Cosa sappiamo del triplice omicidio di Roma
Tre donne che si prostituivano sono state uccise nel quartiere Prati nel giro di poco più di un paio d'ore
Tre donne sono state uccise giovedì a Roma, a colpi di coltello, molto probabilmente dalla stessa persona e nel giro di poche ore. Due erano di origine cinese e una colombiana, abitavano nel quartiere Prati, nella zona nord della città. Le due donne di origine cinese vivevano nello stesso palazzo, la terza abitava a 900 metri di distanza. Lavoravano tutte e tre come prostitute. L’arma usata è da taglio e a lama lunga. Tutte e tre le donne sono state colpite alla gola e al torace, ma le ferite erano diverse e diverse apparivano anche le scene del crimine.
Ci sono per ora solo ipotesi sul movente («seguiamo tutte le piste», hanno fatto sapere con una formula di rito gli investigatori). Tra queste, quella più rilanciata dai giornali e dalle televisioni è che l’assassino sia un serial killer, un assassino seriale che ha commesso gli omicidi senza un reale movente. Non ci sono però al momento concreti riscontri investigativi. I giornali chiamano l’assassino “il killer delle prostitute”.
Prima sono stati trovati i corpi delle due donne cinesi ma a essere uccisa per prima è stata, quasi certamente, Marta Castano Torres, donna trans conosciuta come Yessenia, 65 anni, colombiana. Abitava in via Durazzo 38, in un appartamento nel sottoscala, peraltro a poche decine di metri dagli studi di La 7 e alle spalle di quelli della Rai di via Teulada. È stata trovata morta dalla sorella alle 12:50. La sorella l’aveva incontrata quella mattina alle 8:30. Maria Castano Torres le aveva detto che stava aspettando un cliente, «uno nuovo». Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, le ferite sul corpo della donna erano nette e precise: l’ipotesi sarebbe quindi che non si sia difesa, che non ci sia stata alcuna lotta.
Da via Durazzo l’assassino, prendendo per buona l’ipotesi che sia stato uno solo, sarebbe poi andato al numero 28 di via Augusto Riboty: sono 12 minuti a piedi. Come detto, i corpi delle due donne di origine cinese sono stati trovati prima: alle 10:49 il custode della casa ha chiamato i soccorsi. L’aggressione sarebbe però avvenuta dopo quella a Maria Castano Torres. Delle due donne uccise in via Riboty non sono ancora stati comunicati i nomi.
La prima donna, più anziana, è stata trovata davanti all’appartamento, sul pianerottolo. L’altra vittima era nella sua stanza dove erano evidenti i segni di lotta. Su entrambe le donne c’erano più ferite che sul corpo di Maria Castano Torres e, soprattutto nella stanza della donna più giovane, c’era molto sangue. Gli investigatori hanno ipotizzato che la donna più anziana sia corsa ad aiutare la più giovane, che era stata aggredita, e poi abbia cercato di scappare riuscendo a raggiungere la porta e ad aprirla.
Secondo la testimonianza di un inquilino della casa, l’omicidio sarebbe avvenuto tra le 10:30 e le 11. Ha detto l’uomo parlando all’agenzia di stampa Adnkronos: «Le due donne sono state uccise tra le 10.30 e le 11. Lo so perché mi hanno portato la cucina e ho salito le scale a piedi fino al nono piano, dove si trova l’appartamento dove mi sto trasferendo. Non ho preso l’ascensore perché era occupato, sono quindi passato davanti all’abitazione delle due vittime ed era tutto tranquillo. Erano le 10:30. Alle 11, mentre ero in casa, mi ha chiamato il portiere per dirmi che c’era stato un omicidio e non potevo uscire perché una delle vittime era sul pianerottolo». Il racconto è stato confermato da due traslocatori che hanno portato a piedi al nono piano il frigorifero dell’uomo e sono poi scesi con l’ascensore.
Le indagini sono iniziate dagli interrogatori di tutte le persone che abitano nelle due case dove sono avvenuti gli omicidi. Sono stati ispezionati cassonetti e tombini della zona alla ricerca, per ora senza risultati, dell’arma, o delle armi, del delitto. Inoltre, sono state acquisite le immagini delle videocamere della zona. È probabile che anche l’edificio dove viveva Maria Castano Torres fosse dotato di videocamere. Secondo un’inquilina di via Riboty, le due donne cinesi ne avevano nascosta una dietro un vaso, in casa, proprio per ragioni di sicurezza.
È iniziato anche il lavoro sui tabulati telefonici delle vittime. Secondo quanto è stato ricostruito finora, le persone che frequentavano le donne uccise telefonavano, una volta all’indirizzo, per avvertire del loro arrivo e, nel caso non ci fossero mai stati prima, per farsi indicare la posizione dell’appartamento. Ha detto al Messaggero un abitante di via Durazzo: «Lei può venire da queste parti a qualsiasi ora del giorno e della notte e potrà vedere sempre la stessa scena: un uomo sotto con il telefono in mano. Una chiamata e poi il portone si apre». Gli investigatori stanno anche cercando di capire se le donne uccise avessero conoscenze in comune.
Un fatto che non è ancora stato spiegato è come l’assassino non sia stato notato da nessuna persona sentita finora, visto che dalle condizioni della scena del crimine in via Riboty è molto probabile che fosse molto sporco di sangue. Gli inquirenti ipotizzano che l’omicida sia “disorganizzato”, cioè che abbia agito d’impulso, almeno dopo il primo omicidio. Questo lo dovrebbe aver portato a commettere errori: la sua identificazione potrebbe quindi essere abbastanza veloce.