Il piano per spostare il quartiere “a luci rosse” di Amsterdam non sta funzionando
L'idea di creare un centro erotico in periferia non piace né ai residenti delle zone dove verrebbe costruito né alle lavoratrici del sesso
I piani del comune di Amsterdam per ripensare e “trasferire” lo storico quartiere De Wallen della città – cioè il cosiddetto quartiere “a luci rosse” – non stanno andando molto bene. Nel quartiere le sex worker si mostrano nelle vetrine lungo le strade e ricevono i clienti in piccole stanze adiacenti. Il comune vorrebbe spostare le sex worker in un’altra zona, e creare un centro erotico in periferia: ma l’idea non piace né ai residenti delle zone dove il nuovo centro potrebbe essere costruito, né alle lavoratrici del sesso.
De Wallen è diventato negli anni un quartiere problematico. La sua popolarità attrae ogni giorno migliaia di persone, e causa difficoltà di ordine pubblico, pulizia e, dice il comune, anche di disturbo per le donne che ci lavorano. Il comune è intervenuto chiudendo alcune strade nelle ore notturne per consentirne la pulizia, alzando le tasse per i turisti, riducendo il numero di esercizi commerciali ad essi rivolti e quello dei nuovi hotel in costruzione, e dal 2020 aveva anche vietato i tour guidati. Ma niente di tutto questo era stato risolutivo.
Nel 2021 la sindaca Femke Halsema e il consiglio comunale avevano concordato un piano più radicale per spostare e reinventare il quartiere, e costruire un “centro erotico” a più piani con bar, ristoranti, teatri, spazi per l’intrattenimento, un centro sanitario e cento stanze per le lavoratrici del sesso in un’altra zona della città. Erano state individuate otto possibili aree per la sede del nuovo edificio, ma i residenti di tutte quelle zone hanno fatto resistenza, in alcuni casi si sono riuniti in comitati e hanno firmato delle petizioni.
Ciascun quartiere ha le proprie ragioni per non volere il centro. Una delle possibili zone di costruzione era quella, ad esempio, vicino all’area congressi RAI, il principale centro espositivo e congressuale del paese che si trova nella zona meridionale del quartiere finanziario di Amsterdam. Bart Vink, presidente di quel consiglio distrettuale, ha spiegato che il “centro erotico” attirerebbe molti visitatori in auto e danneggerebbe l’economia esistente: «Se qualcuno deve organizzare una grande conferenza e può scegliere tra Berlino, Barcellona e Amsterdam, il centro erotico non aiuterà certo ad attrarlo».
Nonostante le difficoltà, la sindaca Femke Halsema ha detto di essere ancora ottimista e ha fatto sapere che l’amministrazione ha individuato altre tre possibili aree per il centro erotico: «Spero che prima di Natale riusciremo a scegliere la location definitiva e a renderla nota». Ha anche detto che il suo obiettivo è migliorare la qualità della vita nel centro della città, ridurre l’influenza della criminalità organizzata nel lavoro sessuale e migliorare i diritti delle lavoratrici del sesso. «Ma mi rendo anche conto che c’è ancora molta strada davanti a noi perché la maggior parte delle persone associa il lavoro sessuale alla criminalità e alla vulnerabilità delle donne, alla violazione dei diritti umani. Quindi, nella maggior parte dei quartieri, la maggior parte delle persone non è molto entusiasta del centro erotico», ha detto. Secondo la sindaca, ci vorranno comunque dai tre ai dieci anni prima che l’edificio (per il quale è già stato fatto un primo progetto) sia pronto.
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L’idea di spostarsi fuori dal centro città non piace nemmeno alle lavoratrici del sesso. Una ricerca del sindacato Red Light United mostra che circa il 90 per cento delle 170 lavoratrici del sesso del quartiere vuole continuare a lavorare lì. I sindacati e i collettivi che le rappresentano hanno anche denunciato il fatto che il comune non li ha di fatto coinvolti nei nuovi progetti. E poi che il trasferimento minaccerà e stigmatizzerà ulteriormente la loro professione e metterà a rischio la loro sicurezza.
Una delle rappresentanti del Centro informazioni sulla prostituzione ha dichiarato di non essere contraria al centro erotico in sé che però avrebbe, secondo il progetto attuale, solo 100 posti invece che 250. Inoltre, non è ancora chiaro quanto costerà una stanza nel centro e se le lavoratrici abituate ai prezzi di De Wallen potranno effettivamente permettersela. «I luoghi proposti si trovano poi in aree dove non ci sono turisti in giro» ha spiegato «e che sono commercialmente morti dopo le 18:00. Siamo quindi decisamente contrarie al centro nella forma in cui è stato proposto».
Un’altra sex worker ha detto che è positivo, per lei, «vedere i clienti per strada prima che entrino. Scelgo io stessa. Inoltre, le prostitute si prendono cura l’una dell’altra. Ci conosciamo, condividiamo informazioni con tutto il vicinato. Temo che un tale sistema sociale verrebbe sradicato se collocato in un nuovo ambiente. Perché vuoi aggiustare qualcosa che non è rotto?». Alcune lavoratrici sostengono inoltre che l’idea che un centro erotico offra maggiore sicurezza, molto sponsorizzata dal comune, «si basi sull’opinione di qualcuno che chiaramente non lavora come prostituta». Molte dicono di preferire De Wallen ad altri luoghi, proprio perché è più affollato: «Altre di noi scelgono di lavorare in quartieri più tranquilli. Ma non spetta al comune fare questa scelta per le lavoratrici del sesso».
Un’altra sex worker ha spiegato che essere visibile durante il lavoro, cioè in vetrina, e poter diventare invisibile quando stacca potendosene andare tra la folla è una garanzia per la sua sicurezza: «Sparisci tra le altre persone, per la strada. È un ambiente piacevole e sicuro». In periferia questo non potrebbe accadere e dunque il rischio sarebbe maggiore.
Un sondaggio realizzato dal comune di Amsterdam tra più di 1100 turisti stranieri di età compresa tra i 18 e i 35 anni mostra che solo il 3 per cento non verrebbe più nel quartiere a luci rosse se non ci fossero lavoratrici del sesso. Nello stesso sondaggio, la maggioranza ha indicato che non visiterebbe il nuovo centro erotico. Le lavoratrici del sesso sembrano quindi avere poco a che fare con l’afflusso di turisti nel quartiere e un centro erotico non diventerebbe la soluzione per diminuire i flussi.
Un centro erotico causerebbe infine problemi a lungo termine, dice una lavoratrice del sesso. Le donne che scelgono questa professione tornerebbero ad essere nascoste, quindi le persone non avrebbero la possibilità di vedere il lavoro sessuale come una professione vera e propria e di conseguenza non imparerebbero nemmeno a rispettarla: «Tutto ha a che fare con lo stigma. In questo modo non potremo mai cambiare l’immagine di una prostituta come vittima con qualcuno che ha invece il controllo sul proprio corpo. E i politici non si preoccupano affatto di cambiare quell’opinione».