Che cos’è l’Open Innovation
E come si realizza grazie alla collaborazione di un'azienda con università, start-up, scuole di formazione, istituti pubblici e privati
Quando pensiamo ai modi grazie ai quali un’azienda si è rinnovata o ha messo sul mercato un nuovo prodotto, siamo portati a immaginare che ciò sia avvenuto attraverso un processo chiuso, quasi segreto, grazie a settori di ricerca e sviluppo interni. Questo perché rendere pubbliche certe informazioni potrebbe permettere alla concorrenza di anticiparle o imitarle, vanificando il vantaggio acquisito.
Questo principio però negli ultimi decenni si è trasformato: a causa della globalizzazione dei mercati, della maggiore rapidità di diffusione e di reperimento delle informazioni, della velocità con cui avvengono i cambiamenti tecnologici, le aziende, soprattutto quelle grandi e medie, hanno sempre maggiore necessità di adattarsi rapidamente alle evoluzioni del mercato con un’organizzazione flessibile, che quindi deve essere necessariamente più “aperta” anche nei settori di ricerca e sviluppo.
Per le aziende, oggi, è quindi sempre più produttivo cercare di innovarsi facendo ricorso a strutture esterne, come ad esempio università, startup o istituti pubblici e privati. Queste collaborazioni possono rivelarsi un’ottima sintesi tra le migliori risorse esterne presenti sul mercato e quelle interne, con il risultato di essere più adatte a un mercato in rapida evoluzione. Questo nuovo modo di concepire l’innovazione viene chiamato “Open Innovation” (in contrapposizione alla tradizionale “Closed Innovation” dei settori di ricerca e sviluppo), ed è un concetto relativamente nuovo.
Tra le aziende che negli ultimi anni hanno puntato sulla Open Innovation c’è anche Eni: accanto allo sviluppo di importanti tecnologie di sua proprietà ha ideato una serie di progetti che hanno lo scopo di aprire l’azienda ai contributi esterni. Eni coinvolge quindi giovani startup, importanti istituzioni universitarie e di ricerca, fornitori, sviluppatori, programmatori e consulenti che mettono a disposizione le proprie conoscenze e metodologie con il fine di costruire un’innovazione “aperta” e che favorisca la crescita dell’intero sistema.
Per fare ciò Eni utilizza cinque diverse strutture e piattaforme. La prima è Open Innovation & Ecosystems Development, che si occupa di cercare le migliori soluzioni innovative presenti sul mercato (elaborate da startup, aziende e centri di ricerca) in linea con la strategia aziendale del gruppo: per quanto riguarda le startup, ad esempio, nell’ultimo anno ne sono state valutate più di 400.
C’è poi Joule, la scuola di Eni per aspiranti imprenditrici e imprenditori non necessariamente legati al settore energetico, anche se deve il suo nome all’unità di misura dell’energia, il joule. Supporta giovani imprenditori e start up ispirandosi ai principi della sostenibilità, dell’economia circolare e della decarbonizzazione. L’attività formativa è basata sull’integrazione tra esperienze imprenditoriali, competenze accademiche e vissuto dei partecipanti. Joule promuove anche bandi specificamente dedicati alle startup, come ad esempio il recente “SouthUp!”, riservato a quelle che propongano soluzioni tecnologiche innovative per le aziende agricole in Basilicata.
C’è poi Eni Next, la società di investimento del gruppo, Corporate Venture Capital: in particolare valuta e investe sulle startup che sviluppano tecnologie legate alla transizione energetica. La quarta struttura per l’Open Innovation di Eni è Eniverse, che si occupa non solo di selezionare, ma anche di “incubare”, cioè di aiutare a crescere, nuove realtà imprenditoriali ad alto contenuto tecnologico nel settore della transizione equa e sostenibile: per realizzare questa crescita Eni coniuga le proprie competenze e professionalità interne con quelle esterne. C’è infine Innovation Match, la piattaforma di Eni attraverso cui il gruppo tiene aggiornate startup, piccole e medie imprese, università e centri di ricerca sulle sue iniziative per avviare collaborazioni e sperimentazioni nel campo dell’innovazione.