Sono tornate le fustigazioni pubbliche in Afghanistan
In uno stadio della provincia di Logar, a pochi giorni dall'annuncio dei talebani di voler applicare in maniera più rigida la “sharia”
Mercoledì i talebani, il gruppo radicale islamista che dall’agosto del 2021 ha ripreso il potere in Afghanistan, hanno fustigato pubblicamente tre donne e nove uomini che erano stati accusati di «crimini morali», tra cui adulterio, furto e rapporti omosessuali. Le punizioni sono state inflitte in uno stadio di calcio della provincia di Logar, a sud della capitale Kabul, nella parte orientale del paese, davanti a centinaia di spettatori: è uno dei primi casi di questo tipo da quando a metà novembre i talebani avevano fatto sapere che avrebbero introdotto nuove punizioni pubbliche per applicare in maniera ancora più rigida la sharia, l’insieme di princìpi morali e giuridici islamici che il gruppo applica in una forma estremamente radicale.
Le notizie delle fustigazioni stanno contribuendo a rafforzare i già diffusi timori che in Afghanistan si possa tornare alle durissime condizioni che si erano viste durante l’ultimo regime talebano, alla fine degli anni Novanta.
Un portavoce dei talebani nella provincia di Logar ha detto a BBC che le dodici persone punite hanno ricevuto tutte tra le 21 e le 39 frustate, il numero massimo permesso dalla legge seguita dal gruppo; ha aggiunto anche che dopo la punizione tutte le donne sono state liberate, mentre alcuni uomini sono stati incarcerati, ma non è chiaro quanti. Un funzionario del governo locale che ha parlato in forma anonima ad Associated Press perché non autorizzato a dare dettagli ai media ha detto che durante l’evento erano presenti centinaia di persone ed era stato vietato scattare foto o riprendere video.
Alcuni giorni fa nella provincia di Takhar, nel nord del paese, nove donne e dieci uomini erano stati fustigati con l’accusa di furto, adulterio e di essere fuggiti da casa. Nella stessa zona altre sedici persone, sia donne che uomini, avevano subìto le medesime punizioni con varie accuse, tra cui quella di non avere rispettato le indicazioni sull’abbigliamento dettate dai talebani o quella di essersi rasati la barba (che per gli uomini è obbligatoria).
A metà novembre il mullah Haibatullah Akhunzada, leader supremo del gruppo dei talebani, aveva ordinato l’introduzione di punizioni chiamate hudud e qisas, che riguardano rispettivamente crimini come l’adulterio e il furto, e chi compie volontariamente lesioni fisiche ai danni di una persona, ferendola o uccidendola. Le prime, a seconda dei casi, possono comportare la pena di morte, la lapidazione, la fustigazione e la mutilazione degli arti, mentre le seconde prevedono o una ritorsione in natura (una sorta di “occhio per occhio, dente per dente”) o un risarcimento in denaro alla famiglia della vittima.
I talebani avevano applicato una forma così rigida di sharia già nel corso del loro primo governo, nella seconda metà degli anni Novanta, quando imposero un regime estremamente autoritario e repressivo, con estesissime limitazioni alle libertà individuali. Da quando nel 2021 erano tornati al potere avevano reintrodotto la sharia, ma inizialmente avevano promesso che lo avrebbero fatto in una forma più moderata che in passato: in realtà hanno represso da subito molti diritti fondamentali, a cominciare da quelli delle donne. «La legge della sharia è l’unica soluzione per i problemi in Afghanistan e deve essere applicata», ha detto in un comunicato rispetto alle recenti punizioni pubbliche il vicegovernatore di Logar, Enayatullah Shuja.
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