Le nuove proteste della minoranza serba in Kosovo
Ancora una volta per l'obbligo di usare targhe kosovare, che sarebbe dovuto entrare in vigore a novembre
Domenica nel nord del Kosovo centinaia di serbi kosovari hanno organizzato una nuova protesta contro il governo kosovaro, seguita alle dimissioni di massa di politici, giudici, sindaci e poliziotti di etnia serba. Al centro delle contestazioni c’è ancora una volta l’obbligo nel paese di usare targhe automobilistiche kosovare al posto di quelle serbe, che già nei mesi scorsi aveva creato grosse tensioni.
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Le dimissioni collettive dei funzionari pubblici serbo kosovari in Kosovo – definite «storiche» dal presidente della Serbia, Aleksandar Vucic – sono le prime dal 2013, anno in cui Serbia e Kosovo avevano raggiunto un primo e importante accordo per la normalizzazione dei propri rapporti. Sabato si sono dimessi membri del parlamento, funzionari della magistratura, agenti di polizia e quattro sindaci di comuni a maggioranza serba sul confine tra Kosovo e Serbia. Si è dimesso anche Goran Rakić, ministro serbo del governo guidato dal kosovaro Albin Kurti.
Le tensioni tra Kosovo e Serbia sono radicate: il Kosovo è un’ex provincia serba. Tra il 1998 e il 1999 fu combattuta una guerra tra l’esercito jugoslavo, controllato dai serbi, e i ribelli kosovari albanesi, che volevano separarsi. Il conflitto terminò dopo l’intervento della NATO, che bombardò la Serbia costringendo le sue forze a ritirarsi dal territorio kosovaro. Nel 2008 il Kosovo dichiarò l’indipendenza dalla Serbia, che fu riconosciuta dagli Stati Uniti e da un pezzo dell’Unione Europea, ma non dai serbi e dai paesi loro alleati, come la Russia e la Cina.
Negli ultimi anni le tensioni in Kosovo tra minoranza serba (circa 100mila persone su 1,8 milioni) e maggioranza albanese sono rimaste molto forti, così come l’influenza della Serbia sulle persone serbe kosovare, che abitano soprattutto nel nord del paese.
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Le dimissioni di sabato erano state decise al culmine di tre giorni di tensioni, provocate dal rifiuto di un dirigente serbo della polizia locale kosovara di attuare la direttiva che prevedeva l’invio di solleciti a chi non avesse ancora sostituito la propria targa serba dell’automobile con quella kosovara. Nenad Durić, il dirigente di polizia in questione, aveva detto di non poter attuare la direttiva perché «politicamente motivata e diretta principalmente contro la comunità serba».
Nei giorni successivi alcuni manifestanti serbi si erano riuniti per protestare contro il governo kosovaro soprattutto a Mitrovica Nord, comune del Kosovo settentrionale, area in cui gli abitanti serbi sono la maggioranza.
L’introduzione dell’obbligo in Kosovo di usare le targhe kosovare al posto di quelle serbe era previsto per l’inizio di novembre, dopo essere stato rimandato più volte dal governo kosovaro proprio a seguito delle grosse proteste della minoranza serba.
Le proteste sembravano essersi temporaneamente placate col raggiungimento di un accordo tra le due parti a fine agosto, mediato dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione Europea Josep Borrell: l’accordo prevedeva tra le altre cose che i serbi del Kosovo potessero spostarsi liberamente all’interno del paese con i propri documenti di identità (serbi) e che il governo del Kosovo non introducesse quindi l’obbligo di possedere un documento di identità kosovaro.
Il governo kosovaro aveva però mantenuto l’obbligo per gli abitanti serbi di passare alle targhe automobilistiche kosovare, condannando pubblicamente gli episodi di violenza rivolti contro chi aveva già cambiato la propria targa: sia quest’estate che più di recente alcune automobili passate alla targa kosovara erano state incendiate, presumibilmente da serbi kosovari.
La protesta organizzata domenica si è svolta sempre a Mitrovica Nord: centinaia di manifestanti serbi si sono riuniti con bandiere e abiti medievali – un riferimento al regno medievale serbo, che comprendeva anche aree dell’attuale Kosovo – cantando slogan e canzoni nazionaliste serbe.