Non è vero che ci sarà un mese di congedo parentale in più
Lo aveva fatto intuire Giorgia Meloni presentando la legge di bilancio, ma le cose stanno diversamente
Lo scorso 22 novembre, presentando il disegno di legge di bilancio approvato dal governo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva parlato di alcune misure pensate per la «famiglia e la natalità», tra cui una modifica importante al funzionamento del congedo parentale. «Noi abbiamo aggiunto un mese di congedo facoltativo, non obbligatorio, ma retribuito all’80 per cento e utilizzabile fino al sesto anno di vita del bambino», aveva detto Meloni, definendo poi la misura una «specie di piccolo salvadanaio del tempo» per le madri e facendo dunque intuire che avrebbe riguardato solo loro. Con quelle dichiarazioni Meloni aveva dunque fatto supporre che sarebbe stato introdotto un mese di congedo in più per le madri lavoratrici, ma in realtà non è così.
Al momento di quelle dichiarazioni, la bozza della legge di bilancio non era ancora stata pubblicata e quindi molti giornali si erano affidati alle parole di Meloni, scrivendo che con la nuova legge di bilancio il congedo parentale facoltativo sarebbe aumentato di un mese e che quel mese in più sarebbe stato retribuito all’80 per cento e non più al 30 per cento. Ma nel testo finale che verrà discusso nei prossimi giorni da Camera e Senato, passato in esame (“bollinato”) dalla Ragioneria di stato il 29 novembre, le cose stanno in maniera diversa. In questa versione del testo la modifica del congedo parentale non è come l’aveva annunciata Meloni. È presente il fatto che la misura riguarderà solo le madri, ma non si parla di un mese di congedo facoltativo extra.
Oggi il congedo parentale facoltativo è un diritto di entrambi i genitori, non solo della madre: è «un periodo di astensione facoltativo dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali», come si spiega sul sito dell’INPS. Può essere utilizzato entro i primi dodici anni di vita del figlio ed è retribuito per nove mesi con un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente all’inizio del periodo di congedo. Il periodo di astensione può essere di dieci mesi complessivi (ma può salire a undici in alcuni casi) e questi mesi possono essere ripartiti tra i due genitori in modo differente; per i redditi più bassi vengono retribuiti al 30 per cento anche i mesi di congedo oltre il nono.
Nel testo della legge di bilancio si parla di congedo parentale all’articolo 66. La modifica introdotta riguarda il decreto legislativo numero 151 del 26 marzo 2001 che si occupa di tutela e sostegno della maternità e della paternità. E interviene, in particolare, sull’articolo 34 di quel decreto, che parla di trattamento economico in caso di congedo parentale e stabilisce che l’indennità per nove mesi sia pari al 30 per cento.
L’articolo 66 della legge di bilancio, con una modifica, stabilisce che l’indennità al 30 per cento venga aumentata «per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino alla misura dell’80 per cento della retribuzione», e solo per la madre lavoratrice. Si applicherà, se approvato in questa forma, alle madri lavoratrici che termineranno il congedo di maternità obbligatorio a partire dal 2023.
Di fatto, dunque, non viene allungato di un mese il periodo di congedo parentale facoltativo per le madri. Ma si stabilisce che, per le madri, uno dei mesi di congedo parentale facoltativo e che viene utilizzato entro i sei anni di vita del bambino sia pagato non al 30 per cento, ma all’80 per cento.
Va fatto notare però che nell’ambito della contrattazione collettiva è possibile attribuire alla lavoratrice o al lavoratore condizioni più favorevoli rispetto alla legge dello stato: per alcuni lavoratori e lavoratrici, come ad esempio tutti i dipendenti pubblici, è già previsto che il primo mese di congedo venga retribuito per intero.
Bisogna chiarire un tema su cui spesso si fa confusione: il congedo parentale facoltativo non coincide con il congedo di paternità obbligatorio e nemmeno con il congedo di maternità. Il congedo di paternità obbligatorio – di cui in Italia si parla da anni per via della forte disparità che c’è con tanti paesi europei – è riconosciuto ai padri lavoratori dipendenti, privati e pubblici, anche in caso di adozione e affidamento. Ha una durata di 10 giorni e può essere usato nell’arco temporale che va dai due mesi precedenti alla data presunta del parto fino ai cinque mesi successivi alla nascita. Per i giorni di congedo di paternità obbligatorio è riconosciuta un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione.
Il congedo di maternità è invece il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e subito dopo il parto e può avere una durata variabile: in condizioni regolari dura cinque mesi. In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro spetta al padre. Si tratta, in questo caso, del congedo di paternità alternativo. Durante i periodi di congedo di maternità la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità pari all’80 per cento della retribuzione media giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente all’inizio del congedo.