Annusare la puzza è un lavoro
Ogni giorno in Italia decine di segnalazioni di miasmi vengono sottoposte all'olfatto di percettori di odori impiegati dalle agenzie di protezione ambientale
La prossima settimana nella sede dell’ARPA di Caserta, l’agenzia regionale di protezione ambientale, inizierà la selezione per formare una squadra di esaminatori di odori, cioè persone che per lavoro devono annusare campioni di odori, prevalentemente puzze, prelevati nell’aria in seguito a segnalazioni di miasmi.
A maggio, quando l’ARPA pubblicò il bando per la selezione, molti giornali locali ne scrissero con facile ironia: «nasi a pagamento cercasi», «nasi fini per annusare i miasmi», «la regione cerca annusatori di puzze» furono alcuni dei titoli pubblicati. In realtà il lavoro degli esaminatori di odori, e in generale dei professionisti che lavorano nei laboratori di olfattometria delle ARPA, è piuttosto importante e sottovalutato: ogni giorno in Italia vengono segnalate decine di “molestie olfattive” che spesso sono causa di proteste, tensioni, e in molti casi di un sensibile peggioramento della qualità della vita delle persone che abitano nelle zone interessate dalle puzze.
Nonostante negli ultimi anni ci sia stato un miglioramento delle tecnologie utilizzate per la costruzione degli impianti industriali e un progressivo aumento della sensibilità ambientale, in Italia è stato segnalato un aumento generale del cosiddetto inquinamento olfattivo, da cui è di solito difficile difendersi per la sua pervasività, e di cui è spesso complicato individuare l’origine.
Le segnalazioni di puzze e miasmi sono uno degli ambiti più impegnativi e delicati per le ARPA: in Lombardia le molestie olfattive rappresentano il 25 di tutte le segnalazioni inviate all’agenzia regionale, in Toscana sono al secondo posto dietro agli allarmi per presunto inquinamento dell’acqua. Nei primi cinque mesi del 2022 soltanto in Friuli Venezia Giulia sono state inviate 400 segnalazioni per molestie olfattive; in Puglia, invece, sono circa duemila all’anno.
La maggior parte delle segnalazioni viene inviata per sintomi come mal di testa, bruciori agli occhi e alla gola, difficoltà respiratorie, fino allo stress psicologico, soprattutto nei casi in cui le puzze sono continue nel tempo. I problemi sono più frequenti in aree dove ci sono impianti di smaltimento dei rifiuti o depurazione delle acque, discariche, impianti di compostaggio, inceneritori, petrolchimici o raffinerie. L’origine delle puzze varia di regione in regione: nella pianura Padana c’è una maggiore incidenza nei territori in cui sono presenti allevamenti di bestiame o nei periodi in cui i campi vengono concimati con fanghi fertilizzanti. In Puglia, invece, nei paesi dove ci sono oleifici.
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Gli indicatori più utilizzati per individuare una molestia olfattiva sono riassunti nell’acronimo FIDOL, che sta per Frequency, Intensity, Duration, Offensiveness, Location: la frequenza indica numero di volte in cui un odore è rilevato in un intervallo di tempo, l’intensità è quella della sensazione generata da un odore, la durata l’intervallo di tempo in cui un individuo è esposto ad un odore, l’offensività il grado di sgradevolezza di un odore; con location invece si intende l’uso del suolo e la natura delle attività umane rilevate alla sorgente dell’odore.
Non tutti i miasmi sono collegati a rischi tossicologici, tuttavia da tempo gli studi sul tema indicano che la bassa accettazione delle molestie olfattive è compatibile con la definizione di “danno alla salute” dell’organizzazione mondiale della sanità (OMS), cioè un’alterazione dello stato di totale benessere fisico, mentale e sociale. Per questo le agenzie regionali considerano la valutazione delle “emissioni odorigene” sempre più centrale nella sorveglianza ambientale.
Per via dell’autonomia regionale, non tutte le regioni hanno lavorato allo stesso modo su questo tema: ci sono ARPA all’avanguardia, come in Puglia; altre che hanno programmato investimenti negli ultimi mesi, come in Campania; altre ancora che dedicano poco personale e soldi alla sorveglianza odorigena.
In Puglia la gestione delle segnalazioni e la loro verifica sono state assegnate all’ARPA da una legge regionale approvata nel 2018. Dal 2020, inoltre, è online un sistema che permette alle persone di inviare segnalazioni di molestie olfattive che vengono raccolte e verificate dai tecnici dell’ARPA. Vito Bruno, direttore generale di ARPA Puglia, spiega che l’attività di verifica delle segnalazioni inizia dalla raccolta di un campione odorigeno nel punto indicato come presunta sorgente della puzza. I campioni sono di fatto le particelle in sospensione nell’aria, che vengono solitamente raccolte in sacchetti di plastica grazie a piccoli aspiratori. Ma esistono anche altri strumenti specifici come cappe per isolare l’area dell’emissione ed evitare contaminazioni.
Le analisi successive vengono svolte nei laboratori di olfattometria: lo scopo principale è determinare la concentrazione di odore, che è regolata da una norma introdotta a livello europeo nel 2003 e recepita in Italia nel 2004. Viene utilizzato un metodo chiamato “olfattometria dinamica”, che prevede l’impiego di una squadra di esaminatori di odori. «Vengono utilizzati esaminatori perché il sistema olfattivo umano ha un’elevata sensibilità», spiega Bruno. «L’olfatto risponde in modo estremamente sensibile a piccole variazioni di odore per periodi di pochi secondi e a concentrazioni di frazioni di parti per miliardo, spesso pari o inferiori alla sensibilità di analisi ambientale attualmente disponibili».
La selezione dei percettori di odori serve a trovare una squadra che sia rappresentativa della popolazione generale e che abbia una soglia di percezione degli odori definita dalle norme. Non servono quindi “nasi fini”: gli esaminatori non devono essere né troppo sensibili né troppo poco sensibili, perché devono essere in grado di fornire una misura oggettiva e quanto più rappresentativa delle caratteristiche del campione.
La procedura per la selezione è molto rigorosa e prevede una serie di accorgimenti per evitare contaminazioni: il bando pubblicato dall’ARPA di Caserta dice che i candidati e le candidate non possono fumare, masticare chewing gum o caramelle entro 30 minuti dalla prova e che non devono “causare interferenze alla propria percezione olfattiva o a quella degli altri” a causa della mancanza di igiene personale o dell’uso di profumi, deodoranti, lozioni per il corpo o cosmetici. Ovviamente non può partecipare chi soffre di riniti, sinusiti o allergie. «Abbiamo ricevuto un centinaio di candidature», dice Claudio Marro, direttore tecnico dell’ARPA della Campania. «Chi passerà la selezione verrà inserito in gruppi di sei persone chiamate due o tre volte all’anno e soltanto per sessioni di poche ore. È stato scritto che il nostro era un modo per garantire posti fissi, stipendi, in realtà il compenso è a chiamata e di 38 euro lordi a seduta».
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Gli esaminatori lavorano esclusivamente nel laboratorio di olfattometria, non con ispezioni sul campo alla ricerca di miasmi. I campioni odorigeni vengono diluiti da uno strumento chiamato olfattometro e in seguito sottoposti agli esaminatori che devono semplicemente segnalare la percezione o meno di odore. Le risposte vengono poi tradotte in un valore numerico che definisce la concentrazione di odore, espressa in unità odorimetriche per metro cubo. La somministrazione dei campioni avviene per un tempo molto limitato, giusto pochi secondi: è un metodo ampiamente consolidato per dare una dimensione quantitativa agli odori.
Come ha spiegato Magda Brattoli di ARPA Puglia, coordinatrice della rete tematica “Odori” del SNPA, il sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, una sorta di coordinamento delle agenzie regionali, le analisi possono essere fatte anche con strumenti chiamati “nasi elettronici”, o più propriamente IOMS (Instrumental Odour Monitoring Systems). Tuttavia questi strumenti non sono in grado di sostituire l’olfattometria dinamica, indispensabile per “addestrare” i nasi elettronici. «Sono strumenti che impiegano sensori che rispondono in maniera più o meno specifica a diverse classi di sostanze, fornendo segnali che necessitano, però, di un complesso sistema di elaborazione dei dati e di un adeguato trattamento statistico», ha detto Brattoli. «Pertanto, pur cercando di replicare strumentalmente il sistema olfattivo umano, non possono di fatto sostituirlo».
Individuare la concentrazione di odore non è importante soltanto per verificare le segnalazioni di puzze. Con il decreto 152 del 2006 è stata data alle regioni la possibilità di introdurre misure di prevenzione e limitazione delle emissioni odorigene, in sostanza di fissare limiti di concentrazione di odore di aziende, discariche, raffinerie e altre possibili sorgenti. Vincoli di questo tipo richiedono molti controlli e quindi investimenti per permettere ai laboratori di olfattometria di gestire le segnalazioni fatte dagli abitanti.
Negli ultimi anni molte ARPA hanno testato diversi modi per coinvolgere la popolazione e in questo modo creare una base di dati con segnalazioni attendibili e precise. In diverse regioni sono state messe a disposizione app per la segnalazione di puzze e miasmi come il sistema attivo in Puglia, Odor.Net di ARPA Marche e NOSE (acronimo di Network for Odour SEnsitivity) di ARPA Sicilia, una delle iniziative più partecipate.
Il progetto siciliano è stato diffuso inizialmente in alcuni comuni della provincia di Siracusa – Augusta, Priolo Gargallo, Melilli, Solarino, Floridia e la stessa Siracusa – dove la presenza di raffinerie e aziende petrolchimiche è causa di uno storico problema di miasmi denunciato per anni da abitanti e comitati. L’app è stata pubblicata nel 2019 e nei primi due anni ha ricevuto quasi 10mila segnalazioni. «Considerato che l’adesione tra la popolazione è ancora piuttosto bassa, è un buon risultato anche se si potrebbe fare di più», dice Cinzia Di Modica, attivista del comitato Stop Veleni.
Nelle ultime settimane il sistema è stato migliorato con l’attivazione di strumenti per il campionamento automatico, che prelevano campioni in luoghi considerati sensibili al superamento di un numero di segnalazioni in un determinato periodo di tempo. Il campionamento parte con diversi livelli di allerta, per esempio con 15 segnalazioni fatte da un solo comune in un’ora oppure con 50 segnalazioni fatte da più comuni in due ore.
Tra i miasmi segnalati ci sono odore di fognatura, zolfo, idrocarburi, solventi, rifiuti in fermentazione che provocano sintomi come bruciore agli occhi, prurito o irritazione al naso, bruciore alla gola, mal di testa, difficoltà respiratorie. «È un sistema che si sta perfezionando nel tempo e per cui la collaborazione degli abitanti è determinante», dice Di Modica. «Nella nostra zona è molto difficile individuare con precisione la sorgente e per questo è importante fare un lavoro di campionamento dettagliato. La presenza di questi strumenti serve anche come deterrente per le aziende e come incentivo per migliorare le emissioni odorigene, anche se finora la situazione non è molto migliorata. Noi non possiamo che continuare a fare attenzione, diffondere questo strumento tra più persone e fare segnalazioni accurate».
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