La rivoluzione delle palline di riso in Corea del Sud
I jumeokbap venivano preparati per i manifestanti durante le grosse proteste per la democrazia del 1980 a Gwangju, e sono rimasti associati all'idea di solidarietà
I jumeokbap sono palline di riso tipiche della cucina sudcoreana che si mangiano da sole, come snack, oppure come contorno, assieme ad altre pietanze. Si fanno schiacciando con le mani il riso cotto mescolato con vari ingredienti, tra cui tonno, verdure cotte o carne. Le palline vengono poi ricoperte di semi di sesamo tostati, pezzetti di alga nori essiccata e altri condimenti: sono un piatto povero e generalmente si riescono a tenere nel palmo di una mano (“jumeok” vuol dire pugno e “bap” riso).
Oggi i jumeokbap si trovano un po’ dappertutto, dalle stazioni ai pub, dai negozi di alimentari ai ristoranti. Negli ultimi decenni però hanno anche assunto un significato particolare: sono considerati un simbolo delle proteste per la democrazia che si tennero nel maggio del 1980 a Gwangju, una delle più grandi città sudcoreane, nel sud-ovest del paese. Quelle proteste anticiparono di alcuni anni il più grande movimento per la democrazia che nacque in Corea, nel 1987, e i jumeokbap sono per questo diventati un simbolo di democrazia e solidarietà popolare.
In estrema sintesi, la Corea del Sud fu governata in maniera autoritaria a partire dal 1948, quando fu eletto il suo primo presidente della Repubblica, Syngman Rhee, che guidò il paese per i successivi 18 anni. Dopo un governo parlamentare durato pochi mesi, nel 1961 salì al potere il generale Park Chung-hee, che continuò a limitare fortemente le libertà delle persone e a governare in maniera autocratica fino all’ottobre del 1979, anno in cui fu assassinato. Da quel momento il leader di fatto del paese fu Chun Doo-hwan, generale che prese il controllo dell’esercito con un colpo di stato. Il 17 maggio del 1980 fece dichiarare la legge marziale in tutto il paese per porre fine alle proteste in favore della democrazia cominciate dopo l’assassinio di Park.
La legge marziale diede poteri straordinari all’esercito anche nella gestione delle faccende civili: le università furono chiuse e le attività politiche vietate, e per mantenere il controllo furono mobilitati migliaia di soldati in tutto il paese. Il 18 maggio a Gwangju circa 600 studenti universitari cominciarono a manifestare contro il governo militare, chiedendo elezioni libere e democratiche. Le proteste si estesero rapidamente a decine di migliaia di studenti, membri dell’opposizione e civili, ma furono represse con la violenza da circa 18mila agenti di polizia e 3mila soldati.
Dopo tre giorni di scontri, il 21 maggio il governo cedette e Gwangju fu dichiarata libera dal governo militare. Le cose però cambiarono il 27 maggio, quando l’esercito schierò i carri armati e attaccò duramente la città, riprendendo il controllo. Il governo disse che in totale furono uccise circa 165 persone, mentre secondo i manifestanti i morti erano stati quasi 2mila. La maggior parte degli storici sostiene che morirono più di mille manifestanti: molti altri furono feriti, arrestati o vennero considerati morti, dopo essere spariti.
Benché nel giro di pochi giorni l’esercito avesse ripreso il controllo, le proteste di Gwangju furono considerate centrali per il movimento per la democrazia nel paese.
Il sito della città racconta che nel periodo della legge marziale i cittadini crearono «una comunità di reciproca dipendenza e assistenza», occupandosi per esempio di mantenere l’ordine in città e mettendosi in fila per donare il sangue per chi era stato ferito durante le proteste. Tra le altre cose, le donne e i commercianti della città cominciarono a preparare e a distribuire tra i manifestanti i jumeokbap, che così diventarono un simbolo di solidarietà e cooperazione sia durante le proteste che nei momenti di crisi.
Parlando con Atlas Obscura Jung Hyang-ja, che durante le proteste del 1980 era funzionaria di un sindacato, ricorda di aver preparato e distribuito le tipiche palline di riso in un mercato e lungo una delle strade principali in cui si stavano svolgendo le manifestazioni. Era un’iniziativa volontaria e piuttosto improvvisata, che però rafforzò il legame tra la gente: i manifestanti chiamavano le donne che preparavano per loro i jumeokbap eomonim (mamma), halmoni (nonna), imo (zietta) o nuna (sorella).
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Le proteste di Gwangju ebbero un grande impatto sul movimento per la democrazia nel paese anche perché rafforzarono l’alleanza tra i movimenti studenteschi, i civili e gli intellettuali. Precedettero di qualche anno le proteste di massa dell’estate del 1987, dopo le quali Chun fu costretto a introdurre riforme democratiche. In questo contesto la stessa Gwangju divenne un simbolo della lotta per la democrazia e per i diritti umani nel processo di democratizzazione nel paese, un po’ come i jumeokbap.
Ancora oggi le tipiche palline di riso vengono preparate e scambiate nelle occasioni in cui si celebra la ricorrenza del 18 maggio o durante le feste popolari e gli eventi sindacali. Jung e altri volontari per esempio le servirono alle persone che erano state impoverite dalla crisi finanziaria asiatica del 1997, così come in altri periodi di crisi. Nel 2020 alcuni volontari di Gwangju ne donarono ai pazienti di Taegu che avevano accolto negli ospedali della loro città durante la prima ondata della pandemia da coronavirus. Lo scorso maggio i jumeokbap sono stati distribuiti anche durante un evento organizzato in solidarietà con le proteste contro il colpo di stato del 2021 in Myanmar.
Secondo Kim Hyung-mi, che gestisce un istituto per persone che sono state ferite oppure hanno perso familiari durante le proteste del 1980, il jumeokbap è un cibo che rappresenta non solo lo spirito e l’eredità spirituale di Gwangju, ma anche la volontà di ottenere pace e prosperità nella comunità. Anche se è un cibo povero, oggi se ne trovano versioni anche un po’ più sofisticate, servite con fiori o decorazioni varie. Uno dei piatti principali del ristorante Rice Concert, che si trova nella parte orientale di Gwangju, è un menù che comprende due varietà di jumeokbap e costa 5.180 won (poco meno di 4 euro), un riferimento al 18 maggio, data dell’inizio delle proteste del 1980.
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