La Marmolada riapre per gli sciatori
Il comune di Canazei ha tolto i divieti introdotti dopo il crollo del ghiacciaio che lo scorso luglio uccise 11 persone
Il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard, ha firmato un’ordinanza per consentire l’accesso al massiccio della Marmolada, tra le province di Trento e Belluno, dove lo scorso 3 luglio undici persone morirono in seguito al crollo di un’enorme porzione del ghiacciaio.
Il divieto di camminare sui sentieri e sul ghiacciaio era stato introdotto il 6 luglio con un’ordinanza che fino a giovedì ha bloccato il passaggio nei cinque punti di accesso alla montagna. Oltre che per la sicurezza degli escursionisti, i cartelli di divieto erano stati messi per impedire il cosiddetto “turismo dell’orrore”, cioè l’arrivo di persone che visitano i luoghi dove ci sono state tragedie. Secondo la Protezione civile, il divieto è stato rispettato anche se nelle ultime settimane i controlli sono stati più laschi e per questo è plausibile che alcuni escursionisti si siano comunque avventurati nelle zone considerate più sicure.
Non sarà una riapertura totale: i rifugi sul versante Nord della montagna, Capanna ghiacciaio Marmolada e Pian dei Fiacconi, a circa 2.700 metri di quota, rimarranno chiusi. Le due strutture si trovano in un’area considerata ancora pericolosa, in cui il rischio di crolli del ghiaccio è considerato elevato nonostante l’abbassamento delle temperature. Riaprirà, invece, il rifugio chiamato Cima Undici, vicino al lago di Fedaia.
La decisione più attesa da imprenditori e abitanti della zona, tuttavia, riguarda le piste da sci che si trovano nell’area nord orientale della montagna, alcune delle quali passano sul ghiacciaio, ma fuori dall’area più a rischio. La società che gestisce gli impianti ha già annunciato che le piste riapriranno dal prossimo 3 dicembre: tra queste c’è anche la cosiddetta Bellunese, il cui tracciato attraversa il ghiacciaio della Marmolada fino al passo Fedaia per poi scendere verso l’abitato di Malga Ciapela.
Nell’ordinanza del comune di Canazei è stato specificato che la società concessionaria dovrà impedire la pratica dello sci fuoripista, quindi fuori dal tracciato ufficiale, per evitare che gli sciatori attraversino le aree del ghiacciaio interessate dal crollo del 3 luglio.
All’inizio di novembre era stata Marmolada Srl, la società che gestisce gli impianti sciistici, a chiedere alla provincia di Trento di riaprire la montagna per preparare le piste da sci in vista della stagione invernale. «Se non si interviene con buon senso e velocità, la stagione invernale è a rischio e con essa la permanenza sul territorio di tante imprese e famiglie», aveva scritto in una nota la società. Anche il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, aveva sollecitato la provincia di Trento a riaprire sostenendo che una decisione diversa dall’apertura sarebbe stata «criticabile e difficilmente difendibile». All’inizio di novembre la provincia di Trento aveva spiegato che l’ordinanza non era stata revocata per via delle «temperature straordinariamente alte» registrate in quota. Alla fine di ottobre, infatti, a Canazei sono stati segnalati 22 gradi.
I movimenti del ghiaccio e della neve continueranno a essere osservati da strumenti che misurano i cosiddetti parametri nivometeorologici, principalmente la temperatura e l’accumulo di neve, per prevenire le valanghe.
In caso di anomalie saranno valutate nuove chiusure: l’area più sotto controllo è quella costituita dalla calotta del ghiacciaio e dalle due principali lingue che la circondano. L’individuazione dell’area più a rischio deriva dalla sovrapposizione della zona del crollo del 3 luglio con quella della pericolosità da valanghe, secondo le indicazioni della Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe approvata nel 2020 dalla provincia di Trento.
Dal giorno seguente al crollo e fino a settembre, tutta l’area del ghiacciaio è stata controllata da una squadra di esperti guidata da Nicola Casagli, professore di Geologia applicata all’università di Firenze, a cui la Protezione civile ha commissionato lo studio dei movimenti del ghiacciaio nella fase dell’emergenza.
Sono state installate due tipologie di strumenti: due interferometri radar, che consentono di sorvegliare i movimenti più lenti del ghiacciaio, e un radar doppler che invece è collegato a un sistema di sirene e serve a dare allarmi in caso di distacco di grossi blocchi. Ci sono stati alcuni allarmi, anche se per crolli poco significativi oppure per il passaggio di elicotteri in quota, interpretato come un movimento improvviso dagli strumenti.
Casagli dice che il ghiacciaio si è spostato di quasi due metri da luglio a settembre, con movimenti concentrati dalle 8 di mattina alle 20 di sera per poi bloccarsi durante la notte per via delle temperature più basse. Nonostante questo, a luglio e agosto sono state registrate temperature molto elevate, con minime di 9 gradi. Con l’arrivo dell’autunno, il movimento si è fermato.
Secondo Casagli, nella prossima primavera sarà importante continuare a osservare il ghiacciaio per valutare l’introduzione di nuove limitazioni. «Senza un sistema di controllo credo sia improponibile far ripartire un’attività escursionistica con una presenza di persone come accadeva prima del 3 luglio», dice.