Perché i dirigenti della Juventus si sono dimessi
Per via delle indagini sulle cosiddette "plusvalenze false" e su alcune irregolarità nei bilanci in cui è coinvolto anche Andrea Agnelli
Lunedì la Juventus ha annunciato le dimissioni di nove membri del suo consiglio di amministrazione, comprese quelle del presidente Andrea Agnelli, che verrà sostituito da Gianluca Ferrero. La decisione di dimettersi è stata presa dai dirigenti per via delle indagini in cui sono coinvolti da più di un anno, riguardanti le cosiddette “plusvalenze false” e altre presunte irregolarità nel pagamento degli stipendi dei calciatori e nei bilanci societari.
La procura di Torino aveva dichiarato conclusa l’indagine sui dirigenti della Juventus lo scorso 24 ottobre: entro la fine dell’anno dovrebbe chiedere il rinvio a giudizio per gli indagati – tra cui Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved e l’ex direttore sportivo Fabio Paratici – accusati di falso in bilancio, manipolazione del mercato, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità di pubblica vigilanza e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Sarà successivamente il giudice dell’udienza preliminare, dopo le indagini preliminari, a decidere se avviare un processo nei confronti degli indagati citati.
Proprio per via della possibilità che nei prossimi mesi venga formalizzata una richiesta di processo, i dirigenti indagati hanno deciso di dimettersi per permettere alla società di affrontare da una posizione migliore le indagini, anche in seguito ad alcune divergenze strategiche nate all’interno dello stesso CdA.
Le indagini sui conti della Juventus erano iniziate nel novembre dello scorso anno: il filone principale riguarda le cosiddette “plusvalenze false”, la pratica nota da tempo con cui le squadre di calcio professionistiche sono solite scambiarsi giocatori a prezzi ritenuti non proporzionati al loro valore reale per sistemare artificiosamente i propri bilanci. Prima dell’inizio delle indagini anche la Consob — l’organo che vigila sulle società quotate nella borsa italiana — aveva sottoposto il club a una verifica, in quanto quotato in borsa e quindi soggetto a controlli più stringenti.
In precedenza la procura sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc) aveva già avviato un’indagine sulle plusvalenze della Juventus dopo una segnalazione della Covisoc, la commissione che vigila sulle società di calcio italiane. Quest’ultima aveva individuato 62 operazioni sospette da parte di squadre italiane, tra cui 42 che coinvolgevano la Juventus.
Nelle operazioni indicate come sospette rientravano soprattutto i trasferimenti di giovani poco conosciuti e quasi mai utilizzati, scambiati con valutazioni ritenute “gonfiate” per segnare a bilancio un profitto maggiore. Dal lato sportivo, però, le indagini si erano concluse con un nulla di fatto, principalmente per le difficoltà nello stabilire univocamente il reale valore di un giocatore. Secondo la giustizia ordinaria, però, la Juventus avrebbe “gonfiato” i propri bilanci di 282 milioni di euro complessivi attraverso queste operazioni.
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Un altro filone delle indagini riguarda invece le cosiddette “manovre stipendi” relative ai bilanci delle stagioni 2019-20 e del 2020-21.
Con la pandemia da coronavirus e le conseguenti minori entrate causate dalle restrizioni, nel marzo del 2020 la Juventus aveva concordato con 17 suoi calciatori una riduzione degli stipendi. L’accordo consisteva nel taglio di quattro mensilità (da marzo a giugno), cosa che avrebbe dovuto generare un risparmio di 90 milioni complessivi nel bilancio 2019-20.
In realtà, secondo la procura di Torino, la Juventus avrebbe stipulato degli accordi privati con alcuni calciatori per la restituzione di un totale di 67 milioni di euro di stipendi che erano stati inizialmente tagliati: queste restituzioni però non risulterebbero nei bilanci societari. Per questo motivo la procura accusa i dirigenti della Juventus di manipolazione del mercato, per avere diffuso notizie false che potrebbero aver alterato l’andamento delle azioni societarie in Borsa, e di falso in bilancio.