I Repubblicani potrebbero non accettare il risultato delle elezioni di metà mandato
Quelli più vicini a Trump denunciano possibili brogli e danno consigli bizzarri agli elettori, per evitare che i voti possano essere manipolati
Le elezioni di metà mandato che si tengono oggi negli Stati Uniti saranno le prime dopo la sconfitta elettorale di Donald Trump nelle presidenziali del 2020 e le sue ripetute accuse, mai provate, di brogli che avrebbero favorito la vittoria di Joe Biden. Nonostante la teoria delle “elezioni rubate” in questi due anni non sia mai stata sostenuta da alcuna prova, i Repubblicani che negano la legittimità del risultato del 2020 sono la maggioranza fra i candidati in corsa oggi.
E il partito dell’ex presidente Trump sta già sollevando dubbi anche su questa consultazione, accusando i Democratici di voler «ripetere la frode» e dando ai propri elettori bizzarri consigli, come quello di andare a votare di persona (evitando il voto per posta) e il più tardi possibile, per evitare che i funzionari elettorali «abbiano il tempo di aggiustare i voti». Queste indicazioni, se ascoltate, avranno come principale effetto quello di ritardare i processi di spoglio. Allo stesso tempo, però, fra i Repubblicani si sostiene anche che un ritardo nel fornire i risultati potrebbe essere il «chiaro segno che sta succedendo qualcosa di losco». Secondo molti osservatori, nonché gli stessi funzionari che si occupano del processo del voto, con questo atteggiamento i Repubblicani sembrano voler preparare il campo per una negazione della legittimità di un’eventuale vittoria Democratica.
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Fra i 597 candidati Repubblicani in corsa per un ruolo statale o federale in queste elezioni, 308 hanno sostenuto le tesi infondate sulle “elezioni rubate” nel 2020. Non tutti lo hanno fatto perché ne erano realmente convinti: durante le primarie Repubblicane in vista delle elezioni di metà mandato, sostenere queste tesi garantiva non solo l’appoggio di Donald Trump, ma anche i voti della componente più agguerrita e motivata dell’elettorato Repubblicano, in un contesto politico sempre più estremizzato.
Proprio per questo motivo nelle scorse settimane il presidente Joe Biden e l’ex presidente Barack Obama hanno più volte lanciato allarmi riguardo ai pericoli che la democrazia americana corre in queste elezioni. Non solo i risultati delle elezioni di metà mandato potrebbero non essere accettati, ma potrebbero essere eletti come governatori o segretari statali politici che continuano a diffondere la teoria che Biden sia un presidente illegittimo. Una prospettiva preoccupante soprattutto perché alcuni di loro dovranno certificare i risultati elettorali nelle elezioni del 2024, spesso in stati chiave o combattuti.
In questi giorni uno dei temi di cui si sta discutendo di più riguarda i tempi di scrutinio dei voti. Christina Bobb, avvocato di Donald Trump, ha detto che riterrebbe «molto sospetto» se qualche stato non riuscisse a dare i risultati finali entro la notte. In realtà in alcuni stati e contee i responsabili del processo hanno già annunciato tempi molto più lunghi, anche fino a venerdì, perché bisognerà verificare le firme sui molti voti arrivati per posta.
Il voto per posta continua a essere messo in discussione dai Repubblicani, seguendo la linea del 2020 di Donald Trump. Allora il presidente in carica aveva cercato di delegittimare e limitare questa possibilità di voto perché a sceglierla erano in maggioranza elettori Democratici, preoccupati per la pandemia in corso (fra i Repubblicani c’era un timore minore, anche causato dalla tendenza di molti politici Repubblicani a parlare del COVID-19 come di una comune influenza). Le teorie complottiste sulla possibilità di frodi con il voto per posta hanno attecchito nell’elettorato e nei candidati repubblicani.
A queste si sono aggiunte quelle riguardanti le macchine per il voto elettronico: in molti tra i Repubblicani hanno sostenuto che i Democratici possano manipolare gli algoritmi dei computer a loro favore. La risposta per evitare questa presunta frode sarebbe votare il più tardi possibile. La rappresentante del Senato dell’Arizona Wendy Rogers ha detto: «Dobbiamo votare all’ultimo giorno, così non avranno tante possibilità di barare». Il coordinatore della campagna in Maryland ha invitato gli elettori Repubblicani ad «andare a votare il più tardi possibile, dalle sei in poi. Se si formassero lunghe code, questo ci aiuterebbe».
Allo stesso tempo Richard Grenell, che Trump nominò ambasciatore in Germania, ha scritto su Twitter: «Uno stato che non conta tutti i voti e annuncia i vincitori entro la notte di martedì è da considerarsi incompetente». Leigh Chapman, capo degli uffici elettorali in Pennsylvania, ha annunciato che potrebbero volerci giorni per avere un risultato definitivo, anche per la decisione del governo statale Repubblicano di non permettere di scrutinare i voti arrivati per posta in anticipo. Il candidato Repubblicano alla carica di governatore Doug Mastriano ha commentato: «È un tentativo di avere tempo per aggiustare i risultati».
In realtà le autorità elettorali americane non dichiarano mai ufficialmente i vincitori delle elezioni nella notte in cui si tiene il voto, perché alcuni stati permettono di esprimerlo per posta fino al giorno stesso delle elezioni (e quindi i voti arrivano nei giorni successivi) o perché c’è la possibilità di risolvere problemi con la firma o con i documenti di identità anche nei giorni seguenti. Sono quasi sempre i media, e in particolare le grandi televisioni, ad “assegnare” le vittorie in base a valutazioni statistiche sui voti già registrati. Le valutazioni sono quasi sempre prudenti e accurate, ma possono andare incontro a smentite o ribaltamenti, specie in competizioni molto serrate.
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