Marco Cappato è indagato per un caso di aiuto al suicidio, per il quale si era autodenunciato sabato scorso
Lunedì la procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che sabato scorso si era autodenunciato per aver accompagnato in una clinica svizzera Romano, un uomo 82enne malato di Parkinson che voleva accedere al suicidio assistito ma che non ne aveva diritto in Italia. Cappato era già stato iscritto al registro degli indagati lo scorso agosto per un caso analogo: aveva accompagnato in Svizzera Elena, una donna veneta di 69 anni affetta da una patologia polmonare irreversibile, che come Romano aveva chiesto assistenza all’associazione Luca Coscioni per accedere al suicidio assistito.
In entrambi i casi Cappato è accusato di aiuto al suicidio, reato previsto dall’articolo 580 del codice penale italiano: rischia dai 6 ai 12 anni di carcere.
Anche se una sentenza della Corte Costituzionale del 2019 aveva depenalizzato in alcuni casi l’aiuto al suicidio assistito, Cappato rischia comunque una condanna perché né il caso di Romano né quello di Elena rientrano tra quelli garantiti dalla sentenza del 2019. Nessuno dei due, infatti, era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, condizione citata espressamente dalla Corte. Alla sentenza – storica e nota appunto come “sentenza Cappato” – si era arrivati grazie a un ulteriore atto di disobbedienza civile da parte di Cappato, quello legato al caso di Fabiano Antoniani, detto dj Fabo, da lui accompagnato in Svizzera nel 2017.
La trappola del requisito del sostegno vitale.
Oggi si può accedere al suicidio assistito in Italia soltanto rispettando i 4 requisiti della sentenza 242. Uno di questi è il sostengo vitale che Romano non aveva. pic.twitter.com/p6ZLivkYQN
— Filomena Gallo (@Filomena_Gallo) November 26, 2022