Moby sarà salvata
Il tribunale di Milano ha accettato il complicato piano di rientro dei debiti della compagnia di navigazione
Il tribunale di Milano ha approvato il piano di concordato preventivo presentato da Moby e da CIN, due compagnie di navigazione del gruppo Onorato controllato da Vincenzo Onorato, uno dei più noti armatori italiani: l’approvazione era un passaggio indispensabile per avviare la ristrutturazione finanziaria delle due compagnie, cioè per sanare i grossi debiti accumulati negli ultimi anni che avevano rischiato di farle fallire, con notevoli conseguenze per il trasporto marittimo italiano e per l’occupazione di seimila dipendenti.
Con la decisione del tribunale si è quasi conclusa una lunga e complessa vicenda aziendale e finanziaria che ha coinvolto un’altra importante compagnia di navigazione, Tirrenia, acquistata da CIN nel 2012 in seguito alla privatizzazione decisa dallo stato. Ora si attende l’avvio del piano di salvataggio che dovrebbe concludersi entro il 2025.
Negli ultimi anni le due compagnie hanno accumulato debiti per circa 664 milioni di euro, di cui 320 milioni di euro dovuti agli obbligazionisti, compresi di interessi, 180 milioni di euro allo Stato e 164 milioni alle banche. Grazie all’approvazione del piano di rientro, su cui le assemblee dei creditori avevano dato parere favorevole tra fine giugno e metà luglio, ne saranno cancellati rispettivamente 117 milioni di euro (con un recupero, quindi, del 63% del credito), 98 milioni (recupero del 45% del credito) e 59 milioni.
Il piano per salvare le aziende era stato presentato lo scorso anno e ammesso al tribunale in aprile. La svolta era arrivata con l’annuncio dell’ingresso in società del gruppo MSC, che rileverà il 49% delle quote per 150 milioni di euro.
L’operazione di salvataggio consiste nella costituzione di un fondo che acquisirà da Moby e CIN la maggior parte della loro flotta, cioè 9 navi per 333,3 milioni di euro, in cambio della presa in carico dei debiti. In seguito Moby e CIN si fonderanno in una società chiamata tecnicamente OpCo, cioè un’unica società operativa, una sorta di “nuova Moby”. La nuova società noleggerà dal fondo alcune delle navi, per 27 milioni di euro all’anno, mentre altre saranno acquistate. Il riacquisto dall’intera flotta dovrà avvenire entro il 2025. Se la nuova Moby non dovesse riuscire a comprare le navi, il fondo sarà libero di venderle sul mercato.
È un piano piuttosto complesso, ma è anche l’unico che ha ricevuto l’approvazione del tribunale e dalle tante parti coinvolte nella vicenda finanziaria. Per salvare le compagnie, ovviamente, serviranno soldi: il fondo garantirà 63,2 milioni di euro, ma i creditori hanno anche la possibilità di partecipare con al massimo 60 milioni di euro di crediti pregressi.
Se tutto andrà come previsto, il gruppo Onorato potrà tornare proprietario della flotta entro tre anni. I creditori, invece, hanno la certezza di essere pagati oppure di partecipare al fondo di investimento che è garantito da un bene reale come le nove navi, che nel caso le cose vadano male potranno essere vendute. Con questa operazione verrà chiuso anche il contenzioso con la ex Tirrenia in amministrazione straordinaria, che recupererà parte del suo credito incassando 82 milioni di euro, il 45% dei 180 milioni di euro che le spetterebbero.
La vicenda della Tirrenia e del suo commissariamento è altrettanto complessa: negli ultimi anni ci sono stati diversi tentativi di rimettere i conti in sesto di cui il gruppo Onorato è stato protagonista attraverso CIN, una nuova società costituita con altri due nomi di primo piano del settore: Marinvest di Gianluigi Aponte e Grimaldi Lines di Emanuele Grimaldi. Non andò bene: nel 2015 CIN venne acquisita interamente dal gruppo Onorato e dopo molte operazioni finanziarie, di cui alcune piuttosto spericolate, si è arrivati alla richiesta di concordato preventivo.
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Negli ultimi anni, anche per via della vicenda Tirrenia, si è creata molta tensione tra il gruppo Onorato e il gruppo Grimaldi che ha tentato di ostacolare l’accettazione del piano di concordato preventivo. Grimaldi, infatti, aveva chiesto danni per 147 milioni di euro sostenendo presunte violazioni delle norme antitrust da parte delle società del gruppo Onorato. Il tribunale ha respinto le richieste di Grimaldi.