Il ritorno dei governi di sinistra in America Latina
Da qualche anno, e soprattutto ora che Lula ha vinto in Brasile, si parla di una nuova “marea rosa” nel continente, come vent'anni fa
Con la vittoria di Luiz Inácio Lula da Silva alle elezioni di domenica in Brasile si è ripreso a parlare in America Latina del ritorno della “marea rosa”, cioè di quel fenomeno che nel corso degli anni Duemila portò la gran parte dei paesi del continente a essere governati da forze di sinistra e progressiste. Il termine marea rosa si riferisce al fatto che gli esperti videro nelle vittorie elettorali della sinistra dell’epoca non un’ascesa del comunismo (il cui colore simbolico è il rosso), ma di forze socialiste relativamente più moderate. Lula, che fu eletto presidente del Brasile per la prima volta nel 2003, fu uno dei protagonisti della marea rosa di vent’anni fa, ma rispetto ad allora molte cose sono cambiate.
La cosiddetta nuova marea rosa è cominciata nel 2018 con l’elezione di Andrés Manuel López Obrador, il primo presidente di sinistra della storia recente del Messico, poi nel 2019 con l’elezione di Alberto Fernández in Argentina, che ha consentito il ritorno dei peronisti alla guida del paese, e nel 2022 con le elezioni di Gabriel Boric in Cile e di Gustavo Petro in Colombia (nel caso della Colombia, Petro è il primo presidente di sinistra di tutta la storia del paese). Assieme al Brasile, questi paesi costituiscono le cinque economie più grandi dell’America Latina, ed è la prima volta che tutte e cinque sono contemporaneamente governati da forze di sinistra.
A questi paesi economicamente più rilevanti se ne aggiungono altri comunque importanti, come il Perù, dove nel 2021 ha vinto il candidato di sinistra Pedro Castillo, e l’Honduras, dove a gennaio Xiomara Castro è diventata la prima donna presidente.
Rispetto alla marea rosa di vent’anni fa, questa recente tornata di governi di sinistra ha varie caratteristiche nuove: anzitutto riguarda paesi, come il Messico e la Colombia, in cui tradizionalmente la sinistra non era particolarmente forte e che sono alleati storici degli Stati Uniti. Inoltre, i nuovi governanti di sinistra sembrano generalmente più moderati (anche Lula ha fatto la sua campagna elettorale quest’anno su posizioni spesso centriste) e meno compromessi con forze e ideologie non democratiche.
La marea rosa originale cominciò alla fine degli anni Novanta del Novecento ed ebbe il suo culmine nei primi anni Duemila. Gli ispiratori e i personaggi più importanti di quell’epoca storica furono principalmente due: Lula, in quanto presidente del paese più grande e ricco del continente, ma soprattutto il presidente venezuelano Hugo Chávez, che trasformò la marea rosa in un movimento con un’identità riconoscibile e una certa solidarietà transnazionale.
La prima marea rosa fu possibile soprattutto grazie al fatto che gli Stati Uniti avevano smesso, dopo la fine della Guerra Fredda, di interferire troppo pesantemente con la politica del continente, e fu sospinta dal cosiddetto “boom delle materie prime”, cioè da un eccezionale aumento dei prezzi delle fonti d’energia, come petrolio e gas, ma anche del cibo, dei fertilizzanti e dei minerali: tutte cose di cui i paesi dell’America Latina erano forti esportatori. In questo modo, molti governi latinoamericani ottennero enormi surplus di bilancio per finanziare politiche di redistribuzione economica e a favore delle classi più svantaggiate.
Ovviamente, ciascuno di questi paesi ha vicende politiche spesso eccezionalmente diverse tra loro, e accomunare assieme la loro storia economica e politica richiede un notevole grado di generalizzazione. In ogni caso, si può dire che nella fase iniziale della marea rosa, nei primi anni Duemila, le condizioni economiche di buona parte della popolazione della regione migliorarono notevolmente. In Brasile, per esempio, il governo di Lula tolse dalla povertà decine di milioni di persone.
Nel giro di un decennio, tuttavia, il boom delle materie prime si sgonfiò e i governi di sinistra dell’epoca entrarono in sofferenza. In alcuni casi, come per esempio in Brasile e in Argentina, la sinistra perse popolarità e fu sostituita da governi di destra e centrodestra (estremisti come Jair Bolsonaro in Brasile o moderati come Mauricio Macri in Argentina). In altri casi la sinistra rimase al potere ma eliminando o riducendo gran parte delle libertà democratiche. Successe per esempio in Venezuela, dove il regime di Chávez, che non era mai stato del tutto democratico, si trasformò in una dittatura repressiva, che proseguì anche con il suo successore Nicolás Maduro.
È abbastanza presto, per ora, per dire che caratteristiche avrà la nuova marea rosa di questi anni, e se si svilupperanno gli stessi meccanismi di solidarietà transnazionale di allora (non sappiamo nemmeno, in realtà, se politologi ed esperti riproporranno il nome di “marea rosa”, che pure in questi giorni è stato piuttosto citato sui media). Certamente, domenica sera i leader della sinistra latinoamericana sono stati tra i più rapidi ed entusiasti a congratularsi con Lula.
Ganó Lula, bendito pueblo de Brasil. Habrá igualdad y humanismo. pic.twitter.com/2nCg5yo5UD
— Andrés Manuel (@lopezobrador_) October 30, 2022
Inoltre, benché alcuni dei leader si rifacciano alla retorica e alle priorità politiche di vent’anni fa, come per esempio López Obrador in Messico e Pedro Castillo in Perù, molti dei nuovi esponenti della marea rosa hanno posizioni tendenzialmente più moderate. Il Venezuela, dove ancora è al potere il regime chavista, è ormai un paese isolato e più marginale di vent’anni fa, e lo stesso Lula in campagna elettorale ha promesso che ospiterà nel suo governo esponenti di centro, o addirittura di centrodestra.