Perché la maggioranza in Senato è importante per i Democratici
Permetterà loro di nominare i giudici federali e bloccare eventuali procedimenti di impeachment dei Repubblicani, tra le altre cose
Nel fine settimana si è avuta la certezza che il Senato americano sarà nuovamente controllato dai Democratici, grazie alla vittoria della senatrice uscente Catherine Cortez Mastro in Nevada: attualmente i Democratici possono contare su 50 seggi contro i 49 dei Repubblicani, mentre per l’ultimo seggio da assegnare, quello della Georgia, bisognerà aspettare il ballottaggio del 6 dicembre tra il Democratico Raphael Warnock e lo sfidante Repubblicano Herschel Walker, noto per il suo passato da giocatore di football americano. Alla Camera, invece, i conteggi non sono ancora conclusi: i Repubblicani sembrano poter ottenere la maggioranza, ma i molti distretti ancora in bilico lasciano aperta la possibilità di un risultato opposto, seppur piuttosto remota.
Avere mantenuto il controllo anche solo del Senato è una vittoria importante per l’amministrazione del presidente Joe Biden: ha una grande valenza simbolica e politica – storicamente alle elezioni di metà mandato il partito di opposizione ottiene grandi risultati – ma anche effetti concreti che molto probabilmente si vedranno nei prossimi due anni.
In concreto la maggioranza in Senato permetterà ai Democratici di approvare le nomine presidenziali dei giudici federali, di bloccare le iniziative legislative repubblicane provenienti dalla Camera e di proporne di proprie, oltre a rendere impraticabili i percorsi verso eventuali impeachment del presidente o di altre figure amministrative, minacciati dall’ala più radicale dei Repubblicani.
Senza un controllo totale del Congresso queste manovre, già complesse, non hanno alcuna possibilità di riuscita.
Riguardo ai giudici, negli Stati Uniti quelli federali sono di nomina presidenziale: è quindi il presidente a sceglierli, ma la decisione deve comunque essere approvata dal Senato. È un processo che riguarda tutti i livelli: sia quello più alto, con i giudici della Corte Suprema, sia più basso, con i giudici federali. Un controllo repubblicano del Senato avrebbe bloccato le nomine, come accadde ad esempio durante l’ultimo mandato di Barack Obama. Se si dovesse creare il caso, per rinuncia o morte, di una sostituzione di uno dei giudici della Corte Suprema, ora molto conservatrice dopo le nomine di Donald Trump, Biden avrebbe la possibilità di nominare e far eleggere un giudice da lui scelto. E nei prossimi due anni proporrà oltre 100 nuovi giudici federali, con ogni probabilità scelti in un’area più progressista.
C’è poi una conseguenza immediata a livello politico: la maggioranza Democratica in Senato permetterà al governo di continuare a proporre leggi importanti al Congresso. Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts, ha detto: «Dovremo essere aggressivi e mettere i Repubblicani sulla difensiva, costringendoli a spiegare perché vorranno bloccare iniziative che aiuterebbero molti americani».
I Democratici potrebbero cercare di sfruttare le divisioni interne ai Repubblicani per cercare di trovare degli accordi con l’ala più moderata del partito avversario. Alle elezioni di metà mandato, infatti, sono stati sconfitti diversi candidati Repubblicani più estremisti, molti dei quali appoggiati da Donald Trump.
Chuck Schumer, leader dei Democratici al Senato, ha detto: «Ora sanno che continuare a permettere che sia la parte di estrema destra a guidare il Partito Repubblicano è una strada che porta alla sconfitta». La vittoria in Senato ha indebolito il fronte più estremo dei Repubblicani, oltre che la posizione dello stesso Trump, e reso al contrario più forte e convinta l’azione dell’amministrazione in carica, nonostante i sondaggi sull’apprezzamento personale di Biden restino bassi.
Ipotizzare un ritorno alla collaborazione fra i due partiti al momento appare prematuro, specialmente prima di avere i dati definitivi sulla Camera: al momento siamo 212 seggi a 204 per i Repubblicani, con la soglia per la maggioranza fissata a 218.