Il primo test di una bomba all’idrogeno, 70 anni fa
Cancellò dalla mappa l'isola su cui fu condotto, e diede inizio a una nuova era di deterrenza nucleare
Il 1° novembre del 1952, settant’anni fa, gli Stati Uniti fecero il primo test nucleare della storia con una bomba all’idrogeno. La bomba, che aveva il nome in codice Ivy Mike, era 500 volte più potente di quelle che pochi anni prima erano state sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki e che posero fine alla Seconda guerra mondiale. Il test eliminò dalla carta geografica l’isoletta disabitata del Pacifico su cui era stato condotto, e diede avvio a una nuova e più pericolosa fase della Guerra fredda, aprendo alla possibilità che un conflitto nucleare avrebbe davvero potuto significare l’estinzione dell’umanità.
Semplificando moltissimo, in una bomba nucleare tradizionale (detta anche “bomba A”) si sviluppa una reazione di fissione nucleare, in cui il nucleo di un atomo – di molti atomi in realtà – viene “spezzato” in due parti liberando energia, che poi è l’energia distruttiva della bomba. In una bomba a idrogeno (detta anche “bomba H”, dal simbolo dell’idrogeno, o “bomba termonucleare”) la fissione nucleare viene usata per innescare una fusione nucleare, in cui i nuclei di due atomi di idrogeno si uniscono assieme per formare un atomo di elio. Questa seconda reazione genera molta più energia della prima a parità di masse in gioco, e per questo fu usata per amplificare la potenza della bomba nucleare convenzionale. Si parla inoltre di bomba “all’idrogeno” perché il combustibile termonucleare è composto da isotopi dell’idrogeno.
Della possibilità di usare la fusione nucleare per creare una bomba di eccezionale potenza si era cominciato a pensare prima ancora che fosse creata la tradizionale bomba A: nel 1941 ne parlarono, per esempio, i fisici Enrico Fermi ed Edward Teller, entrambi membri del Progetto Manhattan, il grande progetto segreto finanziato dal governo degli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale che portò alla costruzione della bomba atomica.
Dopo la Seconda guerra mondiale, però, il Progetto Manhattan fu di fatto sciolto e molti degli eminenti studiosi che ne facevano parte tornarono alle loro vite in università o nei centri studi. Benché l’amministrazione americana del presidente Harry Truman volesse proseguire con lo sviluppo e la ricerca sulle armi nucleari, vi fu tuttavia un periodo di stanca che durò qualche anno, anche perché usare la fusione nucleare per la costruzione di una bomba si rivelò estremamente difficile.
Le cose cambiarono il 23 settembre del 1949, quando il presidente Truman annunciò pubblicamente di avere le prove che l’Unione Sovietica aveva testato una propria arma nucleare. Gli Stati Uniti smisero di essere l’unica potenza nucleare del mondo e cominciò l’era della deterrenza.
A quel punto, l’amministrazione Truman decise di andare avanti con più decisione con i lavori per la realizzazione di una bomba a fusione nucleare, nonostante l’opposizione di vari esperti e scienziati, compreso il fisico Robert Oppenheimer, che era stato il capo del Progetto Manhattan. La decisione di lavorare a una bomba a fusione (che al tempo veniva chiamata “super bomba”) fu resa pubblica dall’amministrazione Truman, ma ovviamente le modalità e le tempistiche del progetto furono tenute segrete.
La grossa scoperta che rese possibile la costruzione della bomba H arrivò due anni dopo, nel 1951, quando Edward Teller e Stanislaw Ulam, due fisici che avevano partecipato al Progetto Manhattan, capirono che per realizzare una bomba termonucleare era necessario mettere assieme le due reazioni di fissione e fusione nucleare. Nelle bombe che usano il cosiddetto “design Teller-Ulam”, una fissione nucleare viene usata per innescare la più potente fusione: semplificando ancora una volta all’estremo, all’interno di una bomba H viene fatta scoppiare una bomba nucleare “convenzionale” per avviare la reazione di fusione.
La decisione di costruire una “super bomba” usando il “design Teller-Ulam” fu presa nel giugno del 1951 e in poco più di un anno, a metà del 1952, era pronto un prototipo funzionante. La super bomba fu chiamata Ivy Mike, e chiaramente non era adatta per un utilizzo in combattimento: era un oggetto enorme, che pesava 82 tonnellate e occupava moltissimo spazio perché il deuterio (l’isotopo dell’idrogeno usato come combustibile della fusione) doveva essere mantenuto in forma liquida da un gigantesco impianto di refrigerazione.
Per il test fu scelta l’isola di Elugelab, un’isoletta che faceva parte dell’atollo di Enewetak, che a sua volta fa parte delle Isole Marshall, nell’oceano Pacifico. Lo spostamento e il posizionamento della gigantesca Ivy Mike richiese l’utilizzo di una portaerei, il lavoro di migliaia di persone e la collaborazione di esercito, marina, aviazione e intelligence degli Stati Uniti.
L’esplosione avvenne la mattina del 1° novembre del 1952: fu sprigionata un’energia di 10,4 megatoni, oltre 500 volte quella della bomba sganciata su Nagasaki in Giappone qualche anno prima (1 megatone è pari all’energia sviluppata dallo scoppio di un milione di tonnellate di tritolo). L’esplosione cancellò dalla carta geografica l’isola di Elugelab e cambiò la conformazione delle isole di fianco: creò un cratere di 1.900 metri di diametro di 50 metri di profondità. L’enorme fungo atomico arrivò a 41 chilometri di altezza e a 161 chilometri di diametro. La vegetazione di tutte le isole dell’atollo fu completamente rasa al suolo.
Straordinariamente i giornali del giorno dopo, sia quelli americani sia quelli internazionali, non riportarono la notizia del test. La sua realizzazione non era stata resa pubblica, e per qualche giorno l’amministrazione statunitense riuscì a mantenere il segreto, complice il fatto che le Isole Marshall erano molto remote e che i giornali americani erano concentrati sulle elezioni americane del 4 novembre, che sarebbero state vinte da Dwight Eisenhower.
Come ha ricordato lo Smithsonian Magazine, il primo giornale a dare la notizia del test fu il Los Angeles Examiner l’8 novembre, basandosi sulla parola di un solo testimone oculare che aveva assistito all’esplosione da una delle navi di osservazione posizionate attorno.
Nei giorni successivi, poi, vari altri giornali cominciarono a ottenere nuove testimonianze, e nel giro di qualche settimana l’amministrazione americana confermò il test. Tempo dopo pubblicò uno dei video girati durante l’esplosione, che è tuttora uno dei più celebri e impressionanti di quell’epoca.
Negli Stati Uniti la notizia del test della bomba H fu accolta al tempo stesso con orrore e con sollievo di esserci arrivati per primi. Il test fu condannato dall’Unione Sovietica, che tuttavia si mise immediatamente al lavoro per costruire una propria bomba all’idrogeno. Fece il suo primo test appena tre anni dopo, nel 1955, anche grazie alle intuizioni di Andrei Sakharov, il grande fisico che poi sarebbe diventato dissidente e avrebbe ricevuto il Nobel per la Pace.
Nel 1961 l’Unione Sovietica testò in un’isola artica la cosiddetta Bomba Zar, la più potente bomba H mai fatta esplodere, con una potenza di oltre 50 megatoni, contro i 10 di Ivy Mike.