Leccare i rospi non è poi questa grande idea

Nell'immaginario collettivo è un modo per avere allucinazioni, ma nella realtà solo alcune specie producono tossine adatte

(Wikimedia)
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In un episodio dei Simpson, Homer finisce a fare il missionario in Micronesia su indicazione del parroco di Springfield, la città in cui si svolge buona parte delle vicende del famoso cartone animato. Dopo essersi reso conto con grande disperazione che sull’isola che lo ospita non ci sono né birra né televisione, Homer scopre di poter ingannare il tempo e trovare qualche ispirazione mistica leccando la schiena di alcuni rospi allucinogeni del luogo. È una delle tante scene stracitate della serie televisiva e, insieme ad altri film e leggende metropolitane, negli anni ha contribuito a creare un certo mito intorno alla possibilità di avere allucinazioni ingerendo le sostanze presenti sulla pelle dei rospi. Le cose sono però un poco più complicate e rischiose di quanto possa apparire.

I bufonidi (Bufonidae), che comunemente chiamiamo rospi, sono un’ampia famiglia di anfibi presenti pressoché in tutti i continenti, fatta eccezione per l’Antartide e l’Oceania (per la Micronesia gli autori dei Simpson si erano quindi presi qualche licenza, in Australia i rospi furono invece introdotti dagli umani). Hanno un corpo tozzo e zampe corte se paragonati ad alcuni loro parenti, come le rane. Sono totalmente sdentati e dietro agli occhi hanno grandi ghiandole che in presenza di determinati stimoli e pericoli producono sostanze tossiche. La composizione del veleno prodotto varia da specie a specie, alcuni ne producono di estremamente velenosi anche per mammiferi di piccola e media taglia, altri di meno pericolosi.

La specie di rospo più conosciuta per le sostanze allucinogene che produce è la Incilius alvarius, nota come rospo del fiume Colorado o del deserto di Sonora. Vive nella parte settentrionale del Messico e negli Stati Uniti sud-occidentali. Un esemplare adulto arriva a essere lungo circa 20 centimetri, una dimensione notevole, ma comunque insufficiente per difendersi a dovere. E probabilmente per questo motivo i rospi del fiume Colorado hanno sviluppato la capacità di produrre varie tossine, che se ingerite possono causare la morte.

Il fatto che la sostanza che rilasciano sulla loro schiena sia velenosa è un buon indizio sul perché non sia una buona idea leccare questi animali, a conferma di quanto sia un mito la possibilità di avere allucinazioni nel farlo, ma non significa che non ci siano altre vie per ottenere qualche effetto psicotropo.

Tra le sostanze prodotte da questi rospi ci sono la 5-metossi-N,N-dimetiltriptamina e la bufotenina, appartenenti alle triptammine, un gruppo di composti molto attivi biologicamente e coinvolti in alcuni meccanismi dei neuroni del cervello. In condizioni normali molte di queste sostanze aiutano le cellule neuronali a funzionare e a comunicare tra loro, ma se si entra in contatto con alcune loro varianti si possono produrre effetti particolari alla base del funzionamento di varie droghe. L’attività dei neuroni aumenta o diminuisce a seconda dei casi, gli stimoli esterni vengono recepiti in modo alterato rispetto al solito e si possono avere allucinazioni e stati di semicoscienza o di totale perdita del controllo.

Nel caso delle sostanze prodotte dalle ghiandole dei rospi del fiume Colorado, l’effetto allucinogeno viene ottenuto dalla inalazione dei loro vapori. In pratica si preleva il veleno dalla schiena di questi animali, con una procedura che ricorda un poco la mungitura, e lo si prepara per essere vaporizzato. È sufficiente inalarne poche quantità per avvertirne i primi effetti dopo appena 15-20 secondi. Le sensazioni descritte da chi lo ha provato variano, ma ci sono alcuni elementi ricorrenti come una sensazione di forte calore, euforia e allucinazioni visive e uditive che durano per qualche decina di minuti.

I rospi del fiume Colorado non sono gli unici a produrre sostanze allucinogene, ma secondo vari studi sono tra gli anfibi conosciuti che ne producono di più e di conseguenza i più indicati per ottenere quantità sufficienti per l’inalazione. Oltre alla bufotenina, il veleno contiene anche molecole simili alla digossina, una sostanza che ha la capacità di fare aumentare la forza di contrazione delle fibre muscolari del cuore e per questo viene impiegata in alcuni farmaci per trattare alcuni tipi di malattie cardiache. È per questo motivo che è sconsigliabile ingerire il veleno di questi rospi, perché può causare scompensi cardiaci importanti e in casi gravi la morte.

Non è chiaro da quanto tempo siano note le capacità allucinogene dei rospi, ma è probabile che già anticamente fossero utilizzati da alcune popolazioni per cerimonie e rituali. Siamo una specie dotata di una spiccata curiosità, del resto, e nel corso dei millenni abbiamo assaggiato un po’ di tutto, con esiti alterni.

Bufo alvarius (Holger Krisp, Wikimedia)

Essendo presente in un’ampia area del Messico, il rospo del fiume Colorado è ritratto di frequente nelle pitture e nei disegni di alcuni popoli mesoamericani, cioè quelle popolazioni che svilupparono civiltà nell’America centrale. Secondo alcuni archeologi e storici, illustrazioni e sculture potrebbero indicare che già migliaia di anni fa fossero note le caratteristiche allucinogene di questi animali; altri sono più cauti e segnalano come non siano mai state trovate prove convincenti a sostegno di queste ipotesi, i rospi erano molto diffusi e colpivano per le loro caratteristiche, non si può quindi escludere che fossero rappresentati spesso per questo motivo.

In altre popolazioni e culture ricorrono comunque le qualità allucinogene dei rospi appartenenti ad altre specie. Il Bufo gargarizans, o rospo asiatico, è tipico dell’Asia orientale ed è molto diffuso in Cina. Per questo ha da molto tempo un ruolo importante nella medicina tradizionale cinese. Il suo veleno viene infatti ritenuto una importante risorsa per trattare vari problemi di salute. Il veleno essiccato di questi e altri rospi viene chiamato ch’an su e viene impiegato in combinazione con infusi e altri preparati per lo più a base di erbe.

Bufo gargarizans (Fedorova Nadezhda, Wikimedia)

La presenza delle tossine costituisce un pericolo per la salute e ci sono casi di persone che sviluppano serie reazioni avverse. Nel 1996 negli Stati Uniti una donna di 25 anni fu portata al pronto soccorso dopo che aveva ingerito un decotto arricchito con ch’an su. Poco dopo averlo consumato, la donna iniziò ad avere vomito e nausea, difficoltà a respirare, dolori addominali e altri disturbi. In un paio di ore le sue condizioni peggiorarono ulteriormente e la donna morì.

Ci sono segnalazioni sull’utilizzo delle tossine prodotte dai rospi come droghe da strada, ma è difficile stimare la sua diffusione nei vari paesi, non necessariamente quelli in cui i rospi sono presenti. Oltre al veleno vero e proprio, viene spacciata anche la pelle dei rospi essiccata, che contiene naturalmente un po’ di tossine. La provenienza della pelle essiccata è di dubbia provenienza e alcuni la consumano ingerendola invece di inalarla, esponendosi a ulteriori rischi.

La fama e la domanda di rospi del fiume Colorado sta inoltre danneggiando le popolazioni di questi animali, che potrebbero diventare una specie a rischio. Sono apparentemente molto abbondanti tra Messico e Stati Uniti, ma il grande interesse verso le caratteristiche allucinogene con il prelievo di numerosi esemplari dal loro habitat naturale dimostra quando poco ci voglia per interferire pesantemente con una intera specie.

Di recente il National Park Service, l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa dei parchi nazionali, ha invitato i frequentatori delle aree in cui vivono i rospi del fiume Colorado a lasciare in pace questi animali. In un comunicato su Facebook l’agenzia ha scritto:

Come diciamo per molte cose che si possono trovare in un parco nazionale, che siano lumache banana, funghi sconosciuti o grandi rospi con occhi che brillano nel cuore della notte, per favore evitate di leccarli.

Fino a qualche tempo fa, negli Stati Uniti la principale causa di morte di questi rospi erano piccoli predatori come i procioni e gli investimenti da parte di veicoli. Nell’ultimo periodo sono però aumentati i casi di cacciatori e collezionisti che ne catturano vari esemplari per ottenere le tossine. Tra Stati Uniti e Messico sono stati anche avviati alcuni allevamenti con migliaia di rospi, che vivono molto più a stretto contatto di quanto farebbero in natura. In queste condizioni, dicono vari esperti, aumentano i rischi di diffusione di malattie che potrebbero poi diffondersi oltre gli allevamenti, causando ulteriori problemi per gli esemplari che vivono in natura.