Le serie che non hanno mai avuto una vera fine
“Westworld” è stata cancellata prima che la sua trama fosse conclusa, ed è in buona compagnia nella storia recente della tv
A inizio novembre la tv via cavo statunitense HBO ha cancellato Westworld, la serie di fantascienza che aveva avuto un enorme successo di pubblico alcuni anni fa, e su cui il network aveva puntato moltissimo in vista della fine di Game of Thrones. La serie aveva ottenuto moltissima attenzione dopo una prima stagione molto promettente, ma dalla seconda in poi aveva perso moltissimi spettatori, passando da 12 a 4 milioni per episodio (negli Stati Uniti) tra la prima e la quarta stagione.
Con i suoi cambiamenti di ambientazione costanti e la sua trama particolarmente complessa da seguire anche per gli spettatori più attenti, Westworld non è mai stata una serie facile da produrre. Nonostante dal 2016 ad oggi abbia ottenuto oltre 50 candidature agli Emmy Awards (i più importanti premi della televisione statunitense) e mancassero ancora due stagioni per completare la storia come la immaginavano gli sceneggiatori, secondo HBO il declino nel successo di Westworld non giustificava il budget necessario a produrre anche una sola stagione in più della serie: soltanto per la quarta stagione erano infatti stati spesi 160 milioni di dollari. A confronto, per la prima stagione del prequel di Game of Thrones, House of the Dragon, ne sono serviti 125 milioni, e ogni episodio ha ottenuto almeno 29 milioni di spettatori.
Westworld, comunque, è in buona compagnia: sono centinaia le serie che non vengono rinnovate ogni anno, lasciando gruppi più o meno affiatati e numerosi di spettatori a domandarsi come sarebbero potute finire. Nel caso delle serie prodotte da emittenti televisive americane, la ragione più comune è l’audience troppo bassa. Dal 1950 viene misurata prendendo un campione casuale di circa 46 mila famiglie statunitensi e installando un contatore sui loro dispositivi per tenere traccia di ciò che guardano e per quanto tempo, analogamente a quanto succede in Italia con l’Auditel. I dati vengono poi raccolti, aggregati e inviati alle reti per capire quanti soldi è possibile chiedere agli inserzionisti per inserire una pubblicità durante un programma specifico.
Nel caso di servizi di streaming come Netflix, che mettono normalmente in onda le proprie serie TV soltanto sulla propria piattaforma, il ragionamento è simile: per decidere se rinnovare o meno una serie, si determina se il costo di produzione di una nuova stagione è proporzionato al numero di spettatori che la guardano. Per capirlo, vengono osservati principalmente tre parametri a distanza di 7 e 28 giorni dalla messa in onda di una stagione: quante persone hanno cominciato la nuova stagione, quante l’hanno finita, e quante ne hanno guardato gran parte.
Dato che con il passare delle stagioni i compensi per i produttori delle serie aumentano, il costo del rinnovo cresce nel tempo, e succede spesso che una serie Netflix con un pubblico molto appassionato ma ristretto venga cancellata dopo la seconda stagione.
In rarissimi casi, le proteste dei fan riescono ad evitare la cancellazione di una serie: era successo con Star Trek nel 1968, dopo una fitta campagna di lettere inviate all’emittente NBC, ed è successo nel 2018, quando Fox aveva annunciato che non avrebbe rinnovato la sitcom poliziesca Brooklyn Nine-Nine dopo la quinta stagione e, il giorno dopo, NBC ne aveva già acquistato i diritti per produrre altre stagioni e dare alla storia una conclusione. Ma più frequentemente, le serie cancellate in anticipo finiscono senza che la trama venga portata a termine, per la disperazione dei fan: come in questi casi.
Hannibal
Ispirata ai romanzi di Thomas Harris dedicati al cannibale Hannibal Lecter e all’investigatore speciale Will Graham, Hannibal fu prodotta da NBC e andò in onda per tre stagioni, tra il 2013 e il 2015. Apprezzatissima dalla critica e da un piccolo bacino di fan molto devoti, era una serie stranissima e affascinante, con scene molto violente presentate in modo surreale e quasi artistico e grande attenzione allo sviluppo psicologico dei personaggi. Inoltre, il fatto che l’amore tossico e contorto dei due protagonisti maschili fosse esplicitato, in un momento in cui era più raro di oggi vedere protagonisti apertamente attratti da persone dello stesso sesso nelle serie tv, aveva contribuito a fare di Hannibal una serie particolarmente amata.
Ciononostante, l’ultimo episodio andato in onda nel 2015 fu visto ufficialmente soltanto da 1,8 milioni di spettatori. I produttori si lamentarono del fatto che, a quanto pare, oltre un terzo del pubblico della serie la guardava sui siti illegali online. Negli anni successivi, il produttore Bryan Fuller non riuscì a trovare una piattaforma di streaming disposta ad acquistarne i diritti dopo la cancellazione da parte di NBC. Un accordo con Amazon Video, che ne possedeva già i diritti esclusivi di streaming, fallì probabilmente perché l’azienda diede a Fuller troppo poco tempo per pensare e produrre una nuova stagione. Gli attori protagonisti, Mads Mikkelsen e Hugh Dancy, si sono però più volte detti disponibili a tornare a interpretare i propri ruoli, e nel 2019 Mikkelsen disse di essere convinto che Fuller ci stia ancora lavorando.
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The OA
Ad essere interrotte prima del tempo, spesso, sono le serie più sperimentali e originali, che ottengono molto plauso dalla critica ma non sono fatte per diventare prodotti d’intrattenimento di massa. È successo a The OA, serie fantascientifica creata da Brit Marling e Zal Batmanglij per Netflix, che andò in onda tra il 2016 e il 2019, ma fu cancellata dopo soli 16 episodi.
Netflix stessa era conscia della stranezza intrinseca di The OA: nel 2016, disse che la serie «offre agli spettatori un’esperienza unica, che reinventa il formato narrativo di lunga durata». Un po’ thriller psicologico, un po’ viaggio attraverso le dimensioni, un po’ opera surrealista che include alberi parlanti e piovre telepatiche, The OA è stata definita da vari critici una delle serie più belle di questi anni, ma non ebbe la possibilità di arrivare alla fine della storia, che era stata pensata per essere raccontata in cinque stagioni.
L’annuncio fu accolto dai fan con grande disperazione: #SaveTheOA fu un trending topic su Twitter per vari giorni, furono raccolti abbastanza fondi da finanziare un cartellone pubblicitario digitale a Times Square a New York per chiedere il rinnovo della serie, e un fan fece addirittura lo sciopero della fame fuori dalla sede di Netflix a Los Angeles per protesta. Non servì: ad oggi, non sembra esserci alcun piano per resuscitare la serie né per farne un film che, quanto meno, le dia un finale soddisfacente.
Sense8
Sono invece riusciti ad ottenere almeno la produzione di un episodio finale lungo quanto un film che chiudesse l’arco narrativo i fan di Sense8, altra serie fantascientifica di Netflix amatissima da uno zoccolo duro di spettatori e annullata dopo sole due stagioni. Sense8, prodotta dalle sorelle Wachowski e da Joseph Michael Straczynski, raccontava la storia di otto personaggi collegati telepaticamente tra loro, e toccava con apprezzata delicatezza temi come omofobia, transfobia, povertà, razzismo e tensioni religiose.
Quando nel 2017 Netflix annunciò che non avrebbe rinnovato Sense8 per una terza stagione perché la guardavano troppe poche persone per giustificare i 9 milioni di dollari ad episodio necessari a girare in nove paesi diversi, l’indignazione dei fan fu immediata. Gli spettatori LGBTQ+, in particolare, criticarono la scelta di cancellarla all’inizio del mese del Pride. Anche in questo caso, l’hashtag #RenewSense8 fu in cima ai trending topic per diversi giorni e Netflix fu tempestata di email e telefonate dei fan: Lana Wachowski parlò «un’effusione di amore e dolore così intensa che spesso mi sono trovata incapace di aprire la mia posta elettronica». Dopo qualche settimana, Wachowski scrisse una lettera pubblica ai fan in cui confermava l’uscita di uno speciale di due ore che facesse da finale per la serie, uscito poi nel 2018.
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GLOW
Non andò altrettanto bene ai fan di GLOW, la serie creata da Liz Flahive e Carly Mensch per Netflix nel 2017. Era dedicata alla storia di un gruppo di donne che, per un motivo o per l’altro, si trovano totalmente impreparate a partecipare a un programma di wrestling femminile sotto la guida di uno scorbutico vecchio regista. GLOW fu prima temporaneamente interrotta e poi definitivamente cancellata nel 2020, in relazione alla pandemia. I produttori, infatti, non riuscirono a trovare una soluzione a un problema logistico: come girare uno show in cui il contatto e la vicinanza fisica sono centrali evitando che gli attori rischino di ammalarsi? Tra i ritardi e l’aumento dei costi di produzione, i dirigenti di Netflix non vollero rischiare l’investimento.
«Il Covid ha ucciso esseri umani in carne ed ossa. È una tragedia nazionale e dovrebbe essere al centro delle nostre preoccupazioni. E, a quanto pare, ha anche bloccato il nostro show» dissero le creatrici della serie. «Netflix ha deciso di interrompere le riprese dell’ultima stagione di GLOW. Ci è stata concessa la libertà creativa di realizzare una commedia complicata sulle donne e raccontare le loro storie. E di fare wrestling. E ora non ce l’abbiamo più. Stanno accadendo molte cose schifose nel mondo che sono molto più grandi di questa, in questo momento. Ma fa comunque schifo sapere che non vedremo più insieme queste quindici donne. Ci mancherà il nostro cast di tipe strambe».
My name is Earl
In alcuni casi, le serie vengono cancellate all’improvviso e senza apparente ragione, magari dopo un finale di stagione terminato con un colpo di scena. My name is Earl, commedia dei primi anni Duemila che segue le vicende di un trentenne fannullone e dedito alla microcriminalità che cambia vita dopo un incidente quasi mortale, finì così, dopo quattro stagioni di grande successo.
Ancora oggi, nessuno ha capito bene perché sia stata interrotta: l’audience era in calo, ma comunque piuttosto alta per una serie arrivata alla quarta stagione, e la storia era distante dal ritenersi conclusa. Tra le persone sbalordite dall’annuncio, oltre ai fan, ci fu anche Jason Lee, l’attore che interpretava Earl. «È stato davvero devastante. Probabilmente non passano quattro giorni senza che qualcuno mi mandi un messaggio su Instagram in cui mi chiedono cosa è successo a Earl» disse in un’intervista. «E io rispondo che non sono la NBC, non sono io che ho cancellato lo show! Era fuori dal mio controllo. Greg Garcia, il creatore dello spettacolo, è ancora mio amico. Quello che ha fatto con quello spettacolo è incredibile. Un giorno si è presentato sul set e ha detto: “Ehi, ho brutte notizie, ragazzi. Sembra che stiamo per essere cancellati”».
Freaks and geeks
In alcuni casi – e molto più spesso in passato, quando era più frequente produrre un episodio alla volta piuttosto che una stagione intera – ci sono serie di cui non viene nemmeno completata la prima stagione. Come nel caso di Freaks and Geeks, sitcom mandata in onda da NBC nel 1999 per un totale di 12 episodi sui 18 che erano inizialmente stati commissionati. Il cast era composto di attori fenomenali, che sarebbero poi diventati grandi celebrità, come Seth Rogen, James Franco e Jason Segel. Ancora oggi è considerata un classico del genere, molto amata tra gli intenditori.
Fin dall’inizio Freaks and Geeks fu poco fortunata: la serie andava in onda alle 8 di sera del sabato, perdendosi quindi tutti gli spettatori che avevano cose migliori da fare nel weekend che rimanere di fronte alla televisione. Dopo soli due episodi, poi, fu sospesa per trasmettere le World Series del baseball. Quando tornò in onda, dopo pochi episodi fu nuovamente interrotta per le vacanze. A quel punto, era questione di tempo prima che fosse cancellata del tutto.
A ciò si aggiunse il fatto che, a quanto pare, il presidente di NBC dell’epoca non avesse mai frequentato la scuola pubblica, e quindi non capisse l’attrattiva di una serie che parlava della vita quotidiana un po’ sfigata di adolescenti qualunque e non ritenesse che potesse avere successo tra il grande pubblico. «Volevano anche che James Franco si togliesse la maglietta, che Britney Spears facesse un’apparizione come ospite, e che tutti fossero molto più alla moda», ha raccontato lo sceneggiatore Gabe Sachs.
Dopo la cancellazione della serie, MTV si offrì di salvare Freaks and Geeks, ma con un budget molto inferiore. I creatori decisero di rifiutare l’offerta, ritenendo che i fondi non fossero sufficienti a realizzare quello che avevano in mente.
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