nei confronti della moglie, interpretata da Ingrid Bergman. Il marito vuole far interdire la moglie come malata di mente e, una volta ottenuta la sua custodia in manicomio, appropriarsi dei preziosi gioielli della zia che diversi anni prima l’uomo aveva ucciso. Usa dunque una serie di stratagemmi per farle credere di essere pazza con la complicità della domestica Nancy, interpretata da Angela Lansbury.
La Merriam-Webster ha precisato che l’interesse per la parola “gaslighting” sul loro sito non è stata determinata da un singolo evento in particolare: «È stata una parola cercata di frequente ogni singolo giorno dell’anno».
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